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UNA SERA DI DICEMBRE

UNA SERA DI DICEMBRE


Il freddo intenso, e pungente, era perfettamente in linea con il suo stato d'animo. I colori, le luci, le musiche dei locali, gli addobbi, e le risate, distratte che risuonavano nell'aria, decisamente no. Si strinse meglio nel giaccone, continuando a camminare veloce. Non gettava che qualche occhiata, disattenda e svogliata, alle vetrine, ma non vedeva nulla. Intanto, la gente, non prestava attenzione, troppo occupata, per badare a lei. Chi cercava regali, chi invece si fermava a parlare, o ad ascoltare le melodie natalizie, c'era perfino un gruppo di cantori, ma lei ne era del tutto immune. Aveva altro per la testa. Era sola, e dentro era sgretolata, distrutta, ma questo chi poteva saperlo? Nessuno. Continuò a camminare, ad un osservatore distratto sarebbe apparsa come la solita, ragazza, a caccia di regali, per le vie affollate, nessuno avrebbe cercato di incrociare i suoi occhi, che però teneva bassi. Anche il suo passo sarebbe sembrato normale, solo un po' frettoloso, ma dentro aveva l'animo in tempesta. E non aveva un negozio da raggiungere, o qualcosa, da fare, semplicemente aveva fretta di trovare un rifugio, un nascondiglio, un posto, dove avrebbe potuto pensare, dove avrebbe potuto lasciarsi andare un po' e forse provare a raccogliere i pezzi, di sé, che si erano rotti. Ma forse, bastava sedersi ad un gradino, tanto chi avrebbe badato a lei? Pensò amara. Ma non voleva essere lì, in mezzo a tutta quella folla, si sarebbe sentita ancora più sola, e fragile, e non poteva permetterselo, non in quel momento. Lasciò che un sospiro, le scappasse dalle labbra, disegnando un grigio fumetto, nell'aria. Patetico, no? Si sentiva un po' come quei personaggi dei libri o dei film, quelli un po' grigi, che si muovono sullo sfondo, e non sono mai protagonisti. Ma la vita era anche quella. Si disse. Si fece largo, tra la folla, e attraversò, quasi di corsa.
All'altro lato della strada c'era il parco, ed era pressoché deserto, dato il freddo. Forse avrebbe nevicato. Ma a lei stava bene così. Si incamminò per un vialetto, voleva stare lontano dal grande albero che avevano addobbato. Il suo passo ora era più lento, ma tanto chi ci avrebbe fatto caso? Le spalle erano un po' più curve. Ma ora, era lontano da quella folla fastidiosa, e tanto le bastava. Che senso aveva sentirsi sola in un mare di gente? Meglio, starsene per conto proprio, anche se però i sentimenti, o le sensazioni, non li puoi imbrigliare, neanche se lo vuoi. Sono fatti di nebbia, e si sa la nebbia è come l'aria, anche se ti toglie il respiro. Si fermò accanto ad un'aiuola, era in marmo, e ci si si poteva appoggiare. Si sedette lì, le ginocchia al petto, e le braccia, strette. Lo sguardo fissava in basso, perché non aveva bisogno di vedere altro, non con gli occhi. Cercava di guardarsi, dentro, di leggere i suoi stessi pensieri. La vita può crollarti addosso da un momento all'altro, rifletté, e quando accade, è peggio di un terremoto, non lascia segni esteriori, ma ferite profondissime, che non si colmano, per magia, e in più tutti i pensieri si aggrovigliano, indistintamente in un intricato intreccio, che non aveva senso. Sospirò. L'aria era ancora più fredda, ma non le importava, il freddo che aveva dentro era assai peggiore. Era buio, lì, ma le arrivavano lo stesso i bagliori delle luci, che circondavano le strade, e le vetrine. Già, tanta ostentata allegria...le faceva girare la testa, chissà quante persone, si sentivano come lei? Ma forse, sbagliava a crederlo, forse, era l'unica a sentirsi così. Forse. Chiuse gli occhi un momento, li sentiva pesanti, e umidi, come nuvole cariche di pioggia. Era stanca, e triste. Perché negarlo? Ma cosa poteva farci? Forse, sarebbe passato presto, forse, ci si sarebbe abituata, e allora, avrebbe ripreso la solita routine, ma in quel momento dubitava di avere una routine da riprendere. La sua unica certezza, era che nella sua vita era cambiato tutto, era bastato un attimo, lo spazio di un battito di ciglia, e tutto le si era sgretolato addosso. E quelle macerie le sentiva dentro, pesanti a schiacciarle l'animo. Cosa poteva fare? Nulla, in realtà, si sentiva così avvilita, così spenta. Che ironia, tutto in torno era un'esplosione di colore e suoni, poi qualcosa, si frappose, fra lei, e le luci ad intermittenza. Un intruso? Che voleva mai? Lei voleva solo essere lasciata in pace. Alzò un attimo gli occhi, voleva solo allontanare quello scocciatore improvviso, ma rimase immobile a fissare quell'uomo, perché l'intruso era un uomo, che le sorrideva, piano tendendole una mano. Puntò, i suoi occhi, lucenti di lacrime in quegli dello sconosciuto, sembravano buoni, e comprensivi. Si guardò intorno, l'altra gente, ancora camminava indaffarata, senza badare a loro, eppure lui si era fermato, e ora le stava offrendo un inaspettato, e muto appoggio. Era una situazione strana. Si sentiva combattuta tra il desiderio, di prendere la mano, che le veniva offerta, e quello di ignorarla e fuggire via. Poi, senza pensare, le sue dita, si strinsero a quelle di lui. Era come se qualcuno, avesse ascoltato il dolore che la lacerava dentro, e ora quel dolore, fosse più leggero, come se una parte, fosse andata via. Lasciò che lui l'aiutasse a rimettersi in piedi, e con l'altra mano, cercò di asciugarsi gli occhi, mentre provava a sorridergli, per ringraziarlo.




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Racconto scritto il 24/12/2018 - 21:44
Da Marirosa Tomaselli
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