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AMICI (prima parte)

Mentre Pietro era alla ricerca del “Gatto e la Volpe”, i due ragazzini che aveva conosciuto un pomeriggio di Primavera per i sentieri della cava nei pressi della frazione del proprio paese natale, si ritrovò per caso una sera al baretto della città. Puntando Quel paesino sperduto, circondato da campi, decise di fissare lì, la propria definizione – lasciando alle spalle il dolore e tutti gli insuccessi “sociali” che lo avevano afflitto. Per prima cosa incominciò col ripulirsi l'Anima andandosi a confessare. Non si sentiva a posto con se stesso. La pace era ancora lontana dal suo “centro”, così pensò fosse cosa giusta ritirarsi nella chiesa del paese nei momenti morti – quando c'era Silenzio – non senza una sana chiacchierata col prete. Ma quale sana? Quasi invitava i ragazzi a cannarsi! “Massì, 2 o 3 cannette leggere non fanno mai male a nessuno!” facendogli alzare di scatto la testa, a Pietro – allibito – inginocchiato nel confessionale di una chiesa completamente deserta, quasi dimenticata dal Signore stesso, col capo chino sulle proprie mani impugnate a mò di preghiera dinanzi al parroco. Uscì dalla chiesa più turbato di prima – lui, che era fuggito da una serie di bande legate al giro della Cannabis, su al Nord, ora sembrava essersi fermato o sospeso in un “punto morto” se non proprio essere ritornato completamente da capo, quando, girandosi, vide un gruppetto di animatori fumare a tavolino nell'angolo dell'oratorio posto da parte la chiesa, nei campi da gioco, inebriato da quell'aria che sapeva tanto ma tanto di... verde. “Intollerabile.” si disse, “Veramente intollerabile!” ripeté, borbottando fra sé e sé, non prima di aver alzato gli occhi al Cielo. “Dio, fa' la tua volontà, che la mia è un disastro!” implorò, aprendo le mani.
Una sera ai primi d'aprile – faceva ancora fresco – Pietro, col suo solito dolcevita bianco – ora in cotone – annoiandosi di girare a vuoto per il centro di Legnano, decise di terminare la serata abbandonandosi al proprio destino solitario con un paio di birre per lasciarsi andare da questa cruda realtà, così da ottenere quel tipico effetto “pre-anestesia” che Pietro tanto ricordava per gli innumerevoli interventi subiti nel corso degli anni, l'ultimo proprio qualche mese prima, in gennaio e proprio la mattina del giorno del ricovero, si fermò lì nella frazione per ritirarsi momentaneamente in una passeggiata ai campi, forse in preda alla tipica ansia di chi deve subire un intervento chirurgico, con lo scopo di ritrovare un po' di pace a contatto con la Natura. Ritornò quindi nella frazione, intento ad entrare nell'unico bar presente, e appena entrato, l'espressione che ebbe fu la stessa di David Niven in “Assassinio sul Nilo” quando vide arrivare colui che stava cercando, George Kennedy, nella hall dell'albergo – non trovò certo il “Gatto e la Volpe” certo, ma rivide gli stessi animatori che si stavano cannando il weekend precedente (-secondo lui, sotto l'invito del prete!) lì dentro il bar, giocando a biliardo e tirando le palle in buca tra un sorso di birra (-un boccale!) e l'altro, “intonando” a squarciagola, l'inciso della canzone che stava passando alla radio, “Can't Take My Eyes Off of You”, che Pietro conosceva fin troppo bene – quasi come se, per sorpresa, in quel momento fosse entrato Frankie Valli in persona per “congraturarsi” con Loro... ma altro che “Assassinio sul Nilo”, Pietro si ritrovò dentro la memorabile scena de “Il Cacciatore” e la cosa buffa è che il bar era gestito da un vietnamita!! Nonostante questo, Pietro tirò un sospiro per l'assurdità di quello che si ritrovò davanti (-fin troppo gradito!), ma anche la soddisfazione di aver trovato comunque un qualcosa di quello che stava Cercando – in primis la felicità, e poi il fatto di sentirsi in qualche modo più “a casa”, di spensierarsi con gente che non conosceva e che non aveva niente contro di lui, e tutto questo vicino a dove abitava – giusto dietro l'angolo. Come promesso, ordinò un paio di Tennent's fino a lasciarsi andare tentando poi, con calma, di ritornare a casa. Nonostante l'ossessione di cercare Amici, perlomeno quella sera non fu più schiavo dei propri sensi. Benché non avesse stretto la mano con nessuno, Pietro – sempre solo – si sentì comunque in compagnia, in mezzo a tutti quei ragazzi (-ne contava una 20ina!) ma non solo, anche ai vecchietti, che Pietro definiva “boraccini”, che si facevano pure loro le – ore piccole – giocando a carte tra un vinello o un amaro e l'altro e poi a turno parlare coi più giovani, quelli alle “prime birre”, o più semplicemente fermi al banco per leggere un giornale. Anche qui Pietro ebbe modo – come per il suo girare a vuoto – di respirare il confine della vita, quando le 2 parti estreme – giovinezza e vecchiaia – si mischiano perfettamente in una sorta di simbiosi, ma anche di “sintonia”. Per il resto, il paese era un immenso deserto – la vita andava cercata dietro gli angoli delle strade. E, nonostante questa oscurità che lo pervadeva ancora, Pietro si sentì meno solo: le sue giornate settimanali, durante il lavoro, presero un'altra piega, più rosa o meglio verde – speranza. Sicuramente si sarebbe trattato di un momento illusorio, perchè Quella vita che Pietro andava tanto cercando era lontana ancora anni Luce, e l'impegno o meglio il coraggio di farsi degli Amici – veri – fu estremo. Del resto, non poteva aspettarsi grandi “offerte” dagli altri che lo vedevano arrivare dal Nulla, ma la sua disponibilità fu infinita nel farsi Accettare come Amico – quello strato sottile così puro e gratuito che da anni Pietro stava pagando caro. Certo, poteva aspettare il Fato – il Destino – ma per alcuni doni o “pre-destinazioni” che tanto si desiderano, bisogna solamente aspettarseli in un'altra vita futura, perchè non tutto può arrivare o si può avere in una sola esistenza...
Senza rimanere con le mani in mano, la “missione” o meglio – il compito – dopo le giornate di lavoro era chiara e ben precisa in Pietro: farsi degli Amici, perlomeno uno, con la quale passare le proprie serate, i week-end e tutto il “free-time”. Ormai la bella stagione era arrivata già da un bel pezzo, e benché Pietro avesse già avuto modo di osservare gli spostamenti dei ragazzi d'oratorio, studiandone le loro abitudini, Pietro era ancora... solo. Lui non aveva Amici, ne giri, ne gruppi (-reali o virtuali che fossero!) con la quale potesse interagire. Viveva da solo coi propri genitori, faceva un lavoro modesto, quello del cameriere – del Servire – si preparava da mangiare, ordinava e puliva. Un ragazzo da sogno – ma alla fine non era nessuno, e ne era pienamente cosciente. Andava per il suo tempo libero a girare a vuoto per le strade e le piazze, in cerca di vita, inciampando di tanto in in tanto in qualche dis-avventura. Passava intere giornate a parlare da solo, a sfogarsi e divertirsi – sempre da solo. Non aveva grandi radici – benchè avesse conseguito gli studi fino al diploma, terminate le scuole, fu rinnegato da tutti i suoi compagni, impegnati nella propria carriera e nella vita di relazione. E questo peso – che poi era diventata ossessione – di anno in anno gli aumentava a dismisura! Chissà per quanto ancora, pensò, doveva festeggiare il proprio compleanno da solo, così la vigilia del Natale, il capodanno, il compleanno, la Pasqua, il ferragosto. Poteva sperare solo in un Miracolo, aspettando magari qualche segnale dall'Alto. Difficile in questi casi non fare proprio nulla, ma nel fare qualcosa – sì, Pietro era un perfetto disastro! E i disastri non mancarono neanche qui in paese. Era maggio quando Pietro, dopo il lavoro, si stava dirigendo come il suo solito nella frazione. Da un po' di tempo vedeva un ragazzino che, al solito orario (-circa le 17.30!) attraversava il lungo viale che collegava il paese natale con la propria frazione, vedendolo attraversarlo sempre con fatica, per rincasare. Allora un giorno pensò bene di attraversarlo pure lui, al suo fianco. Non che ne avesse bisogno, ma lo avrebbe fatto solo per “puntarlo”. Scese dalla bici, avanzò la pista ciclabile e alzando la mano a mò di vigile – come lo faceva il nonno di professione – attraversò la strada fermando le auto nella loro ora di punta, invitando il ragazzo a seguirlo: “Se non ti butti è difficile che ti lascino passare!” gli disse, sorridendo. E lo ringraziò scusandosi “Qui è davvero difficile, ma grazie comunque, signore!” si sentì dire Pietro, mentre era già risalito in bici pronto a proseguire, spalancando gli occhi di nuovo allibito – come se fissasse una telecamera che lo stesse inquadrando (-il camera-look!). “Signore a me? Intollerabile, davvero!” si ridisse, borbottando fra sé. Ci fu un seguito, sì un tagico seguito, in merito all'inusuale (-quanto ingenua!) volontà di Pietro di mettersi inutilmente in gioco. Certo un evento inaspettato (-proprio come conferma che le cose accadono sempre quando meno te lo aspetti!) che però ebbe modo di farsi conoscere e ricevere in “dono” un'Amicizia. Dopo un paio di volte che lo vide in giro sempre a piedi – senza maglietta, con zaino alle spalle, pantaloncini, scarpe da tennis e un paio di cuffie di quelle giganti da studio – vedendolo andare e venire dai giardinetti del paese senza un vero motivo, in giro anche lui da solo, ci fu il secondo (-ma drammatico!) attraversamento della strada. Pietro, vedendolo nuovamente fermo, arrivò lì sempre al suo fianco, scendendo dalla bici, timido, salutandolo con un cenno della testa e il solito sorrisino retruso. “Oh, ancora lei!” disse il ragazzo. “Ancora LEI!” gli turbò nella mente a Pietro, calcando il “lei”. “Ancora qui fermo ad aspettare che un buon cristiano si fermi?!” lo rimproverò, facendosi coraggio: “Se vuoi attraversare la strada, mio caro, te la devi sbrogliare da solo – ti devi buttare, hai capito?”. Ma le macchine passavano troppo velocemente sulla via Cristofero Colombo, e lui nel far avanzare solo la bici che teneva impugnato alla canna, la fece prendere in pieno da una Mercedes che non riuscì a frenare in tempo, levandogliela dalla mano di Pietro e facendola volare a più di 5 metri di distanza da dove si trovavano i 2, scontrandola contro il palo di un cartello stradale e facendo tamponare la macchina con quella che aveva dietro, che anch'essa non era riuscita a frenare in tempo. “Oh cazzo!” disse Pietro. “Oh cazzo.” ribatté il ragazzo. Dalla Mercedes si sentì udire un: “Testa di cazzo, guarda cosa hai fatto, vieni qua adesso!”. Così Pietro suggerì al povero ragazzo: “Forse sarebbe meglio scappare...” - “Ma io che c'entro?!” domandò perplesso. “Va che quello ci ammazza tutti e 2, dai corriamo!” - “Ma io non ho fatto niente!” esclamò il ragazzo, incominciando a correre anche lui dietro a Pietro, in direzione Catalupo, dalla pista ciclabile per poi disperdersi lungo i campi. Ironia della sorte, ora era il ragazzo a seguire disperatamente Pietro. Arrivarono dentro una stalla apparentemente abbandonata dopo aver saltato dentro la recinzione di una fattoria. “Qui non ci troveranno mai!” rassicurò Pietro continuando a tranquillizzare inutilmente il ragazzo: “Conosco questa zona meglio delle mie tasche!”. E infatti era vero, perchè non erano tanto lontani dalla famosa cava che frequentava spesso ma non fece in tempo a finire il suo “monologo” al povero malcapitato di turno (-ormai l'improbabile Amicizia la vedeva lontana anni luce!) che, girandosi, videro un enorme toro che li puntava con uno sguardo poco fiero. “Secondo te è incazzato?” bisbigliò ironicamente Pietro al ragazzo, che rispose: “A me pare proprio incazzato nero!” - “Ah, ma questo ce l'ha con te! Non avrai la maglietta, ma quei pantaloncini rossi lo stanno in qualche mondo -attizzando-!” (-intanto il toro iniziava a calcare la terra con la zampa anteriore destra). “Che facciamo, scappiamo di nuovo?” domandò il ragazzo, ansioso. Il toro partì. “Sì, di nuovo!” confermò Pietro, scappando nuovamente via, ridendo all'impazzata per l'episodio quasi surreale che tanto ricordava la scena di Paul Newman in “Butch Cassidy” sotto le note di “Raindrops Keep Fallin' On My Head”. Dopo aver corso ininterrottamente attraversando, fra una balla di fieno e l'altra, i campi della periferia fino a raggiungere la cava situata già nella frazione, si fermarono sotto un albero di ciliegio spontaneo. “Accidenti, che sudata!” lamentò il ragazzo. “Sì, ma è stato maledettamente divertente!” tentando di rallegrare la situazione, Pietro. “Ma che ne è della tua bici adesso?” - “E' andata, pazienza!” - “Io mi sa che ho perduto le mie cuffie!” - “Be', ma oggi entrambi abbiamo guadagnato qualcosa!” precisò Pietro. “Cosa?” s'incuriosì il ragazzo. “Un'Amicizia.” gli rispose Pietro, entusiasta. “Be', non credo di aver fatto un buon affare, dopo tutto quello che è successo.” ironizzò il ragazzo. “Sarà, ma non mi dire che non ti sia divertito anche tu! Io non mi divertivo da così tanto tempo...” - “Già, anch'io...” gli confessò il ragazzo. “Amici?” domandò semplicemente Pietro, stranamente così deciso. “Amici.” gli rispose, in modo altrettanto semplice il ragazzo dal nome ancora ignoto, allungandogli la mano. “Pietro.” - “Edoardo” - “Bene, Edoardo, con che solennizziamo?!” gli domandò sorridente, in vena di quella inesauribile simpatia cui era dotato congenitamente – tipico dei solitari – mentre, abbracciati di spalle, ritornarono in paese.
Col gruppetto della frazione la cosa fu un po' più impegnativa (-come se non la fosse già stata con Edoardo!). Non si trattava di conoscere una sola persona – di un “caso” singolo – ma di un intero gruppetto, quello che vedeva riunirsi ogni venerdì sera nell'unico baretto esistente. Capitò un tardo pomeriggio di marzo – all'imbrunire – di vedere arrivare all'oratorio, mentre Pietro girava a vuoto in cerca di “Segnali di Vita”, uno di quegli animatori che fumavano e che poi rivide certamente dentro il bar sotto le note di “Can't Take My Eyes Off of You”. Lo vide arrivare non a piedi, non in bici, tanto meno in motorino – bensì in Ape. Sì, la stessa Ape color rosso con la quale si faceva portare in giro da uno dei “Ragazzi del Nord” (-così come li definiva, la compagnia che frequentava nel varesotto), per la campagna, l'oratorio, i giardinetti, insomma ovunque. E l'emozione di rivederla nel proprio paesino – dietro l'angolo, mentre dalle sue cuffie risuonava la promessa dell'estate “Le scampagnate allé cascine, di circoli creativi, partite nell'oratorio...”, conferma poi dell'Eterno Ritorno, sperando vivamente in piacevolissimi momenti che già Pietro udiva dentro sé, come sogni profetici. Passava allora i pomeriggi settimanali a fare avanti e indietro dall'oratorio perchè sapeva che, per via del catechismo, lo avrebbe trovato certamente lì, con la sua fantastica Ape-rossa, un giorno sì e uno no, cercando da una parte di non dare nell'occhio, ma dall'altra di farsi candidamente notare, così da poter farsi conoscere da tutti loro, magari dubbiosi e incuriositi da una certa “innocua presenza”. Ma dovette fare i conti con la solita indifferenza, perchè tanto era perfettamente cosciente che di lui non gliene importava niente a nessuno, “altrimenti non starei in giro a vuoto!” si ricordò Pietro, malinconico, mentre voltava le spalle all'oratorio ritornando sui suoi passi. Farsi avanti era rischioso o meglio, poteva essere ancora un disastro, quello che poteva fare quindi era di continuare a frequentare quel bar e persistere nel fare avanti e indietro dall'oratorio. Poi con l'estate l'oratorio chiuse per diventare il solito lager – quello estivo – così Pietro dovette aspettare di andarci la sera, dopo cena, quando rimaneva aperto per eventuali tornei di calcetto – e col calcio Pietro andava sul sicuro, perchè era certo che li avrebbe ritrovati lì tutti – che non li avrebbe perduti. Si fermava il martedì e il giovedì sera. Entrava nella cancellata che dava subito ai campi da gioco, senza passare dall'edificio, stando a fumare il suo solito “sigarello” fra i tavoli esattamente dove si fermavano loro a parlare e fumare – dove li aveva visti la prima volta. E li guardava, seduto, un po' ombroso per via degli alberi di pino che oscuravano ulteriormente la zona sottostante, mentre loro erano in campo a giocare, sotto i riflettori. Quei corpi così impostati, tonici, perfetti – Pietro se ne stava lì a osservarli con lo sguardo tipico dello stalker, di un agente della CIA o di un detective privato, ma mentalmente con dolcezza e un pizzico di rammarico, per non essere mai stato uno di loro – un ragazzo. Pietro però (-di un anti-sgamo!) non sapeva di essere osservato anche lui da loro, perchè anche loro lo guardavano e loro – già ne parlavano... E' successo che una sera, Pietro, con un po' di coraggio, decise di accedere ai cortili passando da dentro l'edificio principale per fermarsi subito, giusto nella hall dove, camminando, si fermò alla visione della bacheca, incuriosito dalla lista di nomi degli animatori con l'elenco dei ragazzini iscritti all'oratorio feriale divisi nelle proprie categorie d'appartenenza. Così Pietro decise di fotografare i nomi per poi ricercarli nello schedario per eccellenza: non più Facebook – bensì Instagram! Fatti un paio di scatti, fece per andarsene quando notò che dai gradini stavano facendo ingresso 3 di loro, e dal corridoio ne stavano arrivando ben altri 3 – panico! Così Pietro si precipitò nell'unica porta disponibile: quella del bagno, posta da parte alla bacheca dei nomi. Ormai era accerchiato: dentro ai bagni ci ritrovò, dritto davanti a sé, il ragazzo dell'Ape (-sì, proprio lui!), che lo osservò dagli specchi mentre si lavava le mani, con assoluta indifferenza. Ma Pietro, al contrario, aveva il cuore a 1000, quindi si buttò dentro il primo gabinetto così, per nascondersi inutilmente, mentre il ragazzo scosse la testa: “E' quello delle ragazze.” sorridendo, così che Pietro – per correttezza – si trasferì con la sua solita “scenetta divertente” nel giusto gabinetto (-come se cambiasse qualcosa per lui o in generale per la situazione!). Aspettò il silenzio, per uscire. E quando lo avvertì, uscì. Pietro era di nuovo solo (-e per fortuna!) ma non sapeva che i ragazzi lo avrebbero aspettato fuori. Aprì la porta e sarà stata – la provvidenza – a farlo rimanere in piedi: non è che si sentiva accerchiato ora – lo era proprio! Forse quello con la faccia più “cattiva”, squadrata, gli domandò minaccioso: “Vuoi qualcosa da noi?” e Pietro, istintivamente, appena finita la domanda, per inerzia, senza alcuna pausa, rispose con assoluta calma “No, davvero.” e si aprirono – le acque – facendogli spazio mentre con una apparente indifferenza – la paura – si dirigeva ai gradini esterni per andarsene. Era già finita per Pietro – cercava Amici e si sentì tradito ritrovandosi nella stessa situazione di Giulio Cesare alla fine. La gente se la prende sempre coi più deboli. E' la storia dell'uomo. Così Pietro pensò per alcuni giorni di assentarsi nella frazione e di non farsi più rivedere da quelle parti. Una sera però, o meglio una notte, alle 2 del mattino, Pietro – da brava Aquila – rinunciando al giorno per girovagare la notte, attraversò il paese – monco e rapido – senza che nessuno, sicuro, ne avvertisse la sua presenza. Pochi erano i lampioni che illuminavano le strade, la piazza deserta, il bar che stava chiudendo senza più ragazzi – tutta sua era la città. Forse troppa era l'eccitazione di percorrere il paese a piedi, così decise per una birra. “Non è qua.” risposte il barista vietnamita. “Chi scusa?” domandò Pietro ancora lucido. “Chi stai cercando non è qua – è già andato, nel mondo dei sogni.” (-tu guarda 'sti orientali!) “Do l'impressione di star cercando qualcuno?!” domandò sorridendo Pietro – anche se era serissimo. “C'è chi nasce per Cercare, sai? E tu sembri esserlo in tutto per tutto. Gli occhi non mentono – non quelli blu!” confessò il barista. Pietro si arrese: “Colpito affondato... Tora, Tora, Tora... me ne fai un'altra?” chiese, sconfitto. “Attenzione, che le Api pungono (-tirò su la testa, incredulo.) ma se riesci a rimanere Puro, con buone intenzioni, mamma mia che festa!”. Con la bottiglietta in mano, Pietro si diresse verso la Cooperativa del paese con l'intento, dalla murata posta dietro lo stabilimento, di scavalcarla penetrando nel cortile dell'oratorio. Faceva parte del suo itinerario fantastico (-e solitario!), dei posti che durante la notte non venivano frequentati dalle persone comuni che comprendeva i cimiteri, gli ospedali, le scuole e via. Come nella comica di Stanlio & Ollio “Le Ore Piccole”, pretendeva di scavalcare quella murata di 2mt, con l'aiuto delle ceste e i cartoni della Coop presenti sul retro. Era eccitato dell'idea di ritrovarsi in un posto in cui non doveva starci – tipico dei “giochi” delle persone totalmente sole. Non fece in tempo a svoltare l'angolo del retro della Coop che vide parte del gruppetto di ragazzi, probabilmente intenti a bruciare alcuni cartoni del supermercato lasciati come spazzatura. Si impietrì, ancora con la birra in mano, improvvisando il solito monologo come scusa per darsela a gambe: “Oh! Oh, ragazzi scusate ragazzi – ciao, come va? State dando fuoco alla Coop? Ma fate pure, prego, non vi preoccupate di me – non sono cattivo (-oh, finalmente l'ha detto!), sapete – io avevo intenzione di oltrepassare la cinta per entrare nel giardino dell'oratorio, sono sicuro che voi l'avrete già fatto! Va bè, ragazzi – forse è troppo tardi per certe cose, lo farò un'altra volta – ma voi continuate pure eh! Ciao, alla prossima, buonanotte!”.


Fine prima parte.




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Racconto scritto il 03/11/2019 - 18:35
Da Pietro Valli
Letta n.863 volte.
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Commenti


A me è piaciuto e il protagonista sembra uno che ha molto da dire...
Bravo! Il taglio è un po' lungo però e questi racconti non vengono molto letti...

Grazia Giuliani 04/11/2019 - 12:38

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