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Il tulipano sbiadito che divenne faro dell\'universo

-Che fatica!- dovette pensare Lui, guardando il sole stanco; un intero giorno ad arrancare, come un mulo che pretende d’esser cavallo, solo per tentar di riscaldare il mare freddo e distratto, e non appena questo mare, così irrequieto, cede ad un lieve tepore, come d’intimità fugace, il Sole, invece, prima sbadiglia, e poi cullandosi tra nuvole di candide intenzioni, scivola alle dipendenze di sonnolenti coperte chiamate tramonto. Insomma, ci mette un intero giorno a conquistare il mare che finalmente, riuscendo nell’intento, si nasconde invece dietro l’universo senza più forze, pieno di vergogna dall’esser sfinito. I colori del crepuscolo sigillano questa amara punizione mentre il mare è pieno di caldo amore. Ma il Sole che lo ha fatto innamorare, non c’è più. C’è invece tanto sale nell’aria che stuzzica pensieri e rimpianti. Morali liquide e misticità aeriforme. Fluidi i principi, costanti le onde, incalzante la musica che porta alla mezzanotte. C’è un falò lì poco distante e l’alcol alimenta il fuoco. Il mare è incazzato perchè, dapprima restio al corteggiamento, adesso vive di un amore non corrisposto.
-Perchè ci vuole un giorno intero per innamorarsi?- dovette pensare Lui, guardando un mare che respira tra uno sbuffo d’acqua e l’altro.
Cercava una risposta, ma i pensieri smarriscono la logica in cupe tenebre che prendono il sopravvento sulla timida Luna.
E questo mare che si sente tradito per aver consegnato il suo cuore ad un vigliacco, questo mare incazzato, come un pugile che va giù al tappeto con le braccia ancora vigorose e tese, questo mare che rappresenta una condizione umana moderna e piena d’astinenza d’amore, questo mare che corre come veloce si muovono gli uomini che nell’avanzare rapidi verso nessun fine smettono d’amare, questo mare amaro custode di una solitudine malsana che ferisce invece di fortificare, questo mare, torna freddo e turbinoso perchè abbandonato da chi l’aveva riscaldato e fatto innamorare.
-Che meraviglia!- dovette pensare sorpreso Lui, accarezzandolo.
Lui è un uomo qualunque. Sul corpo le cicatrici di una lunga vita. Negli occhi i fallimenti di un lungo amore.
Dentro la pancia arcobaleni spinosi lo provano.
E tra le mani un tulipano sbiadito.
Gli occhi socchiusi dalle lacrime ed i piedi finemente intrappolati nella sabbia.
-Che cos’è l’amore?- dovette pensare guardando il mare ed il sole combattere per un pò di pace.
-E’ mare freddo e Sole caldo?- sospira- oppure un Sole assente dinnanzi ad un mare passionale?-
Cercava risposte alle sue domande smuovendo la sabbia con il suo tulipano, formando linee che provavano ad intrappolare un equilibrio che non può esistere se non in un attimo misterioso.
Allora in quella linea restavano intrappolati gabbiani.
Non tangibili.
Non udibili.
Gabbiani di carta che spalancandosi come aquiloni formavano l’alba.
E’ l’alba.
Di fianco a Lui, due giovani ragazzini si tengono la mano, seduti sulla battima iniziano a baciarsi, liberano le labbra dal sapore dell’altro, si guardano negli occhi e, senza parlare, seguendo quel flusso riprendono ad assaporarsi. Dall’altro lato un anziano flemmatico raggiunge il mare toccandolo appena con i piedi. Le onde accarezzano la sua vecchia pelle e rinfrescano la sua anima. Circondato da queste figure, Lui stringe sempre più forte il tulipano sbiadito, quasi a strangolarlo.
L’anziano invece ascolta soltanto il racconto del mare e senza alcun rimpianto, prende poi una foto dal taschino e la poggia sul cuore.
E’ ormai l’alba e Lui, carico di sconforto, sente l’aroma dei mari del Sud. Sono mari pieni di passione, mari artistici che sfiorano Procida tentando Lipari, amano Capri ma di notte nel letto c’è Amalfi. E’ un mare irrequieto che corteggia tutti gli amabili porti, rinfresca la Calabria e Siracusa resta incantata.
Lui osserva questo mare e comprende che lo sconforto, il pessimismo ed i rimpianti sono tutte cazzate. La vita abbraccia emozioni, ma noi dobbiamo tendere soltanto ai nostri ricami. L’esterno è solo un bicchiere pronto a rompersi alla prima occasione che sei dissetato. Abbiamo boccali divini dentro le nostre viscere che non svuotiamo, mentre fuori è un massacro di borracce bucate. Se non ripari chi sei, non puoi riparare il mare,questo, non ha bisogno di te per sapere quale porto fottere.
Lui toglie finalmente gli occhiali da sole e comprende che non sono i filtri a difenderlo dal mondo, ma quanto crede ai suoi occhi. Quanto crede alle seu gambe cariche di nervi elastici ed equilibristi parsimoniosi. Quanto crede al suo inguine venoso e nervoso, triangolare con il baricentro proteso a garantire l’evoluzione. Dammi tre figli e un pò di grappa. Cazzo non fare quella faccia, l’amaro è amara consolazione quando la libertà è pesante come il lavoro per poter campà. Lui guarda la sua bocca che ha preferito il silenzio troppe volte per vane paure, invece il mare non sta mai zitto, perciò se ne frega della depressione.
Lui, dopo tutti questi discorsi con il mare, si lascia andare...ad un sorriso; il tulipano si è cementificato con la sabbia e retto risplende, perfetto tempismo, al Sole che svegliandosi dal sonno torna su accarezzando il mare ancora caldo, ed è quello il momento in cui convergono tutte le cose, in cui l’amore esiste e il mondo perde la sua scorbutica consistenza.
Lui è nudo e non c’è nient’altro, corre e s’immerge nel mare caldo per nuotare insieme al Sole. Il tulipano si crede albero e cresce a dismisura superando il cielo ed imponendosi come faro dell'universo.



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Racconto scritto il 29/07/2018 - 13:27
Da Bruno Gais
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