Due giorni fa vedo un signore gettare cibo alle anatre.
Lo incontro cinque minuti prima alla cassa di un supermercato e lo lascio passare avanti perché compra solo del pane. Paga ed esce. Io faccio la stessa cosa e mi incammino sulla strada per casa, lungo la quale lo ritrovo a gettare in acqua il pane appena acquistato.
Si raduna un intero stormo sotto di lui che sta sopra un ponte sospeso su un piccolo fiume ed è contento.
È un signore vecchio, ha settant'anni, e sorride genuinamente del suo gesto e della semplicità della natura e della vita. Indossa una giacca che sembra di una taglia più grande per ripararsi dal freddo e non ha fretta di andare a casa. Trova gratificante nutrire altre creature.
Passo accanto a lui. Alza lo sguardo e mi sorride. È difficile non ricambiare quel sorriso, a prescindere dalla timidezza.
Quel giorno il cielo è nuvoloso, ma nei miei ricordi il suo viso è illuminato dal sole. Mi rendo conto che sia una metafora. Luce e calore. Li emana entrambi come quando si è felici.
È molto tempo che non vedo compiere un gesto simile con la stessa innocenza. L'ultima volta sono dei ragazzini a farlo, spinti più dalla curiosità che dall'altruismo, e non lo rifanno.
Sono sempre stata una persona che pensa molto e allora inizio a riflettere. Penso alle persone che si preoccupano del prossimo. Ne esistono ancora molte? Non so rispondere, ma ho molta speranza nel fatto che desiderino restare anonimi, per questo non si vedono.
Immagino che non portino un segno distintivo della loro generosità, che sono le persone che camminano sull'altro lato della strada, che servono la birra in un bar con un fare un po' rude, quelli che vanno di corsa o che sono rimproverati per le loro distrazioni. Nella vita privata, intanto, si occupano di un amico o di un fratello e ne condividono i dolori per non lasciare che si chiudano in se stessi.
A pensarlo popolato da questi individui il mondo sembra un posto più sicuro.
Io continuo per la mia strada, chiedendomi (e tutt'ora è cosi) cosa sarebbe successo se non gli avessi ceduto il mio posto nella fila alla cassa.
Lui resta li. Ha molto pane da distribuire.
Lo incontro cinque minuti prima alla cassa di un supermercato e lo lascio passare avanti perché compra solo del pane. Paga ed esce. Io faccio la stessa cosa e mi incammino sulla strada per casa, lungo la quale lo ritrovo a gettare in acqua il pane appena acquistato.
Si raduna un intero stormo sotto di lui che sta sopra un ponte sospeso su un piccolo fiume ed è contento.
È un signore vecchio, ha settant'anni, e sorride genuinamente del suo gesto e della semplicità della natura e della vita. Indossa una giacca che sembra di una taglia più grande per ripararsi dal freddo e non ha fretta di andare a casa. Trova gratificante nutrire altre creature.
Passo accanto a lui. Alza lo sguardo e mi sorride. È difficile non ricambiare quel sorriso, a prescindere dalla timidezza.
Quel giorno il cielo è nuvoloso, ma nei miei ricordi il suo viso è illuminato dal sole. Mi rendo conto che sia una metafora. Luce e calore. Li emana entrambi come quando si è felici.
È molto tempo che non vedo compiere un gesto simile con la stessa innocenza. L'ultima volta sono dei ragazzini a farlo, spinti più dalla curiosità che dall'altruismo, e non lo rifanno.
Sono sempre stata una persona che pensa molto e allora inizio a riflettere. Penso alle persone che si preoccupano del prossimo. Ne esistono ancora molte? Non so rispondere, ma ho molta speranza nel fatto che desiderino restare anonimi, per questo non si vedono.
Immagino che non portino un segno distintivo della loro generosità, che sono le persone che camminano sull'altro lato della strada, che servono la birra in un bar con un fare un po' rude, quelli che vanno di corsa o che sono rimproverati per le loro distrazioni. Nella vita privata, intanto, si occupano di un amico o di un fratello e ne condividono i dolori per non lasciare che si chiudano in se stessi.
A pensarlo popolato da questi individui il mondo sembra un posto più sicuro.
Io continuo per la mia strada, chiedendomi (e tutt'ora è cosi) cosa sarebbe successo se non gli avessi ceduto il mio posto nella fila alla cassa.
Lui resta li. Ha molto pane da distribuire.
Racconto scritto il 24/11/2019 - 00:17
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Commenti
Certi incontri si fanno perché capitano e anche perché si ha l'occhio e il cuore per "vederli"...
mi è piaciuto molto il tuo racconto!
mi è piaciuto molto il tuo racconto!
Grazia Giuliani 25/11/2019 - 16:31
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