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GELOSIA

GELOSIA



Il grosso quaderno si trova sullo scaffale dell’Ufficio Oggetti Smarriti. Mario per rintracciare il proprietario, ne legge qualche pagina e si rende conto che si tratta di un racconto d’amore scritto da una certa Lidia, disperata e divorata dalla gelosia. Casualmente Mario incontra la donna e visto il suo stato depressivo, cercherà di aiutarla facendole conoscere Anna Maria, psicoterapeuta. Nel suo percorso interiore Lidia rivedrà i suoi errori e si renderà conto di essere stata manipolata. Una volta guarita deciderà di impegnarsi in una associazione di volontariato a favore dei più deboli.



Il pacchetto era ancora lì sullo scaffale, un sacchetto di plastica che avvolgeva un grosso quaderno.
L’aveva portato qualche giorno prima una passante, una donna anziana che l’aveva trovato a terra, presso una delle panchine del viale alberato poco distante. Mario ne sbirciò il contenuto, in cerca di un nome che potesse ricondurre al proprietario o alla proprietaria. Sembrava il manoscritto di un romanzo d’amore drammatico, in cui una certa Lidia soffriva terribilmente di gelosia per Gabriele.
Mario si domandava se in realtà si trattava di una storia vera o di un personaggio di fantasia. In ogni caso era una storia molto sofferta . Poi rassegnato a non trovare nessuna spiegazione, si mise al suo posto di lavoro, davanti al computer e iniziò la sua solita attività. Ma la sua mente curiosa andava lì, al pacchetto.
Ogni tanto l’uomo sollevava lo sguardo e dava un’occhiata alla finestra che dava sulla strada principale, ma in quella fredda e grigia giornata invernale non passava proprio nessuno e si sentiva particolarmente annoiato da quel lavoro, l’unico possibile con una paga discreta che gli consentiva di mantenersi. Cosi continuava a mandare occhiate al grosso quaderno sullo scaffale e si lambiccava in cerca di spiegazioni, formulando varie ipotesi. Certo avrebbe potuto essere un diario, pensava fra sé, ma, per come era stato scritto, poteva benissimo trattarsi di un romanzo. L’autore o l’autrice doveva avere una gran fantasia o doveva possedere una gran capacità di immedesimarsi in una storia dai sentimenti forti, in cui passione, tradimento e gelosia avevano devastato la vita di Lidia, innamorata folle di Gabriele. Mario si sentiva in colpa perché era come se avesse spiato nella vita altrui, nell'intimità emotiva di qualcuno che soffriva, ma al tempo stesso si sentiva in torto perché non riusciva a correre verso quel grido di aiuto disperato. Quasi come conseguenza logica, rifletté sulla sua vita privata in cui le sue vicende amorose non erano mai state un dramma, non aveva nemmeno sfiorato la disperazione. Forse non aveva mai amato veramente o forse era solo un egoista. Non sentiva i suoi quarantanni, festeggiati da poco, e non aveva rimpianti per aver lasciato Daria, poiché non andavano proprio d’accordo e preferiva sentirsi libero.
Le varie congetture mentali vennero infine messe da parte anche perché era giunta l’ora di uscire per la pausa del pranzo. Indossò il giubbotto e schiacciò il berretto di lana sui capelli biondo scuro, pettinati all'indietro. Si manteneva in forma correndo ogni mattina presto e amava vestire sportivamente. I lineamenti marcati del viso erano nascosti da una barbetta corta rossastra, ma traspariva dalla sua espressione un animo sensibile e buono.
Dalla panineria all'angolo della strada gli giunsero subito i familiari odori di cibo fritto e di pietanze cucinate con verdure e tra i piatti pronti scelse una cotoletta con contorno di insalata. Mentre mangiava osservava i passanti che transitavano: molti frettolosamente, altri più lentamente, stringendosi nei cappotti e giubbotti pesanti. La temperatura era gelida e un forte vento investiva i grandi platani del viale. Camminò un poco in quel turbine ventoso rabbrividendo, osservando le panchine vuote. Ormai i passanti erano pochi, visto l’orario e chi si trovava ancora fuori, camminava in fretta. Il suo sguardo si soffermò su una donna che sembrava insensibile a quel brutto vento e girava intorno ad una panchina, guardando a terra. La sua figura minuta si muoveva con armonia e ricordava la grazia delle danzatrici classiche e i lunghi capelli scuri, scivolavano morbidi sulle spalle.
- Vuoi vedere che si tratta di lei?-disse fra sé con gran stupore


Si avvicinò con fare rispettoso: - Perdonami, hai perso qualcosa?-
La donna sollevò il volto che, visto da vicino, era molto bello, con espressione dolce e occhi chiari, ma sembrava segnato da una grande ansia. Lo guardò con stupore e poi chiarita la situazione si presentarono. Si trattava proprio di lei e si chiamava Lidia. La storia che aveva scritto era in realtà la sua e da quando Gabriele l’aveva abbandonata, si era sentita distrutta.
Il vento freddo li faceva rabbrividire cosi Mario la invitò a seguirlo all'ufficio per la restituzione del pacco.
Una volta arrivati nei locali a pianterreno dell’Ufficio Oggetti Smarriti, sicuramente più confortevoli, le porse il pacchetto e lei ringraziandolo perse l’equilibrio come in preda ad una vertigine e si afflosciò sulla sedia piangendo.
- Ti prego di scusarmi, gli disse con voce accorata, ma questa storia mi fa star male davvero-
- Siete stati insieme tanto tempo?- chiese per aiutarla a confidarsi e continuò – Se sfogarti pur farti sentire meglio, raccontami.-
Lidia, si asciugò gli occhi chiari e dopo una certa incertezza iniziò il racconto.
Avevano trascorso otto anni insieme. Sin dall'inizio la passione li aveva travolti e lei era entrata in una sorta di dipendenza emotiva, per cui senza di lui si sentiva persa e ogni momento senza di lui diventava sofferenza, incertezza e col passare del tempo sospetto, gelosia, incertezza.
Più gli anni trascorrevano e più si allungava il tempo delle assenze di Gabriele per lavoro, luogo in cui diveniva irraggiungibile e dove non gli era consentito, a suo dire, di accendere il cellulare, pena il licenziamento. Ma quel tempo di attesa le sembrava infinito, eterno, e quando Gabriele finalmente giungeva da lei, Lidia mostrava tutta la sua rabbia, faceva venir fuori i sospetti che l’avevano dilaniata e le paure più irrazionali che l’avevano sconvolta.
Si finiva sempre col litigare poiché Gabriele, ribaltando la frittata, l’accusava di essere pazza, che mancava di fiducia, che lui poverino era stanco morto di lavoro e questa accoglienza era proprio insopportabile. La triste conclusione era un muro di incomprensioni che si edificava tra i due. Lidia si sentiva in colpa per la scenata, e umiliata sprofondava in un abisso di paura perché sicuramente, se avesse continuato con questo atteggiamento, lui avrebbe finito per lasciarla. Gabriele dal canto suo, una volta domata la ribellione, faceva l’offeso e colto da stanchezza finiva per addormentarsi, dimenticando le promesse fatte. L’attesa infinita per uscire insieme, fare una passeggiata o andare in pizzeria, essersi preparata di tutto punto, svaniva miseramente per Lidia che, guardandolo dormire, si sentiva miseramente sola. Non era una bella storia, ma Lidia non riusciva ad immaginare di poterne vivere un’altra e che la sua vita potesse continuare senza di lui.
Forse se le fosse arrivata qualche risposta alle sue richieste di lavoro, tutto sarebbe andato meglio. Ma anche quella attesa non finiva mai ed era costretta a mantenersi con l’aiuto dei suoi e con qualche lavoretto temporaneo.
Gli anni trascorsi insieme erano stati un continuo alternarsi di passione e di amore, poi di odio e rabbia, litigi e rappacificazioni, di gelosia divorante e martellante e di senso di colpa il momento successivo. Ma in questa strana coppia era solo lei a sentirsi sbagliata, era lei che ossessionava, che lo aspettava per ore. Quando con tristezza iniziava a pensare che forse era meglio separarsi, perché lei era un disastro, eccolo però arrivare con grossi regali e belle parole. I sospetti di essere tradita le dilatavano l’anima di sconforto e diventavano sempre più frequenti. Strani profumi, strane telefonate, presto bloccate, qualche battuta degli amici, ampliavano quelle ombre, quelle folli fantasie. Lidia lo sentiva sempre più distante e freddo e infine un giorno andò via e non la cercò più. La giovane donna si sentì impazzire perché si era sentita buttata via come un vecchio straccio. Lo cercò ovunque, finché un suo amico le fece sapere che stava bene e viveva con un’altra donna e che non era quella sola. Venne a sapere di tanti altri tradimenti. Le ore di lontananza che lui giustificava col lavoro erano quasi tutti tradimenti con qualsiasi donna incontrasse.
Adesso era sprofondata in una terribile depressione, ingoiava tranquillanti che la stordivano e cercava di comprendere una realtà che lei non aveva voluto guardare. Aveva creduto di avere accanto un uomo serio. Ma si trattava solo di un bamboccio viziato, che l’aveva usata e poi buttata via. Lidia smise di raccontare poiché non sapeva più cosa dire di quel malessere e della sua vita buttata via.
Anche Mario era silenzioso, perché capiva che quella giovane ragazza aveva bisogno di un serio aiuto psicologico. Poi le disse:
- Ascolta Lidia, conosco una persona che può darti una mano. Si chiama Anna Maria ed è una brava psicoterapeuta.-
-Pensi che io sia pazza ? -
-Ma no! Però può aiutarti a ritrovare te stessa , questo è il numero di cellulare. Fai una prova, no?
-Ho poco denaro e non ho ancora un lavoro serio, se non qualche lavoretto.
- Questo non deve preoccuparti, Anna Maria è mia amica e ti aiuterà in qualche modo, vedrai.
Così Lidia, iniziò ad sottoporsi a terapia e la psicoterapeuta si dimostrò subito abbastanza brava professionalmente. Con calma e con pazienza Lidia ripercorse il dolore di quell'amore sbagliato, ma finalmente iniziò anche a rendersi conto che non era tutta colpa sua. La sua divorante gelosia nasceva da una grande insicurezza. Quell'uomo la sottoponeva ad una terribile forma di plagio e la portava al punto di sentirsi responsabile e colpevole di tutto e che lei senza di lui, era nessuno, era solo una sciocca che non faceva altro che sbagliare e lui povera vittima perdonava tutto,comprese tutte quelle scenate. Era un meccanismo contorto e diabolico che aveva stravolto la sua serenità.
Con il tempo Lidia si rese conto che la sua vita era nelle sue mani e che finalmente era lei a decidere su tutto quello che la riguardava. Che senza i litigi con quell'uomo viveva più serena. Che aveva tanti interessi che in quegli anni aveva messi da parte. Che aveva buone capacità su tutto e che la sua autostima era stata annientata. Ad aggiungere un valido sostegno fu l’inizio di un lavoro più stabile. Da una settimana aveva infatti iniziato a lavorare in una libreria, con una paga discreta.
Ci volle del tempo e la stagione invernale cominciò a cedere il posto a quella primaverile. La mattina presto, quando si svegliava, si affacciava al balcone per dare le molliche di pane agli uccellini e si accorgeva che la luce giungeva prima a colorare di rosa le piccole nubi che transitavano per il cielo. La morsa del gelo se ne andava per lasciare il posto ai venti tiepidi che soffiavano su un natura che si risvegliava con colori vividi e brillanti. Ogni tanto Lidia passeggiava su quel viale fiancheggiato dai grandi platani e dove un giorno aveva dimenticato il suo diario su una delle panchine. Adesso avrebbe potuto scrivere parole di speranza e di fiducia in un altro libro e non avrebbe mai ringraziato abbastanza Mario per averle teso una mano quando il buio aveva avvolto la vita dei suoi giovani anni, spegnendo ogni bellezza e ogni sentimento.
Con Mario si vedevano ogni tanto e trascorrevano qualche ora a conversare in pizzeria o in un bar a sorseggiare qualcosa. Sapeva di piacergli e che non osava proporle niente. Ma faceva finta di nulla, di non capirlo. Era ancora presto, il campo non era ancora sgombro e la paura non era del tutto andata via, tuttavia confessava a se stessa che Mario le piaceva, stava bene con lui e forse sarebbe nato un nuovo amore.
Un giorno incontrò Elisa, una cara amica di infanzia che nelle ore libere dal lavoro era impegnata in attività di volontariato per soccorrere persone in difficoltà e in altri giorni si dedicavano anche agli animali abbandonati e in difficoltà.
Brevemente Lidia le raccontò quanto le era successo.
- Perché non vieni a trovarmi quando faccio volontariato? Sai è un impegno che può sembrare difficile, ma che fa bene. Fa sentire utili e il cuore sembra scaldarsi quando una buona azione riesce bene.-
- Ci penserò Elisa, grazie-
Così le rispose, ma in cuor suo aveva già deciso. Le sarebbe piaciuto dedicarsi agli altri in difficoltà.
Una ventata di entusiasmo le invase l’anima e illuminò i suoi giorni di luce e di buoni propositi. La a sua esistenza aveva trovato finalmente il suo percorso.


Un giorno le capitò di incontrare Gabriele. Sembrava mal vestito e depresso. Lo vide finalmente per quello che era : un piccolo, insignificante uomo. Senti il suo cuore silenzioso e le venne da ridere al pensiero di essere stata gelosa di lui e fu strano vedere Gabriele guardarla meravigliato della sua trasformazione. Lidia avrebbe potuto deriderlo, ma non voleva rancori o vendette. Gli sorrise, poi continuò felice il suo cammino.




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Racconto scritto il 04/02/2019 - 12:10
Da Patrizia Lo Bue
Letta n.1021 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Ti ringrazio Millina

Patrizia Lo Bue 04/02/2019 - 16:08

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La gelosia è il frutto dell'insicurezza e talvolta annebbia al punto che ci si rifiuta di vedere ciò che è lampante. Ci si annulla pur di essere il centro del mondo di qualcuno, perdendo anche il minimo briciolo di autostima.
Tutto è percorso nel tuo bel racconto - che si legge con trasporto - fino a giungere alla rinascita di Lidia, che finalmente riacquista amor proprio e soprattutto la fiducia in se stessa e negli altri.
Bello!

Millina Spina 04/02/2019 - 16:04

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