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Alexander una storia vera

Alexander… un grande! (Una storia vera)


Scese dalla corriera e si diresse verso la casa di mio padre. Io e mia moglie lo attendevamo speranzosi sull’uscio.
«Ma è un ragazzino!» esclamai sconsolato, vedendo avanzare un ragazzo alto e magro, poco più che ventenne.
Zaino in spalla, cappelli e occhi nerissimi, carnagione olivastra e sorriso splendente; così ricordo Alexander venire verso di noi. «Non ce la potrà mai fare», sentenziai deluso, rivolgendomi a mia moglie.
«Non possiamo mandarlo via così… Proviamo per un paio di giorni, poi decideremo», mormorò lei.
No, non mi avrebbe deluso quel ragazzo, e quando se ne andò, lasciò un gran vuoto nei nostri cuori.


Novantatré anni vissuti alla grande, poi, quel maledetto anno la mazzata che atterrerebbe un elefante. In primavera la perdita della moglie. In autunno il colpo di maglio definitivo: la perdita dell’amata nipote.
E con l’avvento del nuovo anno il crollo. Attacchi di panico che lo spingevano a correre fuori di casa in piena notte.
I soloni prodighi di buoni consigli li trovi ovunque e a buon mercato. Ma io non potevo accettare di rinchiudere mio padre in un ospizio. Ero l’unico figlio; da giovane lo avevo anche fatto dannare, ma lui era sempre stato presente.
Mio padre voleva concludere i suoi giorni nella casa dove era vissuto. Ed io mi sarei mutato in mago pur di esaudire il suo desiderio.
Trovammo una badante, ma la signora la notte era impegnata con un altro anziano e lo poteva accudire solo di giorno. Poco male, pensai. E la notte rimasi io a vegliare mio padre, a riaccompagnarlo in camera, ad accomodarlo nel letto quando la solitudine lo spingeva a correre fuori; forse convinto di trovare la piazza brulicante di gente: come durante il pomeriggio quando guardava la vita scorrere dalla finestra, o si recava al caffè di fronte a casa sua.
Sopravalutai le mie forze. Lavorare di giorno e dormire poco di notte si rivelò un esercizio durissimo.
Dopo un solo mese, il sonno perduto, saldandosi a un dolore sempre presente, mi presentò il conto.
Dovevo assolutamente trovare qualcuno che badasse a lui; non tanto di giorno: era ancora lucido e autosufficiente. Ma di notte, quando le crisi di panico originate dalla solitudine lo spingevano a scappare in mezzo alla piazza.
Ci rivolgemmo alla nostra commercialista, che sapevamo aver trovato come badante per l’anziana madre una ragazza salvadoregna in regola con i permessi di soggiorno. Lei, la ragazza, ci fornì il numero di telefono per contattare una sua parente che faceva lo stesso lavoro.
La signora ci disse che lei e sua figlia erano già impegnate con altri due anziani, e mi propose il figlio che aveva da poco lasciato il servizio presso un anziano passato a miglior vita.
Sul momento rimasi perplesso, ma ero oramai allo stremo delle forze; sicuramente un altro mese in dormiveglia non lo avrei retto. Dopo essermi accertato che il ragazzo fosse in possesso della documentazione necessaria per essere assunto, accettai la proposta della signora: sperando in bene.
Lo sconcerto, la perplessità del primo impatto si attenuò lievemente davanti al suo modo solare di porsi. Ero comunque fermamente convinto che, se anche fosse stato all’altezza del gravoso compito, mio padre non avrebbe mai accettato di avere un ragazzo che girava per casa.
Grande fu la sorpresa quando, dopo solo due giorni, vidi mio padre farsi accompagnare al caffè dal suo giovane… no, non lo chiamerei badante, non mi piace! Il termine: “collaboratore” lo trovo più consono al lavoro che con dedizione svolse Alexander.
Alexander era, ed è, un ragazzo stupendo. Nonostante avesse dovuto lasciare amicizie e affetti per andare dall’altra parte del mondo a cercare lavoro, era sempre sorridente; così come lo furono, quando ebbi il piacere d’incontrarle, sua madre e sue due sorelle.
«Come si può essere così felici senza una casa, un lavoro certo e null’altro che una dignitosa povertà?» chiesi a mia moglie.
«Son ben altre le disgrazie… Sono una famiglia unita, belle persone», sospirò malinconica lei.
Alexander è di religione cattolica. Ogni qualvolta andavo da mio padre, se non lo trovavo intento a ramazzare o a cucinare, lo vedevo seduto al tavolo immerso nella lettura dei versetti della sacra Bibbia che portava sempre con sé.
Alexander aveva un solo difetto; anteponeva al mio nome e a quello di mia moglie, il suffisso “signor” o “signora”.
Cento volte lo pregammo di chiamarci solo per nome; cento volte sorrise e continuò a far precedere i nomi dal solito suffisso.
Ugual trattamento riservava a mio padre. Lui, con la ruvidezza tipica di molti anziani, ribatteva piccato, in dialetto: «El signur le mort in sü la crus!»
Alexander, com’era d’uso fare, sorrideva, e imperterrito continuava a usare il suffisso.
Mio padre se ne andò in un’afosa giornata agostana. Era da poco passato il mezzodì quando ricevemmo la telefonata di Alexander.
Io e mia moglie ci precipitammo a casa di mio padre, ed entrando, una meravigliata commozione ci colse.
Mio padre era seduto sul divano, la testa leggermente riversa all’indietro e la bocca aperta alla ricerca dell’ultimo refolo di vita. Dopo il frugale pasto si era seduto sul divano davanti al televisore acceso: se n’era andato senza un lamento e, presumo, senza soffrire.
Alexander, seduto accanto a mio padre, lo abbracciava piangendo. E in quell’attimo struggente io non colsi il pianto di un collaboratore, ma quello di un nipote che ha perso l’amato nonno.
Alexander rimase con noi altri due giorni. Poi, dopo il funerale, lo accompagnammo a casa sua. Oltre al recapito telefonico e un grande vuoto, salutandoci ci lasciò come segno di affetto la sua sacra bibbia.
Ecco l’ho presa dalla libreria, dove l’avevo sistemata in mezzo ai libri di mia figlia. Ve la descrivo; è un volume corposo, cito dalla prima pagina: «Con percorso storico culturale a colori». Il volume è protetto da una copri-copertina in stoffa marchiata ”Sisley”, con scene di pesca lungo un torrente di montagna.
Forse, se l’avessi sfogliata invece che riporla fra i ricordi di mia figlia, mi avrebbe aiutato a superare alcuni momenti bui. Ma per farlo avrei dovuto credere in qualcosa che esiste ma non ci è dato vedere; e questo, sinceramente, nonostante la speranza che possa esistere un altrove, mi è ancora precluso.
E a proposito di letture voglio raccontare un breve aneddoto, un episodio che mi ha fatto capire quanto piccino e miserando può essere l’uomo che dedica la sua vita all’arricchimento personale, e come, invece, possa illuminare un’intera esistenza offrire qualcosa, nel limite delle proprie possibilità, non solamente economiche. Possibilità che potrebbero essere rappresentate anche da un solo briciolo del nostro tempo speso per aiutare gli altri.
Una mattina trovai Alexander intento a leggere una lettera, convinto che l’avesse ricevuta dal padre che, assieme al fratello minore, era rimasto a El Salvador. Grande fu lo sbalordimento che mi colse, la stupefatta ammirazione quando mi raccontò che lo scrivente era un bambino africano che aveva adottato a distanza! Fu così che venni a conoscenza del fatto che ogni mese inviava, tramite vaglia credo, un pezzettino del suo non certo lauto stipendio a una comunità di missionari in terra d’Africa.
Alexander, che aveva speso due anni e mezzo della sua giovane vita per far sentire meno solo mio padre, rimase in contatto con noi. Periodicamente ci veniva a trovare, si raccontava e con piacere noi lo stavamo ad ascoltare. Ci affezionammo non poco a quel ragazzo solare.
Poco dopo aver lasciato l’impiego presso di noi, riuscì a trovare un lavoro più consono alle aspettative future di giovane uomo: fu assunto in una grande logistica.
Con un lavoro non più dall’incerto futuro, poteva finalmente permettersi di farsi il regalo a cui ogni ragazzo della sua età aspira: un’automobile. Rammento che sorrideva, come sempre, quando venne a mostrarcela.
Lentamente, con l’andare del tempo e delle stagioni le telefonate si diradarono; poi finirono, come le periodiche visite. Mia moglie attese qualche mese prima di provare a richiamarlo, ma il cellulare rimase muto e lei ci rimase male.
Cercai di confortarla dicendole che, com’è giusto che sia, nella vita le cose cambiano. Alexander era cresciuto, avrà trovato forse la donna della sua vita, avrà i suoi quotidiani impegni, la baracca da tirare avanti… lei parve capire e si rasserenò.
Quasi tre lustri sono ormai trascorsi, dal giorno che vidi quel ragazzo scendere dalla corriera… chissà se avrà incontrato la donna della sua vita, se sarà diventato padre, se vivrà ancora in Italia o sarà tornato a El Salvador… domande inevase, che tali resteranno.
Ma di una cosa son certo: qualunque strada abbia scelto, non sarà mai quella del male!


Questo, per forza di cose, non è che un breve sunto del tempo che Alexander trascorse con noi. Dovessi raccontare i mille piacevoli episodi di quel periodo, non basterebbe l’intera giornata. E a tal proposito, ci tengo a precisare che non ho né romanzato, né tantomeno imbellettato questo breve racconto di vita per esaltare la figura di un ragazzo che mi è stato di fondamentale aiuto. Se avessi usato artifizi letterari, non gli avrei certo reso un buon servizio; a mio parere sarebbero serviti soltanto a sminuire l’immagine di una gran bella persona.
Con questo mio breve ricordo, ho voluto rendere il dovuto omaggio a un ragazzo straordinario; con la segreta speranza che lui lo possa leggere.
Trovo giusto concludere la narrazione con un breve, commosso saluto, sentito e sincero: «Che ti sia restituito con il dovuto interesse, tutto il bene che hai elargito da giovinetto. Il nostro affettuoso riconoscente pensiero ti seguirà ovunque tu andrai. Ciao, Alexander, amico solare di cupi momenti!»


Dedicato ad Alexander… un grande!

FINE




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Racconto scritto il 22/10/2018 - 19:19
Da vecchio scarpone
Letta n.1014 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


meraviglioso è Alexander, il protagonista, un ragazzo straordinario che, ora, immagino uomo maturo, sposato e padre... sicuramente un buon padre e un fedele marito. Ti ringrazio d'aver letto ed apprezzato questo racconto di vita vissuta.
Ciao Barbara.
Giancarlo

vecchio scarpone 23/10/2018 - 13:31

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Un racconto meraviglioso

Barbara Lai 23/10/2018 - 10:32

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