Appiglio
Forse voi avreste dovuto imparare ad amare la vostra solitudine, forse io avrei dovuto rimanere a pezzi come un puzzle. Mi sento come fossi una costruzione straordinaria ma purtroppo mai terminata perché mi sono abituata a non cercare più delle risposte alle mie domande. Dimenticai la speranza e non completai il quadro con i frammenti mancanti. Forse tutti dovemmo ammettere di esseri incompleti e soli.
Non sono la vittima, né carnefice. Sono un’onda dell'oceano che travolge ed a volte viene travolta. Il mio conflitto può essere definito eterno. Eterno come la vita, come la morte, senza il perché e senza un come. Avverto una lotta infinita in questo corpo maledetto segnato nel profondo e preso per dare, dove avverto il risultato di una condizione traballante, dove il mio animo divenne solo in affitto del sole.
Sono nata da sola e morirò da sola. Nel mezzo di questi due poli opposti e distanti che cosa voglio conquistare? Come posso conquistare il mondo quando non so come completare me stessa? Quante volte ho riletto i miei pensieri lacerati da un tarlo che rode incessantemente? Quante volte ho rivisto stralci della mia vita tradita con cui ho voluto aprire il varco profondo della storia? Quella storia, magari, dove gli altri non vogliono guardare. Magari, perché loro vogliono costruire una vita decente con le scelte ponderate e da lì desiderano avanzare con le certezze in una realtà preconfezionata. È ovvio che non li può toccare una storia di chi si accascia dentro sé stesso rimanendo sospeso in una dimensione ambivalente.
Anch'io costruirò il mio regno, sarà pieno di colori come un grande arcobaleno.
Anch'io avanzerò decisa in una realtà ma non nella vostra. Due universi, due linee parallele sullo stesso piano che non si incontreranno mai. La mia dimensione non è omologa, non può esserlo perché alla base della mia profondità c'è il grande dilemma che i pochi si pongono. Essere sé stessi o non esserlo.
Sono dotata di un’acutezza olfattiva per le delusioni in agguato, di un udito affinato sviluppato negli anni da rumori molesti che punsero addosso come ingiuste percosse, vedendo il mondo inadeguato alle mie aspettative. Quella terra dove nessuno osa più fidarsi poiché nel momento in cui si avanza nel fango altri vedono una semplice foschia. Ed a causa di questo mio pensiero a volte devo sospendere ogni mio intento ma per fortuna la vita stessa mi porge una mano, quella mano, quell’appiglio chiamato “la scrittura”.
Non sono la vittima, né carnefice. Sono un’onda dell'oceano che travolge ed a volte viene travolta. Il mio conflitto può essere definito eterno. Eterno come la vita, come la morte, senza il perché e senza un come. Avverto una lotta infinita in questo corpo maledetto segnato nel profondo e preso per dare, dove avverto il risultato di una condizione traballante, dove il mio animo divenne solo in affitto del sole.
Sono nata da sola e morirò da sola. Nel mezzo di questi due poli opposti e distanti che cosa voglio conquistare? Come posso conquistare il mondo quando non so come completare me stessa? Quante volte ho riletto i miei pensieri lacerati da un tarlo che rode incessantemente? Quante volte ho rivisto stralci della mia vita tradita con cui ho voluto aprire il varco profondo della storia? Quella storia, magari, dove gli altri non vogliono guardare. Magari, perché loro vogliono costruire una vita decente con le scelte ponderate e da lì desiderano avanzare con le certezze in una realtà preconfezionata. È ovvio che non li può toccare una storia di chi si accascia dentro sé stesso rimanendo sospeso in una dimensione ambivalente.
Anch'io costruirò il mio regno, sarà pieno di colori come un grande arcobaleno.
Anch'io avanzerò decisa in una realtà ma non nella vostra. Due universi, due linee parallele sullo stesso piano che non si incontreranno mai. La mia dimensione non è omologa, non può esserlo perché alla base della mia profondità c'è il grande dilemma che i pochi si pongono. Essere sé stessi o non esserlo.
Sono dotata di un’acutezza olfattiva per le delusioni in agguato, di un udito affinato sviluppato negli anni da rumori molesti che punsero addosso come ingiuste percosse, vedendo il mondo inadeguato alle mie aspettative. Quella terra dove nessuno osa più fidarsi poiché nel momento in cui si avanza nel fango altri vedono una semplice foschia. Ed a causa di questo mio pensiero a volte devo sospendere ogni mio intento ma per fortuna la vita stessa mi porge una mano, quella mano, quell’appiglio chiamato “la scrittura”.
Racconto scritto il 16/04/2018 - 15:42
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Commenti
Grazie
Michaela Patricie Zaludova 19/04/2018 - 07:29
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Struggente e profonda. Piaciuta, tanto.
Atrebor Atrebor 17/04/2018 - 18:10
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Molto sentita nel suo acuto seguitar...
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Rocco Michele LETTINI 17/04/2018 - 09:55
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