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l'indagine

L’indagine (Le indagini del capitano Boschi)


«Venga avanti, capitano Boschi!» esordì il PM mentre raccattava le ultime scartoffie dalla scrivania e le infilava nella capace borsa di cuoio, prima di partire per le agognate ferie agostane portandosi appresso un po’ del lavoro arretrato.
Nonostante le finestre spalancate, quel giorno d’agosto faceva un caldo boia nell’ufficio del PM; l’aria condizionata, senza nessun preavviso, era partita da alcuni giorni: forse, visto il caldo asfissiante, se n’era andata in ferie pure lei.
«Il maresciallo della caserma di Roncovecchio - un borgo adagiato sui primi contrafforti appenninici dove non capita mai niente di eclatante - ha scoperto un cadavere; probabilmente si tratta di omicidio. I RIS sono già sul posto per i rilievi del caso, affido a lei le indagini; cerchi di concludere tutto, bene e in fretta. Fra venti giorni, quando tornerò dalle ferie, vorrei trovare l’indagine conclusa e, sulla mia scrivania, la relazione con il presunto colpevole da incriminare», proseguì tutto d’un fiato, asciugando con un fazzoletto bianco il sudore che colava copioso dalla fronte.
«Uhm… se si tratta di omicidio, venti giorni potrebbero non bastare», obiettai, dubitando di riuscire a concludere le indagini in un lasso di tempo così breve.
«Ci riuscirà!» sbottò seccato, chiudendo la borsa di cuoio. «Non stiamo parlando di professionisti, ma di un delitto d’istinto; un ladro di polli che venendo scoperto ha reagito colpendo il malcapitato proprietario del pollaio… Questo si evince dalla denuncia del maresciallo!» concluse alterato, sbattendomi le carte sotto il naso.
Non mi diede nemmeno il tempo di leggerle; come le afferrai, mi salutò uscendo di corsa dall’ufficio con la borsa di cuoio stretta nella mano destra. «Fra venti giorni, qui, sulla mia scrivania voglio un nome da incriminare! Buon lavoro, capitano Boschi!» tuonò con la voce baritonale dei suoi giorni peggiori.


«Capitano Boschi, il cadavere è stato portato via, i RIS stanno terminando i rilievi dentro casa», esordì il maresciallo Porta.
Quello che mi colpì in lui, fu lo sguardo severo dell’uomo di legge… A dire il vero, al momento lo giudicai eccessivamente severo; forse adattato ad arte al fatto di sangue o, più probabilmente, alla divisa che indossava.
«Il luogo del delitto?» gli chiesi, scrutandolo dall’alto del mio metro e novanta.
«Le faccio strada!» esclamò precedendomi, indicando il pollaio.
Sudando sotto il sole a picco, lo seguivo lungo il sentiero che, inerpicandosi dietro la casa, conduceva al pollaio.
Vedendolo salire agile, continuando a descrivere ciò che aveva trovato quella mattina senza ansimare e senza versare una goccia di sudore, mi chiesi dove la prendesse quell’uomo magro, alto poco più di un metro e sessanta, tutta quell’energia.
«Ecco, il cadavere era qui», annunciò, indicando i segni tracciati con il gesso dai RIS sulla terra smossa del pollaio, imbibita di sangue e sterco di gallina. «L’assassino deve aver afferrato la roncola che il Rosati teneva lì… appesa a quel gancio, e l’ha colpito con violenza tra collo e spalla, frantumandogli le vertebre cervicali. Almeno, questo presumono i RIS.»
«C’erano impronte sul manico della roncola?» domandai, osservando il gancio vuoto accanto al cancello del pollaio.
«Pare di sì. I RIS l’hanno portata via per ulteriori verifiche… Ma secondo il mio modesto parere, è tutto lavoro inutile», rispose il maresciallo, esibendo la sicurezza del detective di rango. Poi, leggendo la perplessità nel mio sguardo, completò la riflessione: «I furti di polli sono all’ordine del giorno. La fame e la miseria mordono, ce ne sono a decine di ladri di polli, forse centinaia, che si aggirano di notte fra queste montagne. Qui nessuno denuncia i furti, quando scoprono qualche ladro, si fanno giustizia da soli, prendendoli a bastonate. Il ladro, scoperto, deve aver afferrato la roncola per difendersi dalle legnate: il bastone era accanto al cadavere. Le impronte sul manico non serviranno a niente, perché non c’è nessun pregiudicato fra i ladri di polli che bazzicano i monti».
La conclusione tranciante, come un colpo di roncola, del maresciallo era difficilmente confutabile; se anche si fossero trovate impronte chiarissime sul manico, a chi mai avremmo potuto abbinarle non trovandone traccia nel casellario giudiziario?


Entrammo nella casa della vittima mentre i RIS stavano concludendo i rilievi nello studio. «Ma che razza di lavoro faceva questo Rosati?» chiesi stupefatto, osservando la gran quantità di paccottiglia pseudo esoterica sistemata in ogni dove.
«Il ciarlatano!» esclamò rabbioso il maresciallo. «Rubava la buona fede dei montanari, facendosi pagare per risolvere i loro problemi di salute.»
«Un altro stregone», commentai. Sbuffai. «Ma come sì può credere ancora a queste baggianate?» mi chiesi, scuotendo il capo.
«Si può, grazie alla miseria e l’ignoranza che ancora regnano là in mezzo», rispose il maresciallo, indicando le case sparse lungo il declivio.


Il capitano dei RIS mi mostrò un appunto sul calendario accanto alla data di fine mese. «Affitto, rimandare al mese prossimo», dissi mentre leggevo. Poi, sfogliando il calendario, notai la stessa dicitura accanto all’ultimo giorno dei sei mesi precedenti.
Rovistando nei cassetti della scrivania, un agente trovò una lettera vergata a mano, dal tenore non proprio amichevole. La presi e lessi a voce alta: «Senti, stregone! Sono sei mesi che non paghi l’affitto. Se entro quindici giorni non salderai il debito… vengo lì e mi prendo tutte le galline. Hai capito, mago di merda!» seguiva la firma.
«Chi è?» chiesi al maresciallo, mostrandogli il foglio.
«Arturo Balocchi: un pastore che vive più su, con i figli e le pecore. E’ il padrone di casa… di questa e di molte altre giù in paese. Quando qualcuno non può saldare il canone, li minaccia per farsi pagare in natura: polli, uova e verdura. Ma oltre le minacce verbali non è mai andato: non credo che c’entri con questa storia.»
Il maresciallo sembrava convinto di quel che andava affermando, e questo m'indispettì non poco. «Lasci che sia io a decidere se può entrarci o meno in questa storia!» sbottai, ammutolendolo.


Seduto sul sedile posteriore della macchina di servizio, guidata dall’appuntato con a fianco il maresciallo, mi crogiolavo convinto che una volta giunti a casa del pastore avrei potuto chiudere in fretta il caso, consegnando un omicida alle patrie galere.


«Buondì, maresciallo. Qual buon vento la porta fin quassù?» domandò, sorridendo, il pastore dal fisico tarchiato seduto su una sedia all’ombra di un castagno.
«Non hai saputo?» chiese lui.
«Dello stregone? Sì che l’ho saputo, ha avuto quel che si meritava quel bastardo!» rispose il pastore con acrimonia.
Posandogli una mano sulla spalla, fermai il maresciallo prima che avesse il tempo di porgli un’altra domanda. Lui comprese e mi presentò al pastore: «Il capitano Boschi deve farti qualche domanda».
«Sono indagato per omicidio!» esclamò lui, ridendo sguaiatamente. «Secondo me siete completamente fuori strada. Non è fra gli uomini che dovete cercare il colpevole, ma fra le donne alle quali prometteva ogni sorta di miracoli, facendosi pagare in moneta sonante!» concluse.
«Sa dirmi come mai aveva un simile ascendente sull’universo femminile?» gli chiesi incuriosito.
«Mah, a dire il vero, non l’ho mai capito… O forse sì! Cinque anni fa, una sposa depressa, dopo aver pregato e fatto offerte in chiesa, senza ottenere nulla, decise di rivolgersi a lui per esaudire il suo sogno di maternità. E lui, riuscì a toglierle un bel po’ di umidità…»
«Di cosa?» domandai, interrompendolo.
«Di umidità, di soldi… denaro contante. Tutto sarebbe finito lì, ma quello stronzo pur non essendo un mago vero, era fortunato; oltre che dotato di un certo ascendente sull’universo femminile… E, forse, fu solo quello a fare il miracolo», buttò lì sibillino. Proseguendo poi in tono sarcastico: «Quella vecchia racchia oramai prossima alla menopausa, per la felicità del suo povero marito, rimase incinta. E così, da quel giorno, la gallina vecchia che non voleva saperne di covare, divenne il manifesto pubblicitario dei suoi poteri; la sua popolarità fra le donne crebbe in modo esponenziale, e per tutti, lui d’allora fu: il guaritore!»
«Per tutti, ma non per te», commentai d’istinto.
«No, per me è sempre stato solo un imbroglione… E ha avuto ciò che si meritava», confermò il pastore, incupendosi. Poi mi guardò negli occhi. «Allora, sono anch’io fra i sospettati? Anche se non sono una donna?» mi chiese con fare irrisorio.
«Lei, finora, è l’unico sospettato!» feci io di rimando, puntandogli il dito in mezzo allo sterno.
La reazione del pastore fu a dir poco sconcertante; ridendo a crepapelle si alzò dalla sedia e, incrociando i polsi davanti al mio sguardo, proruppe a muso duro: «Allora mi arresti! Coraggio, lo faccia!»
«Non ancora…» dissi io in tono pacato, trattenendo a stento il nervosismo innescato dal suo modo di porsi. E dopo un attimo di studiata pausa, quando lui abbassò le braccia, conclusi: «Ha un alibi per ieri sera?»
«Ero giù, in paese!» rispose prontamente.
«Qualcuno può confermare il suo alibi?» insistetti, convinto di avere il colpevole a portata di mano.
«L’intero consiglio comunale, può bastare?» mi chiese in tono ironico. Poi, facendosi serio, senza attendere la risposta proseguì: «Ieri sera c’era la riunione del consiglio, io ero andato in comune per una faccenda di pascoli. Sono entrato alle nove e son rimasto a litigare con loro fin quasi alle due di notte».
Guardai il maresciallo, il quale confermò che la sera prima era in programma la riunione del consiglio.
Gli dissi che una volta tornato in paese avrebbe dovuto verificare l’alibi del pastore, poi lo salutammo e ci avviammo verso la macchina di servizio.
«Forse vi potrà consolare sapere che avrei voluto ammazzarlo io quel bastardo. Ma qualcuno è arrivato prima… Ma, purtroppo per voi, non si possono arrestare le intenzioni… Mi spiace, capitano, non riceverà nessun encomio o promozione per la sua indagine!» Il sarcasmo del pastore, meritava una risposta ancor più cattiva.
Prima di salire in macchina, lo fissai con sguardo di sfida. «Aspetti a stracciarsi le vesti… La scientifica non ha ancora stabilito l’ora della morte. Può essere che debba tornare a trovarla… E, se tornerò, le prometto che non me ne andrò a mani vuote… Lei tenga la valigia pronta, che io terrò una cella libera», le parole e il tono sardonico lo lasciarono allibito.
Soddisfatto della mia, non troppo edificante performance, completai l’opera salutandolo militarmente, portando la mano destra accanto alla visiera del berretto.


«Conosce la donna di cui ha parlato il pastore?» chiesi al maresciallo mentre tornavamo in paese.
«No, il fatto risale a cinque anni fa, io fui assegnato alla caserma un anno dopo… Proverò a informarmi», rispose lui.
«Lasci perdere. Lei ha ottenuto quel che voleva, perché mai avrebbe dovuto ucciderlo cinque anni dopo? No, lei non c’entra. Aspettiamo il rapporto della scientifica; troppo strafottente e sicuro di sé il pastore… Il soggetto possiede sangue freddo e risponde alle domande aggredendo per non essere aggredito: una tattica che mi è già capitato di osservare ponendo domande a chi alla fine si rivelò essere il vero colpevole», argomentai, convinto che l’indagine di quel povero maresciallo di paese sarebbe stato tempo perso.
Ero certo che dopo aver ricevuto il rapporto della scientifica, tutti i tasselli sarebbero andati al loro posto: le impronte sul manico sarebbero state quelle del pastore e l’ora del delitto avrebbe ridotto in cenere il suo alibi. Non mi rimaneva che attendere qualche giorno per consumare la giusta vendetta… se la vendetta si può definire giusta.


Il rapporto della scientifica sanzionò la mia sconfitta. Dopo aver stabilito che l’assassino colpì la vittima di fronte e non da dietro, come avevo erroneamente presunto, aggiunse che, avendo calato il fendente tra la spalla destra e il collo, l’assassino doveva essere mancino e l’ora della morte, con scarto massimo di sessanta minuti, andava posta fra le ventitré e le ventitré e trenta.
Infine, le impronte digitali del pastore non compatibili con quelle rilevate sul manico della roncola, posero una pietra tombale sopra ai miei sospetti.
Sette giorni ancora, e poi sul tavolo del PM avrei dovuto mettere il nome del soggetto da incriminare.


Il PM tornò, ma il caso rimase aperto. Nessun colpevole o presunto tale potei esibire davanti allo sguardo perplesso e deluso del PM: non c’era nessun sospettato per il delitto dello stregone.
Le indagini proseguirono senza giungere a conclusioni apprezzabili; sarebbe stato difficile, se non impossibile cercare il colpevole indagando fra la gente omertosa del luogo. Anche il PM, alla fine convenne che il caso sarebbe andato a marcire in mezzo ai faldoni dei delitti irrisolti.


Due mesi dopo, percorrevo nuovamente la strada per Roncovecchio.
Osservando ammirato le montagne dipinte d’autunno, pensavo al nuovo caso da risolvere: un altro omicidio seguito da un suicidio in quel borgo appenninico dove non succede mai niente di eclatante, mi aveva costretto a tornare là, dove il precedente delitto attendeva ancora un colpevole da assicurare alla giustizia.


«Due giorni fa, io e il maresciallo andammo su, dal pastore. “Tu aspetta in macchina!” mi ordinò con un tono alterato, prima di dirigersi con passo svelto all’interno della casa. Attesi quasi mezz’ora prima di vederlo uscire, stravolto, da quell’incontro», mi raccontò l’appuntato, mentre osservavo i RIS intenti ad armeggiare intorno ai cadaveri.
«Da qualche giorno il maresciallo era diventato intrattabile. Non riesco proprio a comprendere quale problema potesse assillarlo, fino al punto da spingerlo a fare tutto questo», aggiunse agghiacciato, indicando il corpo del maresciallo riverso sulla sedia. E indicando il corpo della moglie disteso sul divano, concluse singhiozzando: «Eppure vivevano un periodo di così intensa felicità; dieci giorni fa, la signora, raggiante come non mai, aveva annunciato a tutta la caserma che dopo tanto pregare, il signore aveva esaudito il suo desiderio di diventare madre. Non riesco a credere che il maresciallo l’abbia strangolata pur sapendo che dentro lei pulsava la vita del figlio da entrambi tanto desiderato».
Fu a quel punto che, guardando il foro nella tempia sinistra e la pistola sul pavimento accanto al braccio sinistro disteso del maresciallo, ebbi l’illuminazione che, saldandoli in un unico movente, avrebbe risolto entrambi i casi.


Chiesi all’appuntato di accompagnarmi dal pastore. «Mi racconti senza tralasciare nemmeno una virgola, l’ultimo incontro con il maresciallo», gli ordinai tenendo gli occhi ben fermi dentro i suoi.
«Le rammento che ci sono due morti giù in caserma! La reticenza in questo caso non è ammessa… e la falsa testimonianza è un reato grave! Se scoprissi che mi sta mentendo, le farei passare guai seri!» aggiunsi con tono grave, cercando di spaventarlo.
Lui non si scompose, m’invitò a sedermi e subito dopo sviscerò tutto quello che si erano detti durante il fatale incontro.


A quel punto avevo in mano le carte per risolvere i due omicidi e il suicidio che avevano sconvolto il quieto vivere del paese dove non accadeva mai niente di eclatante.
Chiesi e ottenni, in tempi brevissimi dalla banca, i movimenti degli ultimi anni sul conto corrente cointestato del maresciallo e sua moglie; il confronto delle impronte sul manico della roncola con quelle della mano sinistra del maresciallo e, per ultimo, la lettura del DNA del feto sovrapposto a quello dello stregone.


«Sbagliai nel giudicare di primo acchito, severo, lo sguardo del maresciallo… Quello che esprimeva era solo paura, una paura fottuta di essere scoperto», mi dissi rammentando il nostro primo incontro, osservando le carte e le foto dei due casi sparse sopra la scrivania mentre mi apprestavo a rimettere insieme il puzzle per stendere la relazione da presentare al PM.


Le indagini svolte e le testimonianze raccolte in loco, mi permisero di ricostruire i fatti che portarono al tragico triplice epilogo.
Il maresciallo Porta si era accorto che la moglie, con prelievi continui a cadenza settimanale, stava prosciugando il conto corrente cointestato. Svolgendo indagini private aveva scoperto che la moglie si recava di nascosto dal Rosati, lo stregone che la credenza popolare diceva capace di donare alle donne la fertilità perduta.
Senza dire niente alla suddetta, una sera, carico di rabbia, si era recato dal Rosati minacciandolo di sbatterlo in cella se avesse continuato a circuire la moglie spillandole denaro, dietro il miraggio di una cura miracolosa per l’infertilità.
Lo aveva trovato intento ad accudire le galline e lì, nel pollaio, forse di fronte al rifiuto o al comportamento irridente dell’uomo, accecato dall’ira aveva afferrato la roncola appesa accanto al cancello e lo aveva colpito con un fendente micidiale.
Poi era corso via, senza curarsi delle impronte sul manico della roncola; forse perché certo di non finire tra i sospettati, più probabilmente perché in preda al panico non si era premurato di cancellare le tracce dalla scena del crimine.
Quando la moglie, dopo anni di inutili cure e dopo aver atteso due mesi per essere certa di non sbagliare, gli aveva comunicato di essere incinta, il dubbio si era insinuato nella mente del maresciallo; così, forse rammentando il sarcasmo del pastore nel descrivere l’ascendente dello stregone sulle donne, si era recato da lui e dopo un duro confronto aveva ottenuto di farsi dire quel che era certo il pastore sapesse sulla donna miracolata cinque anni prima, usando un metodo invero assai poco esoterico.
Aveva rimuginato per un paio di giorni sul da farsi, prima di confrontarsi con la moglie. E dopo una furiosa lite, probabilmente di fronte all’ennesimo diniego, oppure all’ammissione di colpa; fuori di sé, accecato dall’ira aveva stretto le mani attorno al collo della donna, fino a provocarne il decesso per strangolamento.
Rientrando in sé si era accorto di averla ammazzata. Guardando disperato l’amata priva di vita, si era sentito perduto; allora, lasciandosi cadere sulla sedia, con la mano sinistra, essendo lui mancino, aveva estratto dal fodero la pistola d’ordinanza e, puntandosela alla tempia sinistra, si era tolto la vita.


In un sol colpo avevo risolto due casi, ricevendo, oltre ai complimenti del PM, l’incarico per la prossima indagine.


Ed ora eccomi qua, di fronte all’ennesimo cadavere e a un altro caso da risolvere.


FINE




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Racconto scritto il 21/02/2019 - 18:07
Da vecchio scarpone
Letta n.917 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


come ben dici, i racconti lunghi vengono letti poco, e quelli a puntate ancora meno. Ma qui il limite dei caratteri è davvero basso,un po' meno dei 25000 dichiarati (ho provato a postare un racconto da 23031 caratteri e mi è stato rifiutato perché superava il limite).Su Ali ti danno perlomeno 50000 caratteri come limite. Eppure settimana scorsa sono stato costretto, per la prima volta a dividere un racconto (faceva 53000) purtroppo fatico a scrivere racconti contenuti, è un mio limite. Detto ciò,dovresti provare a terminare i racconti che hai lasciato in sospeso. Io , di solito tra stesura e rilettura impiego circa una settimana per scrivere un racconto lungo. Tu, potresti riuscirci in tre, quattro giorni al massimo. Ciao Giacomo

vecchio scarpone 23/02/2019 - 09:17

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Peccato che non puoi pubblicarli...a suo tempo li ho letti mi sono piaciuti tantissimo. Magari a puntate...dividendoli. Va bene che i racconti lunghi vengono letti poco, e quelli spezzati ancor meno, ma comunque resterebbero in archivio qui sul sito. Ti ringrazio per l'apprezzamento alla mia qualità di scrittore, ma credo che in questo e altri generi io non riuscirò mai a scrivere racconti del tuo livello. Il fatto è che per un autobiografico( magari romanzato) impiego nemmeno un'ora per pagina, li scrivo di getto nel senso che la mia velocità di battitura non sta dietro al pensiero. Invece per quei due o tre noir ci metto un tempo quasi 5 volte tanto, e molti li ho smessi, sospesi e mai più ripresi. Ciao Giancarlo...

Giacomo C. Collins 23/02/2019 - 07:36

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questo è stato il primo racconto con protagonista il capitano Boschi, e, purtroppo sarà anche l'unico che potrò pubblicare (gli altri sette superano tutti il numero di caratteri concessi dal sito). Beh, la serie con un bidello pettegolo la trovo un'ottima idea, intrigante, se fossi in te ci proverei. Se non sbaglio mi pare di aver letto un paio di tuoi noir, uno dei quali dal finale davvero spiazzante. Sei uno dei migliori narratori del web (a livello di Rubrus e pochi altri, a mio parere), puoi scrivere racconti di tutti i generi, se decidi di impegnarti. Ti ringrazio.
Ciao Giacomo.
Giancarlo

vecchio scarpone 22/02/2019 - 20:52

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Le indagini del capitano Boschi sono una più bella dell'altra...è stata una delle tue genialate, tra l'altro sempre diverse nei generi. Avevo pensato anch'io di fare una serie nella quale l'investigatore era un bidello pettegolo che conosceva tutto il paese...ma il poliziesco mi risulta difficile. Ciaociao.

Giacomo C. Collins 22/02/2019 - 11:32

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