Il buio si accartocciava intorno a lui, stritolando il suo campo visivo.
Tremante dal freddo camminava insicuro sul ciottolato, inciampando ogni tanto su qualche sassolino scappato all'uniformita'.
In qualche minuto raggiunse la sua destinazione: il parcheggio degli autobus. Riuscí a trovare il suo, facendo uso esclusivamente della memoria. Nemmeno lí si aveva uno sprazzo di luce.
Muovendosi a tentoni e tastando la fiancata riuscí a trovare la porta dell'autobus e salí a bordo.
Un breve respiro. infilo le chiavi e mise in moto. le luci dei fari, prepotenti , aprirono un buco nel buio. Il ghiaccio che ormai da anni prosperava venne illuminato nitidamente. I pistoni saltavano nei loro cilindri, spingendo frenetici l'albero motore che a sua volta, grazie al complesso sistema di ingranaggi, metteva in moto le ruote.
Tolto il freno a mano inizio a scivolare sul asfalto.
Guidava piano seguendo la strada tracciata dal suo gps. Non ci volle molto perche arrivasse il primo squillo, si fermo pochi metri dopo e fece salire i primi due passeggeri, una signora anziana e il suo nipotino. Entrambi avevano un colore grigiastro, dovuto, molto probabilmente, alla mancanza di vitamina D, neccessaria quanto ormai rara. svolti i consueti convenevoli, richiuse le porte e riparti. un altro squillo, fermarsi, salutare, chiudere, ripartire.
Un paio di fermate furono, per sua fortuna, silenziose.
Il traffico non rappresentava un problema giá da molto tempo, da quando le auto a benzina vennero messe al bando. Ora viaggiavano solo gli autobus e, anche se raramente, auto elettriche.
Ventisette squilli dopo, circa mezz'ora piú tardi, arrivó stracolmo, al capolinea. Fece salire i passeggeri, li saluto, ma non chiuse le porte. Scese dal autobus, si stiracchio un pochino. Cammino avanti e indietro. Gli mancava avere la nicotina in circolo. si mise davanti ai fari e sfruttó la luce per controllare il suo orologio, mezzogiorno e dieci, la pausa era finita.
Si mise al posto di guida, chiuse le porte e ripartí inghiottito dal buio.
Tremante dal freddo camminava insicuro sul ciottolato, inciampando ogni tanto su qualche sassolino scappato all'uniformita'.
In qualche minuto raggiunse la sua destinazione: il parcheggio degli autobus. Riuscí a trovare il suo, facendo uso esclusivamente della memoria. Nemmeno lí si aveva uno sprazzo di luce.
Muovendosi a tentoni e tastando la fiancata riuscí a trovare la porta dell'autobus e salí a bordo.
Un breve respiro. infilo le chiavi e mise in moto. le luci dei fari, prepotenti , aprirono un buco nel buio. Il ghiaccio che ormai da anni prosperava venne illuminato nitidamente. I pistoni saltavano nei loro cilindri, spingendo frenetici l'albero motore che a sua volta, grazie al complesso sistema di ingranaggi, metteva in moto le ruote.
Tolto il freno a mano inizio a scivolare sul asfalto.
Guidava piano seguendo la strada tracciata dal suo gps. Non ci volle molto perche arrivasse il primo squillo, si fermo pochi metri dopo e fece salire i primi due passeggeri, una signora anziana e il suo nipotino. Entrambi avevano un colore grigiastro, dovuto, molto probabilmente, alla mancanza di vitamina D, neccessaria quanto ormai rara. svolti i consueti convenevoli, richiuse le porte e riparti. un altro squillo, fermarsi, salutare, chiudere, ripartire.
Un paio di fermate furono, per sua fortuna, silenziose.
Il traffico non rappresentava un problema giá da molto tempo, da quando le auto a benzina vennero messe al bando. Ora viaggiavano solo gli autobus e, anche se raramente, auto elettriche.
Ventisette squilli dopo, circa mezz'ora piú tardi, arrivó stracolmo, al capolinea. Fece salire i passeggeri, li saluto, ma non chiuse le porte. Scese dal autobus, si stiracchio un pochino. Cammino avanti e indietro. Gli mancava avere la nicotina in circolo. si mise davanti ai fari e sfruttó la luce per controllare il suo orologio, mezzogiorno e dieci, la pausa era finita.
Si mise al posto di guida, chiuse le porte e ripartí inghiottito dal buio.
Racconto scritto il 02/09/2019 - 13:10
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