In quel periodo era il manicomio più assoluto. Una festa continua. Bastava uscire di casa per assaggiare il delirio, e le conseguenze erano quasi sempre devastanti.
E tutto era infiammato; le ragazze erano avide di avvenimenti, speravano in cuor loro che qualcosa accadesse e che il cataclisma soffiasse via le banalità dalle loro case e si corresse corresse fino allo sfinimento, fino alla morte dei sensi.
E Giuditta era una di loro, rideva per niente e s'arrossava come un fuoco se qualcuno la baciava sulla guancia, ma poi bastava spegnere i tramonti interiori per tornare in sé.
Le notti più belle erano quelle dove ci si agghindava con merletti e arabeschi variopinti, rossetti rosso fuoco e si guardava in faccia la notte, a testa alta, con la scia di papavero e di rosa ballando a più non posso sotto le fumigazioni di afrodisiaci per la mente.
Giuditta riuniva in sé gli opposti del bello e dell'inutile, del patetico e dell'invincibile, del perverso e dell'innocente.
Il lavoro la sfiancava, ma uscire al sabato sera e fare l'amore con il primo giovane attraente che le si avvinghiava alla vita in tutti i sensi, le tirava il colpo mortale, dritto al petto.
Gina, Marietta e Salomè l'avevano iniziata alla strada dei piaceri effimeri; <<sempre devi provare la mela proibita, e sennò cosa ci stiamo a fare noi donne, eh Giuditta?>> le dicevano.
E Giuditta aveva morso la mela proibita, l'aveva addentata e gustata fino all'ultimo torsolo.
Quando lei rientrava di notte, suo fratello Bastiano dormiva sul divano in severa contemplazione onirica e lei avvertiva un senso di colpa lancinante per non avergli badato durante la giornata.
Non si vedevano mai perché lei doveva alzarsi sulla bocca dell'alba e vestirsi di fretta per correre al lavoro, mentre Bastiano si svegliava poco più tardi per andare all'università. Cultore delle scienze, il grande scienziato. Suo fratello.
Per non svegliarlo incedeva cauta in cucina come una criminale pronta a sferrare il suo colpo, si sedeva a tavola mangiucchiando avidamente gli avanzi della cena e rimuginava sugli eventi del giorno stesso. Amanda sarebbe passata più tardi a svegliare Bastiano e a preparagli il pranzo.
<<E' quella tua sorella che ha sempre la testa fra le nuvole! Ahi le ragazze di oggi! Bada bene a non diventare anche tu come lei>> raccomandava Amanda a Bastiano.
Ma anche Amanda ricordava dei tempi della sua gioventù.
Quando era ragazza e girava per il paese a braccetto con Aida e Fermina, e tutti i ragazzi non avevano occhi che per loro, e poi lei andava a raccogliere il carbone e Cesare la scortava fino a casa tenendole la mano.
Il fremito delle sue membra, la convinzione che la volta successiva lui l'avrebbe presa tra le braccia e l'avrebbe baciata. Ma ogni volta Cesare rimaneva distante e lei correva a casa e si gettava sul letto piangendo gridando e piangendo come una bimba capricciosa.
Era bella, ma non aveva mai baciato nessuno.
In Giuditta scorgeva la maestosità, la libertà di seduzione più disparata, lo sprizzo di scintilla che lei non aveva mai avuto durante la sua giovinezza. E tuttavia la invidiava e la disprezzava ma la amava anche.
<<L'ha portata Momo per te. Aprilo.>>
Giuditta scartò il pacco e vi trovò scritto un bigliettino.
Cara Giuditta,
ieri ti ho vista al salone. Non ho potuto fare a meno di osservarti, quando ridi sei ancora più bella.
Ho voluto scriverti per chiederti di vederci stasera, se ti va. L'appuntamento è alle 20.30 sul rovo della villa.
Con affetto,
Momo
PS Se tutto va bene, ho un amico anche per Salomé.
Giuditta strappò il bigliettino e s'accese una sigaretta.
<<Ma che fai, sei scema? E non ha detto che ha un amico anche per me? Ma tu hai i vermi, Giuditta! Quello è ricco! Ho un'amica pazza, pazza.>> esclamò Salomé.
<<Calmati Salomé, non mi va. Se vuoi vacci tu.>>
<<No io non ci vado.>> disse Salomé.
E allora risero e ripresero a parlare di Gaudia la vecchia e di come si aggirasse di notte per il cimitero di Astici sotterrando vecchi rimasugli del marito Antoniuzzo per chissà quale rito sconosciuto.
E anche quando uscirono dall'appartamento a braccetto continuarono a parlare di questo e di quello e la rosa nei capelli le rendeva ancora più infantili. -Ma noi non siamo più bambine- si dicevano; questo le faceva ridere ancora di più nel singulto generale fino ad apparire come due ubriache in preda alla sbronza più acuta.
A Giuditta piaceva la compagnia di Salomé molto più di quella di Marietta, perché Marietta era cattiva ed era anche noiosa e non riusciva a lasciarsi andare. Non c'era un'altra in tutto il rione che fosse scema come Salomé. Un puro spasso. <<Tutto apposto Salomé?>> le chiedeva sempre qualcuno e lei aveva la risposta pronta come un gallo spennacchiato; <<Sono più fuori di un balcone. Ahi ahi.>>
Poi scoppiava nella sua risata scrosciante e contagiava anche gli altri in un'epidemia di risa veraci. Era proprio la sua faccia che ispirava comicità.
Quando andavano a ballare, i ragazzi le si avvicinavano incoraggiati dalla sua esplosione di allegria, che passava quasi per scioccheria o eccessiva disponibilità. Ma c'era di bello che Salomé li liquidava tutti, e tutti ci rimanevano male, ma poi si ballava e si cantava e l'ansia generale diventava la botta di vita.
E poi c'era Marietta che rimaneva nell'angolo a sparlare di tutti, mentre loro si divertivano e festeggiavano.
L'altro giorno Marietta le aveva detto che un ragazzo aveva incessantemente chiesto di lei. Era Marieddu della terza contrada, lo sporco pavone che si portava tutte a letto e poi le lasciava nei loro sogni d'amore. Allora Giuditta lo scorse e gli sorrise.
Ma quello non rispose nemmeno al suo sorriso e allora Giuditta capì che Marietta le aveva detto una bugia, com'era solita fare per scivolare dal guscio della noia.
C'erano giorni in cui poi Giuditta usciva abusivamente dalla fabbrica e raggiungeva Salomé a casa sua. <<E tu che ci fai qui?>> chiedeva sempre Salomé, pur conoscendo già la risposta.
<<Non m'andava di lavorare.>>
Salomé le preparava il caffé e iniziavano le chiacchiere sul paese. Anche a lei non andava giù Marietta. Un giorno le aveva rubato dei soldi dal portafoglio per pagarsi una cena con la sorella e da quel giorno non le aveva più rivolto la parola.
I pomeriggi passati a chiacchierare sulla veranda avevano l'aria di essere aneliti di nostalgia estiva. Quando arrivava l'inverno era sempre più difficile incontrarsi, perché le strade erano piovose e la gente rimaneva nel caldo di casa. Poi a Natale c'era la famiglia e c'erano i parenti che arrivavano da ogni parte del mondo, anche se Giuditta non ne aveva veramente una.
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