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UN KILLER VENUTO DAL FUTURO (Il Triangolo Verde) - prima parte

“Cosa ci fa un ragazzo così candido in un paese così freddo come questo?” gli domandò la sua amica di sempre quella rigida domenica di novembre per la periferia di Budapest, mentre rincasavano per il pranzo domenicale, all'imbrunire. Manco Hanna riusciva a scaldargli il cuore al povero Pete, mentre udivano di sottofondo i canti dolci degli zigani e le dissonanti fisarmoniche dei senzatetto intenti a scippare la fame per quattro miseri soldini. Faceva veramente freddo quell'anno in Ungheria – lo stesso freddo che era stampato da sempre in faccia a Pete: quelle labbra sottili, gli occhi trasparenti, con due fosse al posto delle guance, il mento sporgente col tipico profilo brachicefalo, perlopiù senza i lembi delle orecchie completamente attaccate alla pelle, coi capelli biondi e ben pettinati. Inutile dire che era di origine tedesca. Suo padre era nato in Germania e ritrovandosi proprio in Ungheria a fine guerra si sposò una ragazza del posto stabilendosi definitivamente nella capitale. Pete aveva ereditato senza dubbio il fisico dal padre, e poteva essere scambiato certamente per un gerarca nazista, se non per il fatto che fosse veramente timido, di animo piccolo – tutto sua madre. Con lui, la -fisiognomica- avrebbe peccato in pieno. Ma, come tutti i “pusillanimi”, anche lui doveva fare i conti con questa società sempre più severa. Implicato nella droga grazie alla sua unica compagnia di ragazzi con cui era costretto da sempre a uscire, pena -la Solitudine- gli balenò in mente l'idea di andarsene definitivamente dalla capitale della droga. Come molte regioni dell'Est-Europa, anche Budapest vantava oltre al commercio dell'oro, anche del traffico di droga, e la polizia stava ricercando anche lui, incaricato da quando si era fatto la patente di portare in giro i suoi compagni di dis-avventure dal venditore spacciatore all'acquirente, comprando quindi la merce per poi rivenderla ad altri, facendoli a loro volta spacciatori, come gli stessi venditori. Da aggiungere alla loro critica posizione, anche una serie di furti e rapine di negozi per le vie del centro – fuggendo sempre in quarta con la targa coperta o fasulla, per non parlare delle lunghe attese nei vicoli bui mentre i suoi “amici” concludevano qualche piccolo conto in sospeso... ma Pete non ne poté più! Non aveva possibilità di sviluppo, di crescita – perlopiù interiore. Così una sera abbandonò i nonni con la quale viveva, avendo i genitori scomparsi, l'amica Hanna, la sua “romantica”, storica quanto illegale città natale e tutti i suoi falsi amici che il destino, accidentalmente, gli aveva affidato fin dai tempi dell'asilo.
Partì senza dir niente a nessuno, un giorno per caso – senza pensarci troppo, mentre il sole si ritirava dietro la città, intento a farsi una vita onesta, in un paese onesto e con gente onesta. Destinazione – Italia! Pete – ora Pietro – conosceva abbastanza bene l'italiano grazie ai suoi nonni che fin da piccolo gli insegnarono bene la lingua, considerata da loro la “lingua madre”. Partì solo, con l'ultimo treno diretto a Milano, questo non prima di essersi fatto il diploma iniziando già a lavorare ancora prima che finisse gli studi, dapprima in nero – poi in regola fino alla sua improvvisa partenza, ritirando qualche giorno prima tutto il conto – seppur misero – che possedeva, e facendo sparire qualche nota somma dal traffico dei suoi ormai vecchi amici tossicodipendenti. Arrivò la mattina seguente, e di tutte le belle città dove poteva alloggiare, dalla stazione Centrale prese il treno per Varese per stabilirsi definitivamente a Legnano. Certo un paesino fuori-mano, giusto per farsi una vita tranquilla, perlomeno illudendosi di farsela... Fece sparire il cellulare disattivando definitivamente il numero, e riuscì a trovarsi immediatamente un'occupazione per sopravvivere, perfezionandosi poi nella lingua frequentando corsi serali di italiano presso il liceo della città. Aldilà del lavoro, difficile fu per Pietro farsi una vita – sociale – trovando degli Amici... veri. E li trovò, certo, nell'estate successiva mentre girava per vacanza nel sud-Italia, precisamente a Vieste, nel Gargano. Tre ragazzi, Luca – Fede e Samu, che Pietro seduto in un bar dei tanti sul lungomare, li sentì parlare di Gallarate, niente affatto lontano da Legnano, così da unirsi a loro con la Promessa di rivedersi ancora, al loro rientro.
Buffo pensare che da un semplice incontro ti ritrovi immerso in un universo fatto di conoscenze e giri di persone che vivono proprio accanto a te – dietro l'angolo. E da quell'estate Pietro si ritrovò a conoscere un sacco di ragazzi della sua età, e poco più giovani. Lo chiamavano già il “crucco”, per via dell'aspetto, scusandosi che i tedeschi erano volgari, con quell'accento che metteva paura a chiunque li ascoltasse, mentre lui con quella bocca parlava fin troppo bene l'italiano – meglio di loro o di chi ci era nato! Si riunivano nel weekend sempre a casa di Fede, lui pronipote dello stilista Valentino, un ragazzo veramente alla moda, tirato – se non fosse per le canne che si fumava già alla tenera età di 14 anni e ora, 17enne, per ogni cosa che gli chiedevi non si ricordava dal naso alla bocca. “Che bello non essere neanche maggiorenne e avere il cervello già in pappa!” borbottò Pietro, tra sé e sé. Abitava in una delle lussuose residenze dello stilista, alla periferia di Gallarate, e avendo i genitori anch'essi implicati nella moda, aveva casa libera praticamente tutti i weekend. Poi si ritrovavano con altri in piazza, per andare a bere. “Ogni mondo è paese” – e anche qui Pietro avrebbe avuto modo di rivedere una sua vecchia conoscenza: non Hanna – bensì la droga! Se si fosse spostato ancora di più a occidente di certo la situazione non sarebbe affatto migliorata. Forse, avrà pensato, doveva andare in oriente, trasferendosi per esempio in Cina, oppure in Giappone, in qualche posto di beatitudine, nella quale si viveva scambiandosi favori – l'umiltà – dove l'orgoglio era considerato un peccato, cosa che invece qua o nella sua città natale regnava sovrano. Tanti, desideri – i sogni profetici – ma intanto si trovava ancora in macchina a fare la stessa cosa che faceva nella sua terra: aspettare. Sì, ad aspettare i suoi nuovi amici che dovevano acquistare Quella roba nel parcheggio del mercato di Somma Lombardo, non lontano dal Pizza-Club dove il proprietario della gestione era un suo cliente, rimanendo solo in macchina con Luca – forse la sua unica consolazione – che lo intrattenne parlando del più e del meno. All'apparenza l'unico più sano della compagnia, con la quale ebbe modo di parlarci liberamente, delle cose più intime, quelle più riservate – delicate, come la vita, la famiglia, gli amori. Di tutto e di più, intraprendendo così una relazione “sentimentale”... umana!
Quella sera, quel venerdì sera, Pietro era annoiato a morte: stanco dopo una settimana lavorativa passata in officina e i corsi serali di lingua, aveva semplicemente sonno. Sbuffava e sbadigliava ad intervalli regolari, stanco di attendere cose inutili quanto dannose. L'eterno ritorno – la situazione era perfettamente analoga a quella di Budapest – e Pietro di sentì a disagio, se non per la presenza di Luca, che Pietro chiamava sempre Lucio, data la perfetta somiglianza col cantante che i suoi nonni gli facevano sentire dal mangiadischi. Quella sera andò male ai ragazzi, o meglio – andò molto bene a Pietro, dato che la “gente bassa”, come li definiva, non si presentò a loro. “Che strano, solitamente sono puntualissimi: abbiamo aspettato più di mezz'ora, ma niente!”. Fumarono una sigaretta. Poi, complice il freddo, fecero marcia indietro ritornando a Gallarate e rincasando tutti a casa di Fede. L'indomani la notizia – i tre spacciatori, conoscenti stretti dei tre amici di Pietro, erano morti a coltellate poco prima dell'appuntamento, ritrovati in due punti differenti che congiungevano nel parcheggio del mercato di Somma Lombardo. Uno ritrovato solo pugnalato alla schiena, gli altri due insieme, uno alla pancia e l'altro sgozzato. Un bagno di sangue che Pietro – ironia della sorte – sognò giusto la sera prima, nella notte di giovedì, dopo essere stato informato nel pomeriggio di uno strano appuntamento cui stava organizzando Samu insieme ad altri per la sera successiva e che Pietro sospettò si trattasse subito della sua vecchia “amica”... “Bisogna stare attenti e metterci veramente in guardia – sapete che ci potrebbero accusare di omicidio? Spero solo non ci siano state telecamere in quel parcheggio e che nessuno ci abbia visto girare da quelle parti.” si preoccupò Samu, il più duro dei tre, continuando: se mio padre venisse a saperlo, di quello che faccio fuori – addio tutto!” - “E allora perchè continui?” domandò Pietro, senza fare lo scontroso. “Be', caro Pietro, l'erba è molto richiesta – lo sai che la droga non la batte nessuno. Riusciamo a campare con quella, vedi tutte le cose che ho addosso? Sono di marca, e non è di certo mio padre che mi passa tutti i capitali per quello che indosso – solo facendo girare Quella merce riesco a ottenere altra merce. Dovrebbe essere questa la -legge del mercato- ti pare?” Allora Pietro senza contestare sorrise rispondendo: “Così pare. E cosa mi dici della neve – passa da queste parti?” Intervenne Luca: “Siamo in ottobre Pietro, è ancora presto! Poi siamo ancora piccoli, certe cose lasciamole lontane per il momento. Giusto a Milano.” - “Milano? Quindi la vostra -merce- non viene da Milano?” s'incuriosì Pietro. “Niente affatto, la nostra arriva dalle Alpi svizzere, anche se a noi ce la rivende uno di Albusciago, una piccola frazione di Sumirago, da un personaggio fra l'altro famoso, si fa chiamare Monsieur le Vent, conosci?” - “Direi di no... il Vento?” fece finta di interessarsi, Pietro. “Esattamente, -le Vònt- anche se per quello che ci da, si potrebbe chiamare – la Mer!” fantasticò Fede, sempre sballato - “Sì, la Merda!” ribatté Pietro, ironizzando, fra sé e sé. “Sì, ma noi non riusciamo a localizzare la fonte!” lamentò Samu. “La -fonte-?” - “A noi ce la rivende Monsieur le Vent l'erba – sappiamo benissimo che viene dalla Svizzera, ma non sappiamo da chi si rifornisce!” - “E perchè vi interessa così tanto?” - “Ti spiego-” si concentrò Samu, con un atteggiamento più professionale, “Solo una parte noi ce la teniamo per fumare, l'erba, capisci? Il resto la rivendiamo a quelli più piccoli di noi – i primini – ragazzini appena entrati alle superiori, alle -prime armi- così che vogliono entrare nel giro del fumo, oppure ai nostri coetanei – gente che conosciamo da una vita che vogliono un -cinquello- o un -deca- oppure qualcosina di più. Niente di che, ma per le rivendite noi, con quello che ci costa, non ci ricaviamo granché, ok? Magari ci si guadagna un 50/60euro, ma è da dividere per noi 3, e vanno via come niente! C'è di buono che a Natale o meglio, Capodanno, così come a Pasquetta e Ferragosto – anche noi lavoriamo tanto – c'è una grandissima richiesta, si parla tipo di un etto o 2, alle volte anche mezzo chilo per giro e allora riusciamo a guadagnarci veramente un botto e respirare meglio, ma uno come -le Vònt- ci guadagna i milioni!!” spiegò dettagliatamente Samu, mai visto così “distinto” da Pietro. Duro sì, così professionale – mai: un discorso liscio come un burro spalmato, il miele colato. Fossero così i ragazzi di oggi, a scuola. Erano seduti nel cucinotto mentre facevano colazione nella lussuosa villa di Fede. Una di quelle -stile Tudor- con piscina sia interna che esterna, la veranda che dava su di un grand giardino d'erba ripartito di tanti vialetti a labirinto e un paio di laghetti ben squadrati. L'avevano accolto bene questo Pietro che, nonostante i “Castelli”, certamente di carta, non finse più il suo dissenso per il traffico di droga. Se fossero andati avanti così, chissà che fine avrebbero fatto – forse in prigione, forse in comunità – o assassinati per qualche piccolo conto in sospeso. Quel sabato però l'attenzione di Pietro si soffermò su Quel vago sogno di giovedì notte: era sicuro che fosse lui su quelle stradine, poco prima dell'appuntamento -circa le 21- dietro quei ragazzi, col pugnale in mano, pronto per farli “sparire”. Aveva dei nomi in testa, due sicuro – Moro e Jack. Così si azzardò di rivelarne i nomi ai 3 Amici. “Sì, e tu come fai a saperlo??” domandò sospettoso Samu. “Non li avete citati giusto ieri quando ci stavamo dirigendo da loro?” improvvisò Pietro. “Moreno, Giacomo e Tristàn – sì proprio loro” (infatti Pietro ricordava la “T” come iniziale dell'ultimo...) “Erano i più fidati, adesso mi sa che ci dovremmo rivolgerci direttamente a le Vent, anche se sarà difficile...”.
Nel frattempo, Pietro ebbe modo di conoscere il compagno di scuola di Samu, “Al” – che stava per Alfredo – la copia esatta di Al Pacino dei tempi d'oro, da qui il suo diminutivo. Non l'aveva conosciuto direttamente, all'inizio. Gli commentava, sotto consiglio e suggerimento di Samu, nelle pagine dei “social” di Pietro per inserirsi poco a poco, come compromesso per Presentarsi, e infine conoscerlo di Persona. Era chiaro che Luca, Fede e Samu avessero, da 17enni, un sacco di conoscenze, giri... Amici. La gente certo non arriva dal nulla – fatta eccezione di Pietro. E questo Al lo conobbe durante un aperitivo in piazza a Gallarate, al Martini-Club. Un Mediterraneo, se non proprio siculo questo Al, che sembrava veramente uno di quegli attori o cantanti della “Compagnia Bella”, originari della Sicilia e trapiantati a Broadway. E proprio come Loro, chissà in quali giri era implicato, quella faccia da “furbacchione”, con una puzza sotto il naso che Pietro già gli fiutava ancora prima di stringergli la mano. Gli piaceva ma non gli piaceva – se solo fosse stato inserito veramente nell'Arte e non nella droga... Sapeva che Samu e Al erano molto legati – compagni di banco oltre che di vita. Dormivano sempre insieme e sempre a casa di Al, che risiedeva pressoché in centro a Gallarate. Proveniva dall'hinterland milanese, quindi era abituato alla vita di città – e a qualcos'altro. Pare, secondo i racconti di Samu, che avesse dei -precedenti-, certo nulla di grave, qualche furto di piccoli negozi e l'arresto “in borghese” per il possesso di qualche grammetto di erba. “Ah, i ragazzini!” si disse Pietro, al racconto di queste misere vicende. Per farla breve, finì anche lui nell'appartamento di questo Al. Uno di quelli lussuosi, situato nelle vie del centro. “Hai visto che bello, eh?!” ma a Pietro non gliene importava niente – la sua mente era altrove, viaggiava per la periferia in cerca di aria, di Amici veri – e non giri loschi. Come si potrebbe apprezzare un lussuoso appartamento di città quando poco più fuori ci stavano le cascine, le case di una volta, coi giardini, i campi – i fiori! “Che dispiacere, però.” si rattristava Pietro, vedendo le nuove generazioni – come la sua – andare in malora per le cose “materiali” e poco Umane.
La Primavera tardava ancora ad arrivare – il tempo era quello che era, ma Pietro ebbe occasione di intensificare le sue apparenti Amicizie, andando a conoscere, tra -un traffico e l'altro-, tanti nuovi ragazzini, in modo da potersi scegliere con chi stare dopo il lavoro, dove andare e con chi, cosa potendo fare, anche di diverso da Quei giri. C'era di buono che Pietro non fu mai più solo – ad ogni -disagio di solitudine- che avvertiva dopo il lavoro, o nei momenti morti, ecco che puntualmente gli arrivava qualche chiamata o messaggio. Fuori Gallarate, verso il nord, nei paesini di periferia, ci stava un gruppo di ragazzini che Pietro aveva già notato in centro o giusto negli angoli dello “scambio”, della “compra-vendita”. Erano ancora visi candidi, leggermente “retrusi”, come quelli dei bambini, a cui Pietro si attaccò molto, nella loro innocenza che stavano però via-via perdendo. Accolsero Pietro con affetto, e anche lui legò molto, facendo tutto il possibile e sperando vivamente di rimetterli sulla buona strada. Una ventina di ragazzi con la quale poteva uscire liberamente dopo il lavoro e nei week-end dalla mattina fino alla sera, per poi unirsi al quartetto “losco” di Gallarate, con assoluta indifferenza su come passava il resto del “free-time”. Ed era veramente libero il tempo che consumava coi ragazzini per i paesini di Besnate, Arsago e Jerago. Fra i giardinetti, le scampagnate in bicicletta lungo i campi, le partite all'oratorio di calcio-balilla e quelle del biliardo nei baretti, in giro la sera nonostante ancora il freddo – da tanto Pietro non si sentiva così bene, divertito e in qualche modo rilassato. Tutto quello che aveva perso per colpa degli -altri-, grazie ad -Altri- ora lo stava recuperando alla grande. Le compensazioni.
Ma si sa, dei gruppi: lo dici a uno – e lo sanno tutti. Erano giovani molto uniti fra loro, “The Suburbia Family” si facevano chiamare, la Famiglia di Periferia e nei piccoli paesini la gente parla e non si poteva confidare niente a nessuno che l'intero gruppo, a tempo 0, veniva a saperlo. La mente di Pietro viaggiava oltre la velocità della luce – non poteva fermarsi o meglio limitarsi a un gruppo così “chiuso”. Con la sensibilità e l'infinita gentilezza che possedeva il ragazzo, poteva benissimo farsi strada e arrivare perfino a ricevere un Nobel per la Pace, invece si ritrovò ancora in macchina – nella sua fra l'altro – in compagnia dei 3 più Al. I pacchetti o meglio, le “mutande”, ripartite in diverse quantità di grammi, venivano recapitate a loro fuori dalla stazione di Gallarate. E da lì iniziava un lungo e noioso giro dello spaccio per la città e dintorni. Uno spreco di tempo, oltre che di benzina. Rinunciava a godersi il weekend in beatitudine dopo la settimana intensa pur di stare in compagnia... sì, di gente sbagliata. Avevano un itinerario ben impostato in base alle richieste delle stesse persone, perlopiù loro compagni di scuola sparsi per la periferia e paesini attaccati come Cassano Magnano, Cardano, Busto Arsizio e Ferno. E proprio a Ferno, non dopo aver venduto l'ultimo “deca” fuori dalla stazione, fermi ad un semaforo, fu questa volta Pietro a proporre una cosa ai ragazzi, più precisamente a Samu e Fede, gli unici presenti nella sua vettura, dato che Luca venne lasciato con Al e gli altri, a Ferno. Certamente lontano dal giro del “verde”, Pietro chiese a loro di potergli concedere – a turno – qualche minuto con lui, in Pace, nella propria macchina. Pietro aveva una passione innata, un gusto che certo rimanda alle vecchie tradizioni non dell'Est, ma di più lontano ancora, e non solo nello spazio ma anche nel tempo, delle “dottrine” orientali, trascritte e tramandate lungo i secoli, e di difficile comprensione per l'essere occidentale, che agisce esclusivamente in base ai propri istinti, certamente animaleschi. Il massaggiare i piedi – essendo feticista sì, ma oltre la passione ritenuta o meglio classificata -perversa-, la consapevolezza e la cultura che tale pratica eserciti un beneficio generale a chiunque la riceva, seguendo le tradizioni molto più ad Est di dove proveniva – dell'Oriente. Adorava i piedi, indipendentemente dal sesso, e dall'età. Così ignorati da molti eppure estremamente importanti, come tutte le parti che compongono il Corpo Umano, dove sono trascritti – come nella Mano – tutti i segreti e i codici dell'Esistenza. Pietro si scusò semplicemente dicendo che tale pratica procurasse uno stato di “trance”, di totale rilassamento, alla pari o migliore di tutta la Cannabis che si fumavano. Certo una richiesta molto imbarazzante, per la quale Pietro trovò difficile domandare, cercando di esprimersi nel modo più semplice possibile, magari divagando sul perchè proprio i piedi e non altre parti del corpo, più o meno intime. Ma un perchè non ci poteva essere – era una sua passione, altro non poteva aggiungere, anche se un suo im-probabile obiettivo era quello di “calmare” i ragazzi, facendoli distendere e rilassandoli per bene, proponendogli di pagarli così da “mantenerli” al fine di tenerli lontani dal -traffico- della droga, distraendoli, con la misera Speranza di fargli rinunciare totalmente ad essa – cosa che aveva tentato, invano, di fare coi suoi vecchi compagni connazionali. Ma Samu e Fede erano ben a corrente di questa sua passione o, in termini occidentali -perversione-, perchè Luca gliel'aveva già concessa questa cosa dei piedi, facendosi pagare bene, molto bene per un ragazzo di soli 17 anni, e i due presenti erano già stati informati di Questo, così da tirarsi soddisfatti un sorriso “sinistro” o meglio malizioso, perchè era questione di tempo dato che prima o presto sarebbero stati proprio Loro a chiederglielo se Pietro non avesse tirato in ballo la storia proprio in quel momento. Questo sempre in cambio di un sacrificio economico, perchè si sa che nessuno fa niente gratis – eccetto Pietro – che riconfermò fra sé di aver sempre sbagliato strada, e non quella del ritorno...


Fine Prima Parte.




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Racconto scritto il 30/06/2019 - 14:30
Da Pietro Valli
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