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Rosa in russo

Stavo quasi per terminare il mio consueto giro della Fortezza Nuova prima di entrare al lavoro quando, accanto ad un cassonetto, ho visto un libro.
Un romanzo rosa scritto in cirillico al quale mancavano una metà abbondante delle pagine. Accanto ad esso una serie di libri scolastici seminuovi, di quelli che non si sono mai aperti, ma quel libro no.
Era vissuto, consunto, passato chissà per quante mani prima di arrivare colà dove il tanto affaticar lo volse.
Chi lo ha buttato, dopo averlo letto, era solo l'ultimo lettore che poteva goderne.
La sua vita era passata attraverso le mani delle badanti russe di russe che si ritrovano il pomeriggio sul viale degli Avvalorati per parlare tra loro nella loro lingua e riconoscersi; lui era il promemoria per ricordarsi chi erano e da dove venivano in terra straniera.
Il libro della memoria.
“La mia gente rivedrò, quel che dico capirò...”



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Racconto scritto il 11/07/2018 - 12:24
Da Glauco Ballantini
Letta n.909 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Grazie Franca, a parte la canzone citata, "Che sarà", è antropologicamente provato come la lingua da forma ai pensieri, formi le idee. I nativi americani avevano trenta modi per indicare l'alba, in compenso noi ne abbiamo centinaia per indicare una cosa con quattro ruote ed un motore... Il refuso lo correggo...

Glauco Ballantini 12/07/2018 - 14:19

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Noi siamo la nostra lingua...ti segnalo un refuso: abbonante. Per il resto solita tua grande padronanza nella narrazione breve di storie lunghe.

Franca M. 12/07/2018 - 11:03

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