Gli effetti del tabacco fumante, che non emanava una puzza micidiale ( come quello delle normalissime sigarette) ma che anzi portava a risaltare un pieno ma piacevole sapore che andava dal cacao alla vaniglia abbastanza equilibrato, mi dettero il risultato sperato. Cominciai a sentire tra le mie narici e successivamente fra i sensi, una sensazione di completa calma e relax che portò il sottoscritto ad adagiarsi comodamente sulla panchina, appoggiando la nuca sul bordo in pietra. Quando sono teso o quando non fumo, purtroppo, è mia abitudine chinare le spalle e la testa quando mi siedo. Una bella sensazione.
Una volta ottenuto l'effetto sperato, cercando assolutamente di mantener basso il mio tono vocalico, ripresi la mia conversazione con me stesso che avevo interrotto qualche minuto fa - Non ho dubbi sul fatto che sia stata la Donna In Nero a uccidere quel banchiere del Liechtenstein, quegli omicidi con tortura, con corde e squarcio alla gola sono il suo marchio di fabbrica, ma devo ancora comprendere esattamente la chiave, anzi il collegamento fra lei e la White Corporation. È evidente che c'entra qualcosa, su tutti i giornali che ho letto ( sia cartacei che su internet) ho capito che tutte le vittime hanno avuto a che fare con l'azienda. Non può essere una semplice coincidenza. Probabilmente, essendo un soggetto dal carattere infantile, mi fa pensare più che altro a una vendetta personale contro la stessa azienda e non altro. Ma non posso pensare assolutamente che sia il movente supremo e che vi sia il 91% di probabilità che sia la soluzione giusta. Non ho alcuna prova per confermare questa teoria, per adesso c'è solo il 50% di probabilità che possa essere la ragione di tutti quegli omicidi. Un movente ci deve essere per forza, non penso affatto che uccida a caso e, vista la gravità dell'esecuzione dei delitti, ci deve essere per forza il movente passionale, vendicativo, probabilmente vi è un motivo d'odio represso e che lei tiene dentro sé stessa. E se fosse anche un movente di affari? Il capitalismo odierno è sfrenato e gioca sporco e potrebbe anche essere l'arma di un'azienda...No, non è possibile, mi sto sbagliando. Un'azienda rivale in concorrenza, assume una killer professionista per uccidere gli investitori? No, è una scemenza. Se fosse così, perché allora uccidere anche quelli che hanno avuto solo qualche effimero legame con la White Corporation o che le hanno dato solo un piccolo sostegno? No, non ha alcun senso, deve esserci per forza il movente passionale perché se la Donna in Nero li ha uccisi, probabilmente sapevano qualcosa che lei voleva sapere e per vendetta. Sono quasi tentato di dire che l'azienda di mio nonno possa aver qualche segreto di cui solo pochi possono esserne a conoscenza e la Donna in Nero può averlo scoperto o meglio è stata parte di un progetto misterioso nascosto ma che è attualmente in corso; davvero ne sono tentato e, per quanto io voglia scartare questa ipotesi c'è sempre una parte di me che me lo ricorda e che mi fa restare sull'attenti. Per quanto la ritenga non fattibile è meglio tenerla in considerazione, potrebbe tornarmi utile. -
Mi fermai un attimo per tirar un'altra boccata con il sigaro, per cercare di mantenere quel clima di relax che ero riuscito a creare. Peccato però che la mia quiete fu interrotta da due studenti, uno dei quali portava gli occhiali a fondo di bottiglia, di cui io, immerso nel mio soliloquio, non mi ero reso assolutamente conto che mi stessero osservando ed entrambi con aria imbarazzante ma allo stesso tempo divertita, non lontani da me.
- Ue, mona - mi sgridò, con aria divertita e da imbecille ebete, lo studente dalla cadenza veneta amico di quello con gli occhiali - Ma che parli da solo? Ma sei rincretinito? -
- Elio, stiamo alla larga da questi tipi - gli rispose con aria indifferente l'altro idiota - Quello è matto, non hai visto pure tu? Parla di donne vestite di nero, probabilità a cavolo e altre sciocchezze. Lasciamolo stare nel suo mondo macabro e andiamo a lezione, per favore. -
Prima che tornassero dentro, il veneto mi urlò alle spalle - Cretino, curati! -
Me ne fregai altamente della loro mediocrità e delle loro risposte, capii subito che erano dei babbei a cui non interessava tanto l'arte dell'indagine e, sicuramente, non importava nulla dei cinque delitti commessi in Italia dalla Donna in Nero, infatti pensai - Meglio non rispondere, se provassi a spiegare loro tutto il caso perderei solo tempo e io non ne voglio perdere, chi vuole imparare impari altrimenti vada per la sua strada. -
Pensandoci meglio, mi resi conto che avevo sforato il mio tempo di relax. Da quando avevo acceso il mio Montecristo a quando quei due ignoranti avevano interrotto il mio riflettere erano passati venti minuti, dunque ero in ritardo di cinque. A dir la verità, non dovevo neanche perdere quei quindici minuti passati nel cortile, ma a differenza dei cinque minuti sforati, era tutto calcolato. Io già conoscevo il professore che sarebbe arrivato e sapevo, con assoluta certezza, che veniva da Varese. La lezione di disegno incominciava alle 8.50 e lui, da genio che era ( ovviamente è ironia), prendeva il treno delle 7.30 che, da Varese, arrivava a Milano Centrale alle ore 9.00 e impiegava altri cinque minuti in più per arrivare all'Accademia. Era da tre anni che ripeteva questa routine, a detta del mio amico Giustino che aveva frequentato l'accademia prima di me, ovviamente però, non fidandomi solo delle sue parole, testai il tutto di persona molti mesi prima, venendo ad assistere alle lezioni come semplice spettatore per darmi una regolata. Piuttosto che aspettare in classe, avevo preferito distrarmi in cortile, tuttavia non avevo fatto caso all'orologio e al mio soliloquio e inoltre non avevo finito di fumare il mio sigaro e fui costretto a spegnerlo strofinando la parte bruciata e a buttarlo via; di solito riuscivo a fumare un sigaro in quindici minuti, se andavo di fretta ma forse, dal momento che stavo parlando da solo, avevo tirato meno boccate e avevo fumato di meno.
Corsi fino all'aula di disegno più velocemente che potetti e, in caso la lezione fosse già iniziata, entrai da una porta secondaria collegata alle ultime file. Vi era decisamente più gente rispetto alla lezione di pittura e il professore aveva ancora la giacca in mano e doveva ancora posare la sua ventiquattrore sulla sua cattedra, segno chiaro che era entrato da poco ma che ancora non aveva fatto le presentazioni d'inizio del programma, anzi non ne aveva proprio fatto cenno.
Mi sedetti in quartultima fila e riattivai il mio telefono sulla modalità registrazione, in modo da non perdermi o tralasciare una singola parola. A differenza del precedente docente, lui non fece alcun appello e passò alla spiegazione del corso e alle indicazioni per le fonti.
Rispetto alla lezione di pittura, come ho detto, eravamo molti di più e quindi, per riuscire a mantenere la concentrazione, il docente avrebbe dovuto impegnarsi al massimo: non solo fare il suo lavoro, ma anche attirare l'attenzione senza risultare ridicolo. Tutte qualità che lui, a quanto mi parve...non ricordava di avere. Perché dico questo? La mia prima lezione di disegno fu una boria totale e il tempo sembrò passare così lentamente che, in confronto, un vecchio trattore di campagna per l'aratura dei campi era più veloce di esso.
Lo osservai meglio. Era fisicamente stanco, come se non avesse dormito abbastanza e aveva ancora i segni del cuscino sui suoi capelli grigi e sciatti, probabilmente non usava spesso il pettine, inoltre notai che non si era sistemato la camicia, o meglio il colletto, in maniera decente e, per di più, era mal rasato. Oltre ad avere un aspetto sciupato, in ogni arco di tempo che durava dai sei ai nove minuti sbadigliava mettendosi una mano alla bocca e il suo modo di parlare era lento e pacato e si sentì perfettamente, dalle vibrazioni emesse dal microfono, che stava spiegando con una indifferenza disarmante come se qualcuno, ironicamente e metaforicamente parlando, quel giorno lo avesse forzato a lavorare. Anzi, in verità sembrò che non gliene importasse nulla. In un certo senso, la sua espressione mi parlava ancora meglio della sua lingua e spiegava chiaramente che quel giorno non aveva proprio alcuna voglia di lavorare e che avrebbe preferito essere da un'altra parte piuttosto che lì. Non mi sorprese affatto che nel giro di venti minuti, le matricole cominciarono a fare altro.
Io tentai di rimanere concentrato ma, ahimè, il suo parlare era talmente lento che lasciai che fosse il mio cellulare a registrare quel mortorio e, dentro di me, pensai mettendomi una mano sul viso - Ho gettato mezzo Montecristo per niente. -
Dal momento che non avevo terminato il mio precedente sigaro, avevo ancora voglia di fumare. E' un mio vizio, se lascio a metà un sigaro non mi sento completamente soddisfatto e devo per forza fumarne un altro e già stavo per nascondere il cellulare e tornare in cortile ma all'ultimo secondo, quando stetti per alzarmi in piedi, mi arrivò un'altra notifica proveniente da un quotidiano online.
Dopo aver pulito con un pezzo di stoffa il vetro dei miei occhiali, ripresi il cellulare e cliccai sulla notifica. Appena il contenuto si aprì, cominciai a leggere e scoprii che era una notizia del Sole24ore, risalente al giorno prima, con titolo a caratteri cubitali:
TROVATO MORTO ALLE 21.25, NELLA SUA ABITAZIONE IN CENTRO, IL GIORNALISTA PAOLO MELONI. IL KILLER E' LA DONNA IN NERO.
Quel titolo mi lasciò sbigottito però anche confuso, ma tralasciando la mia prima impressione, cominciai a scorrere per leggerne il tutto:
"Ieri sera, alle ore 21.25, a seguito di una chiamata da parte di tre vicini confermando di aver udito due spari provenienti dalla sua abitazione, una squadra di carabinieri è giunta davanti alla porta di casa del noto giornalista Paolo Meloni, nelle vicinanze di Piazzale Loreto, al primo piano.
Una volta giunti sul posto, gli agenti hanno notato subito che qualcosa non andava bene. La porta era aperta e la serratura malmessa, come se fosse stata forzata da una leva.
Entrati in casa, gli agenti si sono ritrovati in un ambiente dove regnava un soqquadro impressionante: il salotto è stato completamente ribaltato e numerosi cassetti sono stati rivenuti aperti e il contenuto gettato per terra. Oltre al salotto, anche la camera da letto e lo studio del giornalista sono stati trovati nelle medesime condizioni e, a detta della polizia e dei familiari della vittima, mancherebbero alcuni preziosi monili appartenenti al giornalista e sua moglie Angela, vedova, oltre ad alcuni risparmi destinati ai nipoti.
Ma è stato più raccapricciante il ritrovamento del cadavere del giornalista, nascosto dietro un divano rosso. Al momento della sua morte, egli si trovava in bagno e, sentendo il rumore della porta aperta, è uscito scalzo e bagnato dalla doccia. Ad aspettarlo il colpevole che, con una pistola gli ha sparato due colpi in testa, dopodiché lo ha nascosto dietro il lungo divano adiacente al muro. Una volta compiuto il delitto, il criminale ha svaligiato la casa portandosi via, oltre ad alcuni monili e i soldi, anche carte di credito.
Uno dei vicini, giura di aver visto il colpevole fuggire da una delle finestre dell'abitazione del giornalista. La conferma nella testimonianza è provata dalla finestra rotta del salotto, gli agenti non hanno dubbi che sia stata fracassata dall'interno e che sia riuscito a scappare lanciandosi giù. In strada, molti sostengono di aver visto il colpevole scappare ma non è stato possibile identificare l'omicida dal momento che aveva il volto coperto da una maschera e che era vestito di nero, una vestaglia per l'esattezza ma si è chiarito, in base alle numerose affermazioni dei passanti presenti nella zona, che la sua corporatura sia robusta e di altezza media.
Gli agenti affermano senza ombra di dubbio che la famosa e pluriomicida criminale conosciuta come La Donna In Nero sia colei che ha ucciso a sangue freddo il giornalista anche perché, prima di sparire, ha lasciato sul pavimento del salotto una statuetta nera raffigurante una venere, e una scritta su un foglio di carta con scritto in inglese "La mia sete di sangue non è finita, questo è l'inizio del vostro calvario", con la sua firma. In ultima analisi, la famigerata criminale, pluriomicida, pericolosa serial killer conosciuta come la Donna in Nero, autrice e colpevole di orrendi e macabri ed efferati delitti sia arrivata in Italia, la polizia è all'erta e pronta a darle la caccia. Sul pavimento sono state ritrovate impronte di scarpe sporche di fango, e impronte digitali."
Io rilessi per altre due volte l'articolo pubblicato online e, una volta riletto, tirai un sospiro malinconico e uscii nuovamente fuori dall'aula. Ero abbastanza confuso per riflettere sulla notizia che avevo appena visualizzato, dovevo per forza fumare un altro sigaro così da poter riacquistare la concentrazione, anche perché avvertivo già una certa astinenza che mi sale ogni qual volta non riesco a finire quello precedente.
Uscii di nuovo nel cortile, mi risedetti sulla panchina e tirai fuori dalla tasca un altro sigaro Montecristo e lo portai alla bocca, dopodiché avvicinai l'accendino alla punta e ricominciai a gustare ed aspirare il tabacco aromatizzato e, una volta che mi fui calmato, cominciai ad analizzare a pieno ogni dettaglio di quest'altro delitto.
Avendolo riletto più di una volta e avendo memorizzato con assoluta precisione ogni più piccolo dettaglio, capii da subito che c'era qualcosa che non andava.
- In questo caso vi sono una copiosa quantità di incongruenze e di particolari che gli agenti, forse per disattenzione o altro, non hanno affatto pensato o che hanno tralasciato. Essi hanno tratto conclusioni affrettate e hanno davvero creduto - mi fermai per sorridere - Che la Donna in Nero uccida in questo modo così scontato.
Probabilmente si sono fermati alle apparenze, gli è bastato trovare una scritta minacciosa in lingua straniera e una statuetta di una venere in marmo nero per affermare senza ombra di dubbio che c'è il suo zampino quando lei, non solo è in Italia da un po', ma ha già commesso cinque delitti che, a quanto pare, non si sforzano di collegare ai numerosi omicidi commessi all'estero. Non hanno capito ancora che le apparenze possono ingannare e che qualcuno che l'ha capito sta usando il caso e le molteplici perplessità di un mistero così grande per nascondere il proprio crimine. -
Fu proprio da quei due particolari considerati "schiaccianti" dagli agenti ( la statuetta nera e la lettera minatoria) che ebbi già dei dubbi sulla veridicità del caso. Studiando e indagando da un po' sui terribili casi di delitto commessi dalla Donna in Nero avevo creato una specie di identikit mentale dell'assassina e dunque pensai - Queste due cose stonano con la sua psicologia e il suo carattere. La Donna in Nero, oltre ad avere un carattere infantile,perché dietro ai suoi omicidi vi è il movente vendicativo, la rabbia e il rancore che ne creano un'ossessione compulsiva, non è così stupida da farsi pubblicità con una tale messinscena; lei è molto riservata e a lei non importa del potere, della fama, anzi lei non vorrebbe che si parlasse di sé stessa in giro. Anzi, per la vera Donna in Nero, questo articolo potrebbe essere una manna dal cielo, lei reagirebbe così " Questa notizia è un colpo di fortuna per me, se arrestassero questa criminale che tenta di imitarmi e che ha usato questo nome creato dai media, sarà come se avessero arrestato la vera Donna in Nero, e quindi io sparirei dai media e chiuderebbero il caso e io sarei libera e, quando scopriranno che la linea dei delitti non finirà fin quando non lo vorrò io, le forze dell'ordine cammineranno nuovamente fra le tenebre più oscure cercando un altro colpevole e io ne sarei immune, perché la Donna in Nero o è morta o è in prigione".
Lei odia l'immagine e il nome che i media le hanno dato, lei non vuole la fama ma anzi, sentendosi torchiata, continua a commettere le sue nefandezze, ma allo stesso tempo tenta o spera di distruggere la sua stessa figura per essere nuovamente "libera" di agire nell'ombra.
Deve essere così, non c'è altro ragionamento che una infantile ma precisa e attenta criminale possa formulare.
Quest'altra criminale, che non è per niente la sua imitazione, sta usando questo caso per nascondersi ma allo stesso tempo farsi pubblicità, probabilmente è una persona insicura che crede di essere furba, e in effetti lo è per chi non riesce a vedere al di fuori di ciò che è o potrebbe essere evidente. Lei tenta, anzi crede che indossando una vestaglia o firmandosi come la Donna In Nero, di imitarla quando è fin troppo chiaro che, per i modi con cui è entrata, ha commesso il delitto e perché, non le assomigli per niente. I due casi insomma non si assomigliano affatto.
Però c'è un particolare che potrebbe essere fondamentale per le mie indagini: la lingua. Non credo assolutamente che la Donna in Nero possa essere un'italiana. Il primo omicidio a Sacramento me lo conferma, a meno che non sia un'italo-americana e inoltre, per essere stata in così tanti luoghi del mondo per commettere i suoi crimini dovrebbe avere una buona padronanza della lingua, e forse più lingue e quindi c'è il 78% di probabilità che sia una straniera o, in caso io mi sbagliassi che sia poliglotta e che sappia imitare bene gli accenti stranieri oltre che la lingua.
Quest'altra, direi che ha una scarsa padronanza della lingua, ne son sicuro. -
Come lo sapevo? Dalla foto che ho trovato, raffigurante il messaggio, vi era scritto "My Thirst for Blood is not over, this is the beginning of your ordeal". Dato che io sono italo-americano, riuscii immediatamente a cogliere l'errore: per dire sete di sangue si usa il sostantivo BloodThirstiness. Capii, e anche con una certa frustrazione, che il sospettato aveva usato un traduttore online, anche perché provando a scrivere la frase minatoria in italiano e dopo aver aspettato la sua "traduzione" uscì lo stesso identico risultato, il messaggio era identico, uguale. Ora vi era il 98% di probabilità che i casi non combaciassero e che il colpevole fosse un'italiana poco furba.
Questa volta riuscì a terminare il mio sigaro senza alcun intoppo e senza interruzioni, arrivando all'unione aromatica del dolce e del sapido del Montecristo, incrociando sapori legnosi e vegetali. Meraviglioso, un tripudio di sapore unico che mi rese finalmente soddisfatto.
Stavolta guardai l'ora e mi resi conto che la lezione era finita e fino alle quattro di pomeriggio avrei avuto tempo libero sufficiente per continuare a indagare su questi due casi, allora tornai in classe, presi il telefono e mi congedai dall'Accademia, tornando in bicicletta all'appartamento in periferia.
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