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La donna d’inverno.

Era quel tramonto strano, scorbutico,
Delle quattro del pomeriggio,
una canzone che custodivo tra le mani calde ti dedicai in quel momento.
M’innamorai d’inverno.
Quando la donna è più segreta, ma ha già in grembo la primavera.
Vuol partorire amore eppur lo nasconde nel calore di un camino.
Lascia andare la vestaglia e mostrami i tuoi occhi,
quelli veri,
che sono un libro di filosofia per questo cuore oscuro
e questi tempi malati.
Fammi respirare i tuoi sogni,
Quelli che ti fanno tanto paura,
Che son bellissimi.
Lascia andare le pantofole alle correnti dell’oceano,
servimi la tua linfa su di un piatto finemente decorato, che voglio germogliare la mia felicità insieme a te.
Ho bisogno di te.
Ma che dico, son mica stupido?
Ho sete di te.
Lasciati bere a piccoli sorsi, che non voglio consumare
rapidamente l’attimo.
Alla fine questo incantesimo lo hai voluto tu, sempre tu hai scelto tra le fiamme dei barili antichi.
Disseta quest’uomo del deserto, che solitario vagava a zonzo,
Tra un calice di vino e manichini maltrattati.
Nel traffico della città scrutava le persone,
Ma non trovandoti si accontentava di angoli caldi e sax sfiatati.
Seppur bellissimi, urlava:
“Barista! Un altro giro di Cointreau, che qui lavoro fino a tardi e non ricordo più chi sono”.
D’inverno la neve è più soffice mentre accarezza i lampioni,
ed io a strisciar per marciapiedi, che l’alcol fa tanti scherzi, ma che bello quando nessuno pensa più.
E tutti ridono, anch’io.
Ma non trovandoti la notte, mi accontentavo della pioggia fredda,
umida su di me.
Umide su di me, le donne d’inverno amano ballare dolcemente.
Sul sedile dell’auto cercano caldo conforto e musica buona.
Accendono sigarette per gridare finta felicità o vera tristezza, mentre bruciano:
“Ma stai tranquilla, qui nessuno ci vede”.
Sul sedile dell’auto ti cercavo, ma i vetri si sono appannati ,
e mi son perso come nella nebbia,
tra cento corpi nudi, assuefatto da profumi sempre diversi.
Sapori diversi, pieni di gioia, scoperte.
M’innamorai d’inverno, tra il fondo del pozzo e quello della bottiglia,
tra mille corpi nudi
tu eri bellissima,
e lo sei anche adesso che è già primavera e non m’ami più,
“E’ tempo del sole” mi hai sussurrato all'orecchio,
come la prima foglia verde che imbratta l’albero malinconico,
come una donna che ha il cuore lontano, altrove,
mi hai sorriso finemente, forse felice,
ma chissà;
però per strada, di notte,
non ti ho vista più.



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Racconto scritto il 28/12/2018 - 22:43
Da Bruno Gais
Letta n.889 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


Grazie a tutti per i commenti, cercherò di leggere le vostre ultime opere il prima possibile. un saluto.

Bruno Gais 30/12/2018 - 21:40

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Concordo...
È poesia questo racconto intriso di nostalgia e sensualità, nel ricordo di un amore perso nel vento di primavera.
Complimenti

PAOLA SALZANO 29/12/2018 - 11:58

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Un racconto ch'è vera poesia...
Me ne sono innamorata... d'inverno
Buon Anno, Bruno

laisa azzurra 29/12/2018 - 11:35

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Purtroppo ho sbagliato a votare, ho messo in dito troppo a sinistra ma sono cinque stelle più che meritate!

Ida Vnímavý 29/12/2018 - 10:05

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Bellissima!

Ida Vnímavý 29/12/2018 - 10:04

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