Due, ma uno.
Si siede in un modo così elegante! Come fa? Mi domando. Lei se ne sta seduta, le mani le reggono il viso, le gambe le si intrecciano come quelle delle ballerine classiche. Forse da bambina era una ballerina ! Non me lo ha detto. Mi ha raccontato tante cose della sua infanzia. No. Non mi pare ci sia stato posto per la danza classica. Mi ha detto con un po’ di tristezza che ama la musica classica da sempre, soprattutto le sonate per pianoforte e violoncello, ma che quando era piccola i suoi genitori, persone semplici, persone di poche parole, non riuscivano a capire questo suo amore per la musica, e addirittura le dicevano che era strana, che la consideravano una specie di piccola marziana. Disegnava sempre, suonava in continuazione una pianola che poi si è rotta, ascoltava Chopin e Beethoven mentre loro sapevano a malapena chi fossero e per musica intendevano le canzoni alla radio. Non può essere stata una ballerina di danza classica. Ma che importa? Ora se ne sta lì, allegra, con le sue gambe accavallate, anzi, intrecciate, e mi guarda con dolcezza. Con le sue gambe bellissime . Lei se ne sta lì di fronte a me, serena, e mi sorride. Si aggiusta i capelli. È sempre spettinata, ma io non riesco a immaginarla diversa da così. Questa che ho di fronte è lei. È proprio lei. Mi domando come sia quando è in compagnia di altre persone. Non può essere uguale ad ora, mentre è con me. Le vedo qualcosa di immenso in fondo agli occhi! Ma se non fosse una cosa riservata solo a me? E se fosse così sempre? Le sue amiche la adorano. In molte persone le vogliono bene. Lo capisco dalle cose che le scrivono sui social, dalle canzoni che le dedicano. La dolcezza che vedo ora però, è solo per me? Adesso mi ascolta mentre io le racconto dei miei progetti. È così attenta. Non le sfugge nulla, nemmeno un particolare. Sono serio, lei non lo sa, ma non sono abituato a raccontare di me in questo modo. Con lei mi riesce naturale. Ho anzi una specie di bisogno di parlarle, di sapere che lei conosca queste cose di me. Di tanto in tanto mi guarda le mani, forse gesticolo troppo. Si sofferma un po’ con lo sguardo sui miei capelli, sulla bocca. Non se ne accorge nemmeno. Ma le piace quello che vede? Le piace davvero? Io so di me, so che è su quella bocca che vorrei appoggiare la mia, che vorrei respirare. Dove è stata fin ora? Lei c’era. Viveva poco lontano da dove vivo io, eppure non lo sapevo. Ignoravo la sua esistenza, la sua vita. Mi pare impossibile eppure è così. Che ne sarà di noi? Questo noi così meraviglioso, così gioioso, così naturalmente sereno! Il tempo si sta divertendo con noi. Passa così velocemente. Vorrei dirgli che dovrebbe fermarsi a riposare. Le ho fatto capire che non voglio innamorarmi, che ho tante cose da fare, che dovrò andarmene spesso, che non deve aspettarsi nulla da me. Lei ha detto che lo sa, che se dovesse accadere, probabilmente non me lo direbbe, che sentirà quando dovrà sparire, e lo farà in silenzio. Ma in questo momento vorrei dirle che se sparisse io non so cosa farei. Che se improvvisamente, silenziosamente, con eleganza, dovesse farsi di nebbia, io soffrirei troppo. Vorrei dirle ora l’esatto contrario “ ti prego non andare via mai. Ti sento in un luogo remoto dentro di me, ti sento tra le mani, e in ogni angolo sconosciuto di me stesso. Promettimi che non te ne andrai via da me. Dimmi che per me ci sarai qualunque cosa accada.” Ma non ci riesco. Lei si è scritta quelle mie parole sotto pelle. Lei si aspetta che io possa sparire. Non nutre speranze particolari. Non ha aspettative. Vive giorno per giorno, momento per momento. È riuscita a sopravvivere ad anni durissimi. Vuole solo pace ed armonia. Se sentirà dolore se ne andrà . Io non vorrei mai farle del male. Ha sofferto già così tanto ! Strano che la sua bellezza si sia conservata così tanto. Ho visto fiori stupendi appassire nel tempo di una sofferenza. Lei no. Lei è rimasta La Rosa più bella che abbia mai visto . Ce ne andiamo? Le sposto la sedia, è la mia principessa stasera. Le do il braccio. Passeggiamo uno accanto all’altra. Abbiamo lo stesso passo. Ridiamo delle stesse stupide cose, guardiamo gli stessi lampioni che si accendono e si spengono al nostro passaggio. Lei ride. Passeggiando, vorrei dirle che se non facesse così freddo, mi fermerei su un prato e guarderei le stelle con lei, e la bacerei, l’abbraccerei, la stringerei forte per non dover dire con le parole “ ho sbagliato tutto, questo è il tuo posto , tra le mie braccia, sul mio petto. Questo è il mio posto, tra i tuoi capelli, sul tuo cuore. Invece parliamo di altro. Mi diverto con lei. Ridiamo spesso. Sto bene con lei, come quando sono solo e faccio tutte quelle cose che amo fare in solitudine. Lei ha una memoria straordinaria. Non dimenticherà quelle parole. Non si fiderà mai fino in fondo di me. Avrà sempre il dubbio che possa diventare freddo, distaccato. Che possa partire e non vederla. Non è così. Ma non posso fare promesse. Non sono capace di pensare al domani. Adesso mi è parso di vedere in una smorfia della sua bocca una lieve tristezza. Forse è la mia. Sappiamo che tra non molto ci saluteremo, e non ci daremo un altro appuntamento. Non sarà scontato che domani mi chieda come sto, che faccio, o che glielo dimandi io. Le sfioro i capelli, fingendo di aggiustarle la piega del cappuccio. Ho bisogno di toccarla, ma non ci riesco. Ho paura che scompaia, temo di accorgermi che l’amo. Che l’amo veramente.
Racconto scritto il 02/12/2019 - 11:14
Letta n.971 volte.
Voto: | su 0 votanti |
Commenti
Nessun commento è presente
Inserisci il tuo commento
Per inserire un commento e per VOTARE devi collegarti alla tua area privata.