I RAGAZZI DEL SOLE (prima parte)
“E nel freddo inverno, si tenevano stretti – i Ragazzi del Sole.”
Passarono esattamente 10 anni perchè Pietro ritornasse a Riccione. Così tanto detestata nell'ultimo anno, quello del 2005, quando terminò le medie presso il suo noiosissimo paese natale, “Cantalò”, frazione di un altro paesino altrettanto noioso, nei pressi di Legnano, città storica alla periferia di Milano. Voleva diventare grande, avere nuove amicizie, grandi giri, ma solo nel 2015 si rese che nulla era poi così cambiato da quell'ultimo anno. Certo, sentiva aria di cambiamento – quella strana sensazione che si prova in pochissime occasioni nella vita, soprattutto durante l'infanzia e l'adolescenza, di solito corrispondente al profumo di quella parte di vita definita “viva”, e che purtroppo cessa con la maggiore età, quando si entra nel mondo del lavoro – ma mai avrebbe pensato che in 10 anni nulla sarebbe cambiato, perlomeno dentro di sé. Perchè il mondo era cambiato – e tanto, così anche la sua storica città balneare, ma lui no. Stesse passioni, stessa routine, stessa musica. Certo non andava più a scuola, ma casa-lavoro, lavoro-casa. Vita zero. Amici neanche l'ombra. E solo nel 2015 si concesse un viaggio – questa volta da solo – per staccare un po' e cambiare quell'aria che era sempre la stessa da 10 anni. Pensò allora di ritornare a Riccione, meta turistica di famiglia, della quale trascorse le estati dal 91 – anno della propria nascita – al 2005. Stessa spiaggia, stesso mare. Stesso albergo, stessi posti. Stessa gente, stessi negozi. 14 anni e non era cambiato niente. Ma quando ci ritornò, allora sì che era tutto diverso: non c'era più la spiaggia 110 – quella del Cuore – non c'era più l'albergo che frequentavano, il “Sirtaki”, il mare non sapeva più di mare, i negozi tutti cambiati. Di ragazzi neanche l'ombra. Era come se Pietro si fosse fermato in un'altra città, diversa da come la ricordava un tempo. Quella città che tanto l'aveva annoiato con l'avanzare dell'età e che ora invece la voleva proprio come quella di un tempo – come di un rifugio da una realtà che non riconosceva più, eccola che la ritrovò mutata. “Tutto cambia, Andrea, tutto cambia!” esclamò cercando di consolarsi a voce moderata su di una duna di sabbia, parallelo al lungomare che portava a Cattolica, lamentandosi poi con “Solo io non cambio mai, che maledizione!” sbuffando e ritornando indietro, ammirando dalla spiaggia quegli edifici che un tempo facevano da Colonie estive, per bambini.
Seduto a pranzo in una pizzeria all'aperto, col vento tiepido del ponte del 2 giugno che gli inebriava ancora quel poco di salsedine rimasta nell'aria, incominciò a scrivere l'ennesima canzone che nessuno avrebbe mai ascoltato. Seppur molto bravo a servire, al ristorante, Pietro era un romantico – perso – e dedicava tutto il suo tempo libero alle Parole, dimenticandosi molto spesso di vivere. Ma non era lui a dimenticarsi – che alla vita mai diceva di no – erano piuttosto gli altri: nessuna chiamata, nessun messaggio, alcun invito. Si definiva un perfetto apolide per questo. Eppure aveva tutto nella vita: un lavoro, una casa con una grande famiglia, tanti parenti – serpenti, una macchina, una bella istruzione e una rigidissima educazione. Un ragazzo modello, uno a modo – d'Oro! Ma gli mancava solo una cosa – quel “tassello mancante” che tanto gli bastò per segnargli profondamente non solo l'adolescenza ma l'intera esistenza: gli Amici. Pietro non aveva Amici, non aveva alcun giro. Se Battisti poteva essere considerato un Amico, o Dalla, Battiato, Venditti. Ma loro erano già passati, altri distanti per età, lavoro e differenze di vita. Solo la musica – e le Parole – lo tenevano legato a loro. Che vitaccia!
Stava finendo la sua solita piadina al crudo – quella che già ordinava un tempo – con l'aggiunta dell'ottimo San Giovese Romagnolo quando nel locale vide entrare un trio di ragazzi già fin troppo olivastri per la stagione non ancora estiva. Blue-jeans corti o costume, camicia bianca e Hawaii, Ray-Ban blu-cobalto e rosso sfuocati – mentre il terzo solo neri, già in infradito e con tanto di cappellino di paglia alla “Pampero”. E questi chi diavolo sono? - si domandò Pietro, rimanendo attonito nel guardarli. Fece in fretta a finire il pranzo in mezzo a quei tavoli ormai vuoti delle 14 e senza aspettare il conto mise in mano all'unico cameriere di turno una banconota da 20 dicendogli “a posto così – grazie – ciao!” e inseguendoli per il lungomare che dalla periferia portava al centro di Riccione. Lì seguì per tutto il Ceccarini e poi lungo viale Dante, abbandonandoli dopo un paio d'ore in uno dei mille negozi che continuavano a visitare con una Promessa, infilandosi i suoi di Ray-Ban viola sfumati e girandosi per far rientro in albergo – “Vi rivedrò molto presto!”. Era sfinito! Dopo una mattinata passata a raggiungere Cattolica a piedi per poi ritornare indietro tenendo sott'occhio questi 3 ragazzi, pensò che l'unica cosa da fare era ritornare in albergo e riposare fino all'ora di cena. La sera seguente mentre consumava il solito aperitivo “della casa” nella hall dell'hotel, li rivide passare nuovamente, loro 3, più una ragazza. E ci risiamo – questa volta non riuscì a finire il suo drink che piombò direttamente in strada per non lasciarseli perdere. Si fermarono in un bar anche loro per un aperitivo e Pietro, per non girare in giro nell'attesa che finissero, pensò di sedersi dietro a loro e ordinare un altro drink. Quante cose si possono apprendere da una conversazione del tavolo affianco – ora sapeva tutti i loro nomi: Anthony, Nick e Vince, più la ragazza, Stella. 2 avevano uno strano accento – anche se poi cambiavano e continuavano in inglese. A vederli sembravano svedesi, come anche Stella con quei occhi di ghiaccio, l'ultimo invece aveva qualcosa di Milano – non tanto più lontano. Stavano sui 20-25 anni, perchè continuavano a parlare dei corsi universitari. Parlavano della serata, del fatto che erano già in ritardo, che si dovevano muovere per arrivare al *** di Rimini. Panico! - non aveva capito, e non poteva neanche seguirli perchè non avrebbe fatto in tempo andando a recuperare la macchina parcheggiata altrove. Li seguì fino alla macchina, memorizzandone modello e targa – una Mercedes “non so chè” bianca decappottabile. Corse inutilmente alla sua macchina posteggiata tutt'altra parte e si diresse a Rimini. Non ricordando il locale, si fermò a mangiare in un lussuoso ristorante poco fuori Rimini, il “Losak”, con l'intento di mangiare caviale – che non ci fu. C'era un sacco di gente, un gran via-vai, e Pietro iniziava a sentirsi a disagio vedendo tavolate di gente d'alto rango. Sperava solo di mangiare caviale. C'era una sfilata di moda maschile della “SilverStar-Fashion” di Milano – abbigliamento casual. E neanche alla prima portata vide sfilare i 3 “boys” che tanto ricercava, ingozzandosi col vino che gli avevano appena portato. “O-o-oh!” esclamò sorpreso e sorridente Pietro, in mezzo agli applausi. Per poi girarsi e, guardandosi bene attorno, vedere pure la loro compagna Stella – “Ah, le coincidenze!” si disse Pietro, consolandosi e abbandonandosi all'intera bottiglia di vino. Chiese informazioni ad un manager che tanto si divertiva a fare da oratore a fine serata – straparlava, e nella mischia Pietro pensò di avvicinarsi per chiedere di Loro. “Sono io il loro manager, li ho ingaggiati io – hai visto che belli?!”. Ma Pietro chiedeva solo di dove fossero, se della zona o di Milano, per poterli rintracciare. Così, insospettito, il manager dall'accento troppo familiare chiese spiegazioni che Pietro non diede, allontanandosi nel casino degli ospiti. Mentre si dirigeva all'uscita senza voltarsi, col sospetto di essere seguito dal manager, vide Quella ragazza che aspettava, così con un colpetto di tosse e la postura tirata alla Frankie Valli, avanzò verso di lei e improvvisò baciandogli la mano: “Stella – Regina della neve – avrò forse occasione di ricontrarla... a Milano?!” - “Non saprei, me sarà un po' difficile, ma ci sarà sicuramente mio fratello Nick, e potrai chiedere a lui di me!” rispose imbarazzata, con quel visino che tanto gli ricordava la bionda degli ABBA. E con questa uscita svanì – ma sempre con la solita Promessa!
A Legnano la vita trascorreva con la solita monotonia dei giorni che passavano tutti uguali. Le cose andavano lentamente, e Pietro si annoiava a morte. Passava i pomeriggi post-lavoro così come i week-end, la sera, a girare per la piazza o ai giardinetti in cerca d'Amici, anche se poi – nel 2016 – la gente preferiva incontrarsi su internet, nelle chat, più che dal vivo. Che schifo – si disse ripugnante Pietro, che oltre ai problemi di salute e del lavoro troppo pesante doveva fare i conti con la vita. E' successo però che dopo una breve e sbagliata frequentazione con un gruppo di tossico-dipendenti del parco, Pietro incominciò a tenere sott'occhio un ragazzo che, seppur di rado, si univa a loro e poi spariva senza lasciar più traccia per lunghi periodi. Questo per l'intera l'estate. Lo rivide poi dopo il ponte della Madonna, lunedì 12 dicembre – a 2 settimane dal Natale – mentre passava lungo il Sempione all'altezza dell'ospedale vecchio di Legnano, fermo alla fermata del bus per San Vittore Olona. Passando in macchina, Pietro si fermò con un colpo di clacson per richiamarlo e, abbassando il finestrino, gli chiese se voleva un passaggio. Il ragazzo si mise a ridere e disse espressamente di no. Allora Pietro, ancora emozionato nel vederlo, chiese che era un peccato non fare un favore ad un ragazzo apparentemente solo e appena uscito da scuola, senza ancora la patente, magari aiutandolo a farla appena si sarebbe iscritto, andando a far merenda lontano deviando la solita routine per un istante, ammirando l'imbrunire delle 17 lontano dalla città, questo mentre ripartiva lentamente in carreggiata lasciando il posto al pullman che stava per arrivare dal retro, mentre il ragazzo incominciava a chiedergli chi fosse, il perchè di tutte queste belle cose, che l'aveva già visto da qualche parte, tentando di seguirlo con la faccia ancora nel finestrino aperto e aspettando risposta mentre Pietro continuava col suo monologo di Speranza per poi picchiare mano sul lato della macchina con un “Ehi, aspetta dai!” e vedendolo andar via. Ma no, non era andato via – gli Angeli rimangono lo stesso anche se continuano a non farsi vedere. Seguì poi il pullman e lo vide scendere nella piazzetta del paese, perdendolo poi mentre camminava in direzione di Cerro Maggiore.
Nella primavera del 2017 Pietro conobbe in chat all'ultimo – disperato – un certo Dario, di Milano, che a tempo perso, dopo il lavoro, posava nelle agenzie di moda sia per incominciare la carriera da modello, sia per mantenersi bene. Era un giovane Marlon Brando, dalle foto in posa – tanto da sembrare un fake. E sembrava quasi un sogno distante anni luce quando si dovevano incontrare nella sua residenza a Cassano D'Adda, la sera del 18 marzo. Dario gli aveva proposto una serata easy: avrebbe cenato lui, poi divano, tv – nulla di più. Pietro, per il disturbo, avrebbe offerto – comme d'habitude – il solito cabaret di pasticcini. Si misero d'accordo il giorno prima, venerdì, e Pietro fu felice tutto il giorno, a casa dal lavoro per una visita, e poi in bici, con la musica da balera a palla in giro per i campi – era festa per lui! Soltanto che poi il giorno dopo questo Dario non rispose al messaggio, ne tanto meno alle continue chiamate per saperne l'indirizzo di casa e l'ora – Alone again, naturally! Nel bel mezzo di aprile Pietro, mentre camminava solo il venerdì sera per il centro di Busto Arsizio, vide in mezzo alla folla un ragazzo che attirò subito la sua attenzione. Di ragazzi ce ne sono tanti, ma Pietro aveva quello strano “vizio” di captare il singolo essere senza togliergli gli occhi di dosso. E non succedeva con chiunque, quasi come se ci fossero dei pre-destinati. Fece avanzare la corrente, deviando poi il flusso di gente che era come se seguisse delle mete già prefisse con tanto di paraocchi e incominciò a seguirlo fino all'altezza dell'Artistico. Fece un giro strano, perchè anziché prendere l'unica via dritta – quella della Manara – che l'avrebbe condotto davanti scuola nel giro di un paio di minuti, fece un lungo giro dell'oca passandoci dal retro e girandoci attorno un paio di volte – tu valli a capire certi ragazzi, si disse. Lo vide infine fermarsi con un gruppo di “rasta” al parcheggio della scuola e vedendo passare una pattuglia della polizia, anche lui pensò che forse era meglio ritornare sui propri passi piuttosto che immettersi ancora in vecchi guai... sta di fatto che poi questo ragazzo lo conobbe il giorno del suo compleanno, fine settembre, aggiunto ai contatti dopo che Pietro, l'anno precedente, l'aveva scambiato mentre cercava il gruppo dei ragazzi del parco a Legnano. Si chiamava Matteo, più giovane di 4 anni, ed era anche lui veramente implicato col gruppo di Legnano. Lo sapeva già Pietro – era la droga che li univa. Lui sperava sempre per la Musica, l'Arte e invece niente: la gente si unisce sempre per le cose più stupide e pericolose. Lungo l'estate del 2017, mentre soggiornava solo in Croazia, Pietro sentì Dario dopo quel silenzio di marzo. Si guardavano praticamente in faccia, perchè Dario risiedeva a Rimini in quel momento. Ritornando a casa, Pietro passò le sere d'agosto in ferie camminando solo per il centro di Legnano. E' successo che in una sera di pioggia Pietro intravide il ragazzo che vedeva spesso per il parco e i giardinetti di periferia – quello che poi rivide in dicembre alla fermata per San Vittore Olona. Girava a piedi, e lo vide in centro da parte alla chiesa con un gruppetto di amici. Il ragazzo lo notò, e per un istante si incrociarono gli sguardi come per dire entrambi – ti conosco io – e Pietro avanzò andando sul lato opposto ma in faccia alla chiesa, per ritirarsi sotto il porticato e appoggiandosi ad una colonna, senza perdere di vista il ragazzo che aveva ritrovato. Anche se faceva molto caldo, quello davanti ai suoi occhi era uno scenario tipico di novembre, con l'acqua che scendeva lentamente, la gente con giornali per non bagnarsi o rannicchiata a gruppi sotto qualcosa, la piazza semi-deserta – ma lui non gli toglieva gli occhi di dosso, neanche per un secondo. Il gruppetto fece per avvicinarsi, lo vide avanzare verso di lui, probabilmente per ripararsi dalla pioggia. Alla fine si ritrovarono appoggiati alla stessa colonna, Pietro sulla destra, il ragazzo sulla sinistra che guardavano in faccia alla chiesa e la pioggia di mezza estate. Non si parlarono, anche se ogni tanto qualche sguardo si lanciarono, mentre il ragazzo parlava distratto con i suoi compagni. Poi se ne andarono e Pietro – rimasto nuovamente solo – proseguì di ritorno a casa, in qualche modo consolato.
A fine settembre ci fu una svolta: girando in Facebook ritrovò per sbaglio uno di quei tre ragazzi che aveva “seguito” a Riccione. Non ci poteva credere: in qualche modo lo aveva ancora davanti ai suoi occhi, seppur virtualmente. Era Nick – uno dei tre modelli, quello svedese, fratello della meravigliosa Stella. Un tipo misterioso, quasi come se il suo account fosse un fake, avendo giri strani con altre persone nell'ambiguo mondo della moda e dell'arte in generale. Era vero che anche Pietro ne era implicato, perchè da circa 7 anni si occupava di musica e parole, anche se lui proveniva da un ambiente certamente solitario, candido, legato alla propria terra e alle proprie origini – la propria Storia – che lo rendeva certo più originale, ma anche più solo agli occhi della società sempre più distratta e avanzata. Per tali motivi, mantenne le relative distanze, senza dare nell'occhio, anche se poi a causa di una discussione di diversi contatti su di una sua foto postata, commentò a suo favore e difesa facendosi complimentare da lui stesso, dandogli ragione – cosa rara da un fotomodello, apparentemente “menoso”, ringraziare una persona “piccola” come lo era, ancora, Pietro.
Arrivò l'inverno, quello del 2017, e dopo aver rivisto un paio di volte in bici il ragazzino di Legnano – incrociandosi quegli sguardi da diffidenti mentre passavano in direzione opposta – ci fu la domenica successiva alla Befana che lo intravide mentre si dirigeva al parcheggio del Tribunale dopo una passeggiata pomeridiana in piazza. Una scia di lui che attraversò la strada bastò per far comprendere a Pietro che fosse il ragazzo che tanto cercava, allora virò per immettersi ancora nelle vie del centro sperando di non perderlo di vista: 200 metri li separavano dal ragazzo e capite quanto siano la domenica pomeriggio nel centro della città strapiena di gente. Ma la sua grazia innaturale lo distingueva da tutti: capelli biondi lisci, giacca alla “Uomo da Marciapiede”, blue-jeans con stivaletti, dritto spaccato e questa faccia da 15enne che sembrava quella di un gatto, o di una sfinge al sole, dagli allineamenti fini, quasi androgini. Lo seguì dal Tribunale fin oltre la piazza, spesso facendosi largo fra la massa, come se stesse scappando dall'Istituto Jefferson di “Coma Profondo”, spingendo i sorveglianti per non farsi prendere e arrivando a tutti i costi all'uscita per salvarsi.
Pensava si fermasse al pub dalla parte opposta della piazza, il “Canterbury”, ma avanzò oltre, passando per il parcheggio strapieno di macchine, così da far mettere a Pietro – per divertimento – la canzone “Sh-Boom, Sh-Boom”, da seguirlo balzando di macchina in macchina come facevano i ragazzi di “Happy Days” quando inseguivano per Amore le ragazze. Passò tranquillamente per il piazzale interno e desolato del grattacielo che Pietro ricordò dal 2006, passandoci lì la notte dei mondiali. Lo perse di vista un paio di volte per qualche stradina, sempre recuperandolo. Alla rotonda dell'Alberto da Giussano, in direzione stazione, lo vide oltrepassarla ma, superato il sottopasso, si girò ovunque e... lo perse – definitivamente. “Accidenti!” esclamò arrabbiato battendo mano su mano in segno di sconfitta. Chiese a qualcuno lì nei paraggi, girò per qualche stradina adiacente la stazione – ma niente. Il face-to-face arrivò poi il sabato seguente, in una tranquilla, fredda e fin troppo desolata sera nel centro del paese. Poca gente. Lui era sempre solo – come Pietro. Si intravidero entrambi: Pietro sul marciapiede, lui in mezzo la via del centro. Il ragazzo lanciò un misero sguardo ma proseguì oltre. Allora Pietro, colto da chissà quale coraggio affidatogli per qualche secondo da una forza Divina, fece retro-front di scatto e piombò dal ragazzino: “Ehi-ehi, ti ricordi di me, vero? Ti ricordi? Non sai chi sono, lo so – non voglio metterti ansia, perdonami, ma io so che in qualche modo sei implicato nell'Arte!” - “E tu come lo sai?” si limitò a domandare, fissandolo col suo sguardo androgino – o come quello d'un bambino. Pietro sorrise, in modo consolatore: “Eh sai, gli occhi parlano!”. Così venne a sapere che si chiamò Andrea, detto Andy, appena 18enne, e lo trovò pure tra le amicizie di Dario e poi anche di quelle di Matteo, il ragazzo che aveva seguito nel centro di Busto. La cosa che trovò straordinaria Pietro era che questi tre ragazzi, oltre che già conoscersi a vicenda, erano tra le amicizie di Nick – il misterioso modello di Riccione che lo stesso Pietro, in qualche maniera – la sua – conobbe. Ma questi ragazzi erano avvolti in un mistero che Pietro intendeva a tutti i costi scoprire. Certo nel 2018 era praticamente impossibile legarsi coi coetanei venendo dal nulla: diffidenti, tirati, ombrosi, proprio impossibili – un terno al lotto! Ma con la voglia di strafare e “l'esuberanza americana” di cui Pietro era in possesso, tipico della gente con l'adrenalina a 1000 – l'ansia – decise di non demordere, promettendosi questa volta di non fare fatica, affidandosi sempre a quell'altrettanto misterioso Destino della Natura – la Metafisica, nello specifico: la legge della Sincronicità – le coincidenze, questo naturalmente non senza qualche sofferenza legata al -quando- sarebbe intervenuta questa forza misteriosa che fa coincidere le persone. Giusto un po' di impazienza – la gastrite – supplicando in continuazione dei segnali a breve tempo per, non conoscere (cosa comunque già avvenuta), ma per -inserirsi- nel gruppo che lo stesso Pietro denominò “I Ragazzi del Sole”, di quei giovani in qualche modo fuori dal mondo – le Aquile – implicati nel campo artistico, molto spesso sotto falso nome e costretti tante volte ad una doppia-vita per non dare nell'occhio. Pietro per ora poteva contare su pochi elementi: giusto qualche contatto, dei nomi chissà se veri o falsi, qualche vago indirizzo, dei contatti virtuali e giusto qualche sguardo – poteva bastare?
Passarono esattamente 10 anni perchè Pietro ritornasse a Riccione. Così tanto detestata nell'ultimo anno, quello del 2005, quando terminò le medie presso il suo noiosissimo paese natale, “Cantalò”, frazione di un altro paesino altrettanto noioso, nei pressi di Legnano, città storica alla periferia di Milano. Voleva diventare grande, avere nuove amicizie, grandi giri, ma solo nel 2015 si rese che nulla era poi così cambiato da quell'ultimo anno. Certo, sentiva aria di cambiamento – quella strana sensazione che si prova in pochissime occasioni nella vita, soprattutto durante l'infanzia e l'adolescenza, di solito corrispondente al profumo di quella parte di vita definita “viva”, e che purtroppo cessa con la maggiore età, quando si entra nel mondo del lavoro – ma mai avrebbe pensato che in 10 anni nulla sarebbe cambiato, perlomeno dentro di sé. Perchè il mondo era cambiato – e tanto, così anche la sua storica città balneare, ma lui no. Stesse passioni, stessa routine, stessa musica. Certo non andava più a scuola, ma casa-lavoro, lavoro-casa. Vita zero. Amici neanche l'ombra. E solo nel 2015 si concesse un viaggio – questa volta da solo – per staccare un po' e cambiare quell'aria che era sempre la stessa da 10 anni. Pensò allora di ritornare a Riccione, meta turistica di famiglia, della quale trascorse le estati dal 91 – anno della propria nascita – al 2005. Stessa spiaggia, stesso mare. Stesso albergo, stessi posti. Stessa gente, stessi negozi. 14 anni e non era cambiato niente. Ma quando ci ritornò, allora sì che era tutto diverso: non c'era più la spiaggia 110 – quella del Cuore – non c'era più l'albergo che frequentavano, il “Sirtaki”, il mare non sapeva più di mare, i negozi tutti cambiati. Di ragazzi neanche l'ombra. Era come se Pietro si fosse fermato in un'altra città, diversa da come la ricordava un tempo. Quella città che tanto l'aveva annoiato con l'avanzare dell'età e che ora invece la voleva proprio come quella di un tempo – come di un rifugio da una realtà che non riconosceva più, eccola che la ritrovò mutata. “Tutto cambia, Andrea, tutto cambia!” esclamò cercando di consolarsi a voce moderata su di una duna di sabbia, parallelo al lungomare che portava a Cattolica, lamentandosi poi con “Solo io non cambio mai, che maledizione!” sbuffando e ritornando indietro, ammirando dalla spiaggia quegli edifici che un tempo facevano da Colonie estive, per bambini.
Seduto a pranzo in una pizzeria all'aperto, col vento tiepido del ponte del 2 giugno che gli inebriava ancora quel poco di salsedine rimasta nell'aria, incominciò a scrivere l'ennesima canzone che nessuno avrebbe mai ascoltato. Seppur molto bravo a servire, al ristorante, Pietro era un romantico – perso – e dedicava tutto il suo tempo libero alle Parole, dimenticandosi molto spesso di vivere. Ma non era lui a dimenticarsi – che alla vita mai diceva di no – erano piuttosto gli altri: nessuna chiamata, nessun messaggio, alcun invito. Si definiva un perfetto apolide per questo. Eppure aveva tutto nella vita: un lavoro, una casa con una grande famiglia, tanti parenti – serpenti, una macchina, una bella istruzione e una rigidissima educazione. Un ragazzo modello, uno a modo – d'Oro! Ma gli mancava solo una cosa – quel “tassello mancante” che tanto gli bastò per segnargli profondamente non solo l'adolescenza ma l'intera esistenza: gli Amici. Pietro non aveva Amici, non aveva alcun giro. Se Battisti poteva essere considerato un Amico, o Dalla, Battiato, Venditti. Ma loro erano già passati, altri distanti per età, lavoro e differenze di vita. Solo la musica – e le Parole – lo tenevano legato a loro. Che vitaccia!
Stava finendo la sua solita piadina al crudo – quella che già ordinava un tempo – con l'aggiunta dell'ottimo San Giovese Romagnolo quando nel locale vide entrare un trio di ragazzi già fin troppo olivastri per la stagione non ancora estiva. Blue-jeans corti o costume, camicia bianca e Hawaii, Ray-Ban blu-cobalto e rosso sfuocati – mentre il terzo solo neri, già in infradito e con tanto di cappellino di paglia alla “Pampero”. E questi chi diavolo sono? - si domandò Pietro, rimanendo attonito nel guardarli. Fece in fretta a finire il pranzo in mezzo a quei tavoli ormai vuoti delle 14 e senza aspettare il conto mise in mano all'unico cameriere di turno una banconota da 20 dicendogli “a posto così – grazie – ciao!” e inseguendoli per il lungomare che dalla periferia portava al centro di Riccione. Lì seguì per tutto il Ceccarini e poi lungo viale Dante, abbandonandoli dopo un paio d'ore in uno dei mille negozi che continuavano a visitare con una Promessa, infilandosi i suoi di Ray-Ban viola sfumati e girandosi per far rientro in albergo – “Vi rivedrò molto presto!”. Era sfinito! Dopo una mattinata passata a raggiungere Cattolica a piedi per poi ritornare indietro tenendo sott'occhio questi 3 ragazzi, pensò che l'unica cosa da fare era ritornare in albergo e riposare fino all'ora di cena. La sera seguente mentre consumava il solito aperitivo “della casa” nella hall dell'hotel, li rivide passare nuovamente, loro 3, più una ragazza. E ci risiamo – questa volta non riuscì a finire il suo drink che piombò direttamente in strada per non lasciarseli perdere. Si fermarono in un bar anche loro per un aperitivo e Pietro, per non girare in giro nell'attesa che finissero, pensò di sedersi dietro a loro e ordinare un altro drink. Quante cose si possono apprendere da una conversazione del tavolo affianco – ora sapeva tutti i loro nomi: Anthony, Nick e Vince, più la ragazza, Stella. 2 avevano uno strano accento – anche se poi cambiavano e continuavano in inglese. A vederli sembravano svedesi, come anche Stella con quei occhi di ghiaccio, l'ultimo invece aveva qualcosa di Milano – non tanto più lontano. Stavano sui 20-25 anni, perchè continuavano a parlare dei corsi universitari. Parlavano della serata, del fatto che erano già in ritardo, che si dovevano muovere per arrivare al *** di Rimini. Panico! - non aveva capito, e non poteva neanche seguirli perchè non avrebbe fatto in tempo andando a recuperare la macchina parcheggiata altrove. Li seguì fino alla macchina, memorizzandone modello e targa – una Mercedes “non so chè” bianca decappottabile. Corse inutilmente alla sua macchina posteggiata tutt'altra parte e si diresse a Rimini. Non ricordando il locale, si fermò a mangiare in un lussuoso ristorante poco fuori Rimini, il “Losak”, con l'intento di mangiare caviale – che non ci fu. C'era un sacco di gente, un gran via-vai, e Pietro iniziava a sentirsi a disagio vedendo tavolate di gente d'alto rango. Sperava solo di mangiare caviale. C'era una sfilata di moda maschile della “SilverStar-Fashion” di Milano – abbigliamento casual. E neanche alla prima portata vide sfilare i 3 “boys” che tanto ricercava, ingozzandosi col vino che gli avevano appena portato. “O-o-oh!” esclamò sorpreso e sorridente Pietro, in mezzo agli applausi. Per poi girarsi e, guardandosi bene attorno, vedere pure la loro compagna Stella – “Ah, le coincidenze!” si disse Pietro, consolandosi e abbandonandosi all'intera bottiglia di vino. Chiese informazioni ad un manager che tanto si divertiva a fare da oratore a fine serata – straparlava, e nella mischia Pietro pensò di avvicinarsi per chiedere di Loro. “Sono io il loro manager, li ho ingaggiati io – hai visto che belli?!”. Ma Pietro chiedeva solo di dove fossero, se della zona o di Milano, per poterli rintracciare. Così, insospettito, il manager dall'accento troppo familiare chiese spiegazioni che Pietro non diede, allontanandosi nel casino degli ospiti. Mentre si dirigeva all'uscita senza voltarsi, col sospetto di essere seguito dal manager, vide Quella ragazza che aspettava, così con un colpetto di tosse e la postura tirata alla Frankie Valli, avanzò verso di lei e improvvisò baciandogli la mano: “Stella – Regina della neve – avrò forse occasione di ricontrarla... a Milano?!” - “Non saprei, me sarà un po' difficile, ma ci sarà sicuramente mio fratello Nick, e potrai chiedere a lui di me!” rispose imbarazzata, con quel visino che tanto gli ricordava la bionda degli ABBA. E con questa uscita svanì – ma sempre con la solita Promessa!
A Legnano la vita trascorreva con la solita monotonia dei giorni che passavano tutti uguali. Le cose andavano lentamente, e Pietro si annoiava a morte. Passava i pomeriggi post-lavoro così come i week-end, la sera, a girare per la piazza o ai giardinetti in cerca d'Amici, anche se poi – nel 2016 – la gente preferiva incontrarsi su internet, nelle chat, più che dal vivo. Che schifo – si disse ripugnante Pietro, che oltre ai problemi di salute e del lavoro troppo pesante doveva fare i conti con la vita. E' successo però che dopo una breve e sbagliata frequentazione con un gruppo di tossico-dipendenti del parco, Pietro incominciò a tenere sott'occhio un ragazzo che, seppur di rado, si univa a loro e poi spariva senza lasciar più traccia per lunghi periodi. Questo per l'intera l'estate. Lo rivide poi dopo il ponte della Madonna, lunedì 12 dicembre – a 2 settimane dal Natale – mentre passava lungo il Sempione all'altezza dell'ospedale vecchio di Legnano, fermo alla fermata del bus per San Vittore Olona. Passando in macchina, Pietro si fermò con un colpo di clacson per richiamarlo e, abbassando il finestrino, gli chiese se voleva un passaggio. Il ragazzo si mise a ridere e disse espressamente di no. Allora Pietro, ancora emozionato nel vederlo, chiese che era un peccato non fare un favore ad un ragazzo apparentemente solo e appena uscito da scuola, senza ancora la patente, magari aiutandolo a farla appena si sarebbe iscritto, andando a far merenda lontano deviando la solita routine per un istante, ammirando l'imbrunire delle 17 lontano dalla città, questo mentre ripartiva lentamente in carreggiata lasciando il posto al pullman che stava per arrivare dal retro, mentre il ragazzo incominciava a chiedergli chi fosse, il perchè di tutte queste belle cose, che l'aveva già visto da qualche parte, tentando di seguirlo con la faccia ancora nel finestrino aperto e aspettando risposta mentre Pietro continuava col suo monologo di Speranza per poi picchiare mano sul lato della macchina con un “Ehi, aspetta dai!” e vedendolo andar via. Ma no, non era andato via – gli Angeli rimangono lo stesso anche se continuano a non farsi vedere. Seguì poi il pullman e lo vide scendere nella piazzetta del paese, perdendolo poi mentre camminava in direzione di Cerro Maggiore.
Nella primavera del 2017 Pietro conobbe in chat all'ultimo – disperato – un certo Dario, di Milano, che a tempo perso, dopo il lavoro, posava nelle agenzie di moda sia per incominciare la carriera da modello, sia per mantenersi bene. Era un giovane Marlon Brando, dalle foto in posa – tanto da sembrare un fake. E sembrava quasi un sogno distante anni luce quando si dovevano incontrare nella sua residenza a Cassano D'Adda, la sera del 18 marzo. Dario gli aveva proposto una serata easy: avrebbe cenato lui, poi divano, tv – nulla di più. Pietro, per il disturbo, avrebbe offerto – comme d'habitude – il solito cabaret di pasticcini. Si misero d'accordo il giorno prima, venerdì, e Pietro fu felice tutto il giorno, a casa dal lavoro per una visita, e poi in bici, con la musica da balera a palla in giro per i campi – era festa per lui! Soltanto che poi il giorno dopo questo Dario non rispose al messaggio, ne tanto meno alle continue chiamate per saperne l'indirizzo di casa e l'ora – Alone again, naturally! Nel bel mezzo di aprile Pietro, mentre camminava solo il venerdì sera per il centro di Busto Arsizio, vide in mezzo alla folla un ragazzo che attirò subito la sua attenzione. Di ragazzi ce ne sono tanti, ma Pietro aveva quello strano “vizio” di captare il singolo essere senza togliergli gli occhi di dosso. E non succedeva con chiunque, quasi come se ci fossero dei pre-destinati. Fece avanzare la corrente, deviando poi il flusso di gente che era come se seguisse delle mete già prefisse con tanto di paraocchi e incominciò a seguirlo fino all'altezza dell'Artistico. Fece un giro strano, perchè anziché prendere l'unica via dritta – quella della Manara – che l'avrebbe condotto davanti scuola nel giro di un paio di minuti, fece un lungo giro dell'oca passandoci dal retro e girandoci attorno un paio di volte – tu valli a capire certi ragazzi, si disse. Lo vide infine fermarsi con un gruppo di “rasta” al parcheggio della scuola e vedendo passare una pattuglia della polizia, anche lui pensò che forse era meglio ritornare sui propri passi piuttosto che immettersi ancora in vecchi guai... sta di fatto che poi questo ragazzo lo conobbe il giorno del suo compleanno, fine settembre, aggiunto ai contatti dopo che Pietro, l'anno precedente, l'aveva scambiato mentre cercava il gruppo dei ragazzi del parco a Legnano. Si chiamava Matteo, più giovane di 4 anni, ed era anche lui veramente implicato col gruppo di Legnano. Lo sapeva già Pietro – era la droga che li univa. Lui sperava sempre per la Musica, l'Arte e invece niente: la gente si unisce sempre per le cose più stupide e pericolose. Lungo l'estate del 2017, mentre soggiornava solo in Croazia, Pietro sentì Dario dopo quel silenzio di marzo. Si guardavano praticamente in faccia, perchè Dario risiedeva a Rimini in quel momento. Ritornando a casa, Pietro passò le sere d'agosto in ferie camminando solo per il centro di Legnano. E' successo che in una sera di pioggia Pietro intravide il ragazzo che vedeva spesso per il parco e i giardinetti di periferia – quello che poi rivide in dicembre alla fermata per San Vittore Olona. Girava a piedi, e lo vide in centro da parte alla chiesa con un gruppetto di amici. Il ragazzo lo notò, e per un istante si incrociarono gli sguardi come per dire entrambi – ti conosco io – e Pietro avanzò andando sul lato opposto ma in faccia alla chiesa, per ritirarsi sotto il porticato e appoggiandosi ad una colonna, senza perdere di vista il ragazzo che aveva ritrovato. Anche se faceva molto caldo, quello davanti ai suoi occhi era uno scenario tipico di novembre, con l'acqua che scendeva lentamente, la gente con giornali per non bagnarsi o rannicchiata a gruppi sotto qualcosa, la piazza semi-deserta – ma lui non gli toglieva gli occhi di dosso, neanche per un secondo. Il gruppetto fece per avvicinarsi, lo vide avanzare verso di lui, probabilmente per ripararsi dalla pioggia. Alla fine si ritrovarono appoggiati alla stessa colonna, Pietro sulla destra, il ragazzo sulla sinistra che guardavano in faccia alla chiesa e la pioggia di mezza estate. Non si parlarono, anche se ogni tanto qualche sguardo si lanciarono, mentre il ragazzo parlava distratto con i suoi compagni. Poi se ne andarono e Pietro – rimasto nuovamente solo – proseguì di ritorno a casa, in qualche modo consolato.
A fine settembre ci fu una svolta: girando in Facebook ritrovò per sbaglio uno di quei tre ragazzi che aveva “seguito” a Riccione. Non ci poteva credere: in qualche modo lo aveva ancora davanti ai suoi occhi, seppur virtualmente. Era Nick – uno dei tre modelli, quello svedese, fratello della meravigliosa Stella. Un tipo misterioso, quasi come se il suo account fosse un fake, avendo giri strani con altre persone nell'ambiguo mondo della moda e dell'arte in generale. Era vero che anche Pietro ne era implicato, perchè da circa 7 anni si occupava di musica e parole, anche se lui proveniva da un ambiente certamente solitario, candido, legato alla propria terra e alle proprie origini – la propria Storia – che lo rendeva certo più originale, ma anche più solo agli occhi della società sempre più distratta e avanzata. Per tali motivi, mantenne le relative distanze, senza dare nell'occhio, anche se poi a causa di una discussione di diversi contatti su di una sua foto postata, commentò a suo favore e difesa facendosi complimentare da lui stesso, dandogli ragione – cosa rara da un fotomodello, apparentemente “menoso”, ringraziare una persona “piccola” come lo era, ancora, Pietro.
Arrivò l'inverno, quello del 2017, e dopo aver rivisto un paio di volte in bici il ragazzino di Legnano – incrociandosi quegli sguardi da diffidenti mentre passavano in direzione opposta – ci fu la domenica successiva alla Befana che lo intravide mentre si dirigeva al parcheggio del Tribunale dopo una passeggiata pomeridiana in piazza. Una scia di lui che attraversò la strada bastò per far comprendere a Pietro che fosse il ragazzo che tanto cercava, allora virò per immettersi ancora nelle vie del centro sperando di non perderlo di vista: 200 metri li separavano dal ragazzo e capite quanto siano la domenica pomeriggio nel centro della città strapiena di gente. Ma la sua grazia innaturale lo distingueva da tutti: capelli biondi lisci, giacca alla “Uomo da Marciapiede”, blue-jeans con stivaletti, dritto spaccato e questa faccia da 15enne che sembrava quella di un gatto, o di una sfinge al sole, dagli allineamenti fini, quasi androgini. Lo seguì dal Tribunale fin oltre la piazza, spesso facendosi largo fra la massa, come se stesse scappando dall'Istituto Jefferson di “Coma Profondo”, spingendo i sorveglianti per non farsi prendere e arrivando a tutti i costi all'uscita per salvarsi.
Pensava si fermasse al pub dalla parte opposta della piazza, il “Canterbury”, ma avanzò oltre, passando per il parcheggio strapieno di macchine, così da far mettere a Pietro – per divertimento – la canzone “Sh-Boom, Sh-Boom”, da seguirlo balzando di macchina in macchina come facevano i ragazzi di “Happy Days” quando inseguivano per Amore le ragazze. Passò tranquillamente per il piazzale interno e desolato del grattacielo che Pietro ricordò dal 2006, passandoci lì la notte dei mondiali. Lo perse di vista un paio di volte per qualche stradina, sempre recuperandolo. Alla rotonda dell'Alberto da Giussano, in direzione stazione, lo vide oltrepassarla ma, superato il sottopasso, si girò ovunque e... lo perse – definitivamente. “Accidenti!” esclamò arrabbiato battendo mano su mano in segno di sconfitta. Chiese a qualcuno lì nei paraggi, girò per qualche stradina adiacente la stazione – ma niente. Il face-to-face arrivò poi il sabato seguente, in una tranquilla, fredda e fin troppo desolata sera nel centro del paese. Poca gente. Lui era sempre solo – come Pietro. Si intravidero entrambi: Pietro sul marciapiede, lui in mezzo la via del centro. Il ragazzo lanciò un misero sguardo ma proseguì oltre. Allora Pietro, colto da chissà quale coraggio affidatogli per qualche secondo da una forza Divina, fece retro-front di scatto e piombò dal ragazzino: “Ehi-ehi, ti ricordi di me, vero? Ti ricordi? Non sai chi sono, lo so – non voglio metterti ansia, perdonami, ma io so che in qualche modo sei implicato nell'Arte!” - “E tu come lo sai?” si limitò a domandare, fissandolo col suo sguardo androgino – o come quello d'un bambino. Pietro sorrise, in modo consolatore: “Eh sai, gli occhi parlano!”. Così venne a sapere che si chiamò Andrea, detto Andy, appena 18enne, e lo trovò pure tra le amicizie di Dario e poi anche di quelle di Matteo, il ragazzo che aveva seguito nel centro di Busto. La cosa che trovò straordinaria Pietro era che questi tre ragazzi, oltre che già conoscersi a vicenda, erano tra le amicizie di Nick – il misterioso modello di Riccione che lo stesso Pietro, in qualche maniera – la sua – conobbe. Ma questi ragazzi erano avvolti in un mistero che Pietro intendeva a tutti i costi scoprire. Certo nel 2018 era praticamente impossibile legarsi coi coetanei venendo dal nulla: diffidenti, tirati, ombrosi, proprio impossibili – un terno al lotto! Ma con la voglia di strafare e “l'esuberanza americana” di cui Pietro era in possesso, tipico della gente con l'adrenalina a 1000 – l'ansia – decise di non demordere, promettendosi questa volta di non fare fatica, affidandosi sempre a quell'altrettanto misterioso Destino della Natura – la Metafisica, nello specifico: la legge della Sincronicità – le coincidenze, questo naturalmente non senza qualche sofferenza legata al -quando- sarebbe intervenuta questa forza misteriosa che fa coincidere le persone. Giusto un po' di impazienza – la gastrite – supplicando in continuazione dei segnali a breve tempo per, non conoscere (cosa comunque già avvenuta), ma per -inserirsi- nel gruppo che lo stesso Pietro denominò “I Ragazzi del Sole”, di quei giovani in qualche modo fuori dal mondo – le Aquile – implicati nel campo artistico, molto spesso sotto falso nome e costretti tante volte ad una doppia-vita per non dare nell'occhio. Pietro per ora poteva contare su pochi elementi: giusto qualche contatto, dei nomi chissà se veri o falsi, qualche vago indirizzo, dei contatti virtuali e giusto qualche sguardo – poteva bastare?
Fine prima parte.
Racconto scritto il 03/04/2018 - 20:50
Da Pietro Valli
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