DNA di un sorriso
Ora sento tutti i lividi, scorgo il loro blu come laghi dal fondo senza luce. Vedo i miei, sento i tuoi, escono allo scoperto, un fascio di luce prepotente apre la strada su un covo di piccole talpe, abituate a muoversi nel buio.
Chi è stato il lottatore più forte, non so, ma certo né io né te siamo state briciole.
Faceva freddo, nella camera si bruciava l'alcool per un filo di tepore e tu, in quel pezzo di inverno gelido, avevi le gambe nude, aperte, per partorire me. La levatrice non era il soffione di un tarassaco, e in qualche modo mi ha levato, a volte ho pensato che tu, quel parto difficile, non me l'abbia mai perdonato: di schiena e per di più femmina. Significava che anch'io sarei dovuta passare da quel letto, con una levatrice che aveva fretta di tornare a casa. Tu sapevi, temevi ed io ero già colpevole di un dolore che forse avrei provato e di un'ansia che ti avrei dato.
Lottatrici, in uno spazio e in un tempo che non ci ha mai collocato in competizione, ma ci siamo messe al tappeto ribaltando sempre le posizioni, all'angolo di un ring con le corde che elastici potenti ci rimettevano al centro, ogni volta, di fronte, in una sfida continua.
Le mie mura erano inaccessibili, tirate su ad arte in un continuo assetto da difesa a protezione di un mondo interiore che della sua fragilità aveva fatto torri di cristallo, e la tua luce, si rifrangeva su esse, da quei pochi spiragli che sfuggivano al mio esercito.
Era sangue che gridava, era amore. Il tuo per proteggermi da una sensibilità che tu sapevi rendermi vulnerabile, il mio per farti capire che ero forte per camminare, e spesso ho corso.
Mamma ho un buco nello stomaco che non so riempire, e diventa una voragine, e vorrei te, il babbo e mia sorella e cadere in ginocchio fa male ed io non so se mi potrei rialzare. Prendo le armi e che nessuno tocchi, che nessuno sfiori ciò che scorre nelle nostre vene, perché di sangue ce n'è e porta scritto un sorriso, il nostro, e si può sempre cantare e quante volte, e quante ancora. E ci sarà un dopo a cui lasceremo forza e amore, luce di un sorriso e vita da fischiettare.
Da madre a figlia, da figlia a madre, un moto perpetuo, un'onda da cullare.
Chi è stato il lottatore più forte, non so, ma certo né io né te siamo state briciole.
Faceva freddo, nella camera si bruciava l'alcool per un filo di tepore e tu, in quel pezzo di inverno gelido, avevi le gambe nude, aperte, per partorire me. La levatrice non era il soffione di un tarassaco, e in qualche modo mi ha levato, a volte ho pensato che tu, quel parto difficile, non me l'abbia mai perdonato: di schiena e per di più femmina. Significava che anch'io sarei dovuta passare da quel letto, con una levatrice che aveva fretta di tornare a casa. Tu sapevi, temevi ed io ero già colpevole di un dolore che forse avrei provato e di un'ansia che ti avrei dato.
Lottatrici, in uno spazio e in un tempo che non ci ha mai collocato in competizione, ma ci siamo messe al tappeto ribaltando sempre le posizioni, all'angolo di un ring con le corde che elastici potenti ci rimettevano al centro, ogni volta, di fronte, in una sfida continua.
Le mie mura erano inaccessibili, tirate su ad arte in un continuo assetto da difesa a protezione di un mondo interiore che della sua fragilità aveva fatto torri di cristallo, e la tua luce, si rifrangeva su esse, da quei pochi spiragli che sfuggivano al mio esercito.
Era sangue che gridava, era amore. Il tuo per proteggermi da una sensibilità che tu sapevi rendermi vulnerabile, il mio per farti capire che ero forte per camminare, e spesso ho corso.
Mamma ho un buco nello stomaco che non so riempire, e diventa una voragine, e vorrei te, il babbo e mia sorella e cadere in ginocchio fa male ed io non so se mi potrei rialzare. Prendo le armi e che nessuno tocchi, che nessuno sfiori ciò che scorre nelle nostre vene, perché di sangue ce n'è e porta scritto un sorriso, il nostro, e si può sempre cantare e quante volte, e quante ancora. E ci sarà un dopo a cui lasceremo forza e amore, luce di un sorriso e vita da fischiettare.
Da madre a figlia, da figlia a madre, un moto perpetuo, un'onda da cullare.
Racconto scritto il 31/10/2019 - 10:52
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Voto: | su 6 votanti |
Commenti
GRAZIE a tutti,
un abbraccio e buon pomeriggio!
un abbraccio e buon pomeriggio!
Grazia Giuliani 05/11/2019 - 13:16
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Bellissimi questi pensieri gnerati da un amore materno e figliare...la chiusa del brano è magistrale, e mi ricorda una frase che voglio inserire in uno dei miei racconti: un racconto o un romanzo è come una barca che ha fatto una traversata, è arrivata su un'isola deserta e la sua navigazione termina con il colpo della prua che si arena sulla sabbia fine dell'ìisola. E intanto le onde accarezzano la stanca carena...
Giacomo C. Collins 04/11/2019 - 13:38
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Un racconto molto sentito carissima Grazia. Grazie ancora per i tuoi commenti ai miei testi
MARIA ANGELA CAROSIA 03/11/2019 - 20:31
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Discorso molto sentito. Coinvolge.Mi piace molto la chiusa.
mare blu 03/11/2019 - 19:36
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Bello il tuo stile, curato, avvolgente, profondo, vero. Sei davvero bravissima. Complimenti Grazia
Gianny Mirra 03/11/2019 - 17:24
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Un racconto- confessione, scritto con una mano ma soprattutto con un cuore sofferente, che non può e non vuole arrendersi ad una mancanza troppo grande...
Ti sei messa veramente a nudo, coraggiosa, non tralasciando però stile e competenza nell'uso delle parole.
Ti abbraccio forte
Ti sei messa veramente a nudo, coraggiosa, non tralasciando però stile e competenza nell'uso delle parole.
Ti abbraccio forte
PAOLA SALZANO 31/10/2019 - 19:09
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Bellissimo. da brividi. Brava
giovanni benvenuto vavassori 31/10/2019 - 18:07
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Hai raccontato con la forza del sangue il tuo e il suo sorriso che grida amore da tutte le vene...un brivido ha percorso la mia colonna nel leggerti Grazia come se ti ascoltassi con le parole per quanto intenso e vero è quell'amore. Da madre a figlia e da figlia che è madre! Un abbraccio grande! Stupenda Grazia
Margherita Pisano 31/10/2019 - 17:46
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...non ho parole sufficientemente piene, perdonami
Mirko (MastroPoeta) 31/10/2019 - 16:02
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Un racconto che è quasi una confessione. Hai messo in esso tutto il tuo amore di figlia ma allo stesso modo la tua esigenza di figlia. È la legge dell'amore che a volte crea i conflitti più profondi. Ammirevole la tua capacità di scrittrice nel tirare fuori le sensazioni più profonde trasmettendole anche a chi legge.
santa scardino 31/10/2019 - 15:14
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Un rapporto tra madre e figlia che si dipana in immagini qualche volta di scontro ma che sempre hanno come denominatore comune l'amore magari descritto con parole forti qualche volta poco appropriate ma che mai si discostano dal connubio madre-figlio inteso nel suo più osmotico significato.Un breve racconto scritto molto bene dove le parche emozioni sono qui volute per non dilagare nella retorica dove in queste tematiche é davvero facile cadere.Ciao Grazia.
Antonio Girardi 31/10/2019 - 14:26
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Hai ricordato i tuoi cari defunti con un racconto struggente e ricco di interessanti riflessioni sul rapporto madre figlia.
Anna Maria Foglia 31/10/2019 - 14:06
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Coinvolgente quadro di un rapporto famigliare profondissimo.
Riviverlo non è possibile, dipingerlo nel cuore sì!
Riviverlo non è possibile, dipingerlo nel cuore sì!
Leo Pardiss 31/10/2019 - 14:02
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