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Alla ricerca della felicità

Camminava pensieroso, gli occhi fissi per terra ed un sorriso amaro sulle labbra. Ormai aveva 70 anni ed aveva perso ogni voglia di combattere.
Era ritornato al punto di partenza, era ritornato a Dusseldorf, da dove era partito 30 anni prima, con le tasche piene di soldi ed il cuore colmo di speranza.
Era appena un ragazzo di 22 anni, abbastanza colto, perché era stato un seminarista ed aveva studiato latino e teologia.
I suoi genitori erano felici che avesse scelto la via del Sacerdozio, loro che a malapena riuscivano a mettere il piatto a tavola per i loro cinque figli.
Il richiamo dell'amore però prevalse su quella vocazione un po' imposta dalla povertà e dalla sicurezza di avere cibo in abbondanza , senza doversi preoccupare dei raccolti.
Aveva conosciuto una bella e brava ragazza, che cantava nel coro della Parrocchia di cui faceva parte, e decise di chiederla in moglie.
Ma ahimè, non era una cosa semplice chiedere in moglie una ragazza, senza possedere qualcosa da offrire ai suoi genitori. Lavorò sodo, risparmiando molto, per un anno. Aveva accumulato abbastanza da poter comprare un asino. Con questo si presentò in casa dei genitori della ragazza, che furono ben felici di ricevere quel dono in cambio della loro figliola di appena 15 anni.
Angela era veramente un angelo, pura ed ingenua , come lo erano le ragazze di quei tempi: senza grilli per la testa ed abituata al sacrificio. Così accudi'ai bisogni del marito, spazzo', rammendo', coltivo' la terra e divenne mamma di un bellissimo bambino.
Non si lamentava mai, ma il grano era poco ed il vino inesistente. Per quanti sforzi facessero, la loro situazione economica non cambiava.
La voglia di cambiar vita, spinse Lino a tentare la via dell'espatrio. Aveva sentito dire che in Germania tutti vivevano bene, il lavoro non mancava ed era ben retribuito. Convinse Angela a ritornare nella sua casa di ragazza col bambino e parti per la grande avventura.
Una valigia di cartone legata con uno spago, pochi indumenti, una fotografia e tanta malinconia, furono il suo bagaglio.
Amava la sua terra e con gli occhi pieni di lacrime la salutò, mentre il sole tramontava ed il cielo si colorava di tutte le tonalità del rosso.
Il viaggio fu lunghissimo e dovette cambiare più treni, prima di arrivare in Germania.
Il paesaggio cambiava in continuazione.... Al posto delle brulle campagne, ai suoi occhi si presentarono prati verdissimi e monti amnantati di neve, fiumi scroscianti e città ordinate. Dusseldorf lo sbalordi'. Le strade erano ampie , tranne che nel centro storico, pieno di vicoli, i palazzi erano leggiadri ed i parchi erano bellissimi e verdeggianti. Nelle giornate di sole la gente si riversava nei parchi e si sdraiava a terra, proprio come in Italia si faceva in riva al mare. Sorgeva sul Reno, aveva molte industrie e tanti Bar. Era elegantissima e la chiamavano "la Parigi" della Germania.
Lo sorprese la grande varietà di razze, che vivevano pacificamente tra di loro. I Giapponesi erano i più numerosi e, nel quartiere nipponico potevi mangiare giapponese e comprare giapponese.
Ma c'erano anche tanti italiani
Era facile trovare lavoro e ben presto Lino si sistemò in una casetta con tutti i conforts.
Gli mancava l'Italia, gli mancavano Angela ed il piccolo Carlo.
Passò un anno e finalmente Lino poté telegrafare ad Angela, perché lo raggiungesse e potessero finalmente riunire la loro famiglia.
Finalmente si riabbracciarono...
Lavorarono sodo e, pian piano, la loro famiglia si ingrandi': nacquero due altri maschietti, una femminuccia e, per ultimo un pupo bellissimo.
Erano felici.
La nostalgia dell'Italia però, li ossessionava.
Attraverso un bollettino per le vendite all'asta del Tribunale di Brindisi, vennero a conoscenza della vendita di un vasto appezzamento di terreno. Comprensivo di una grande e bella Masseria. I terreni si estendevano per svariati ettari. Insieme ai terreni coltivabili, c'era anche un vasto appezzamento di macchia mediterranea ed una grande estensione di terreno brullo, costituito da rocce calcaree in cui c'erano state vecchie cave di tufi e sul quale non si poteva coltivare alcunché...
Ma loro avrebbero voluto allevare del bestiame, produrre la merce che si poteva ottenere col latte, coltivare erba medica ed ortaggi.
Tutto era perfetto, tutto diventava un sogno accarezzato per tanti anni, che finalmente avrebbe potuto realizzarsi.
L'adrenalina era nei loro corpi... Sognavano l'Italia, sognavano un futuro generoso di soddisfazioni e sognavano una famiglia unita ed impegnata per perseguire lo stesso fine.
Ma ci volevano dei soldi per partecipare all'asta. Ma tutto era deciso ed irrinunciabile.
Vendettero la loro casa e prelevarono tutti i loro risparmi... Ma il denaro era insufficiente per garantire la partecipazione all'asta.
Andarono allora in Banca ed ottennero, previa ipoteca sull'acquisto, un generoso mutuo.
Finalmente la vita li ricompensava per i loro sacrifici... Avrebbero lavorato sodo, avrebbero estinto il debito ed avrebbero vissuto tutti insieme in quel grande caseggiato.
Il cielo della Puglia era quasi sempre terso ed il vento gentile. Iniziava la bella stagione e l'erba verde brillava di rugiada.
La gente del paese era ossequiosa e salutava Lino,togliendosi il cappello e chiamandolo Padron Lino.
Le stalle furono pulite e popolate da 12 mucche da latte. Guidati da un vecchio "Massaru", la famiglia imparò a governare le bestie, a mungerle e a lavorare il latte, ottenendo del buon formaggio e della ricotta sempre fresca.
La terra fu dissodata, seminata e coltivata ad erba medica ed ortaggi.
Furono piantati ettari ed ettari di pomodori, da vendere ai grandi salsifici, furono allevati centinaia di conigli e fu acquistato un piccolo gregge di pecore.
Il lavoro era tanto, ma ogni componente della famiglia aveva un compito, che svolgeva egregiamente.
Quando a sera Angela e Lino tiravano le somme della giornata, erano stanchi, ma felici.
Il lavoro non faceva paura ed il raccolto si preannunciava ricco ed abbondante.
Dovevano però ristrutturare la masseria e contavano di farlo col guadagno della vendita dei pomodori. Erano pomodori di San Marzano e crescevano sulla pianta sani e rossi. Tra non molto ci sarebbe stata la vendita al salsificio della Cirio. Non vendettero neanche un chilo di pomodori ai rivenditori che ne facevano richiesta, perché aspettavano da un momento all'altro l'arrivo dei camion della Cirio.
Avrebbero venduto tutto ad un unico compratore, avrebbero pagato le rate del mutuo alla Banca ed avrebbero avuto abbastanza soldi per concedersi di assumere qualche operaio, che li aiutasse.
Ma il tempo passò, i pomodori maturarono troppo sulla pianta e la Cirio si rifiuto' di comprarli.
Una intera stagione di sacrifici e di lavoro era andata persa, il guadagno andato in fumo, le rate del mutuo impagate.
Il loro debito aumentò parecchio per la mora che fu applicata e l'umore diventò pessimo.
La Banca li tallonava e minacciava l'esproprio delle terre e della masseria. La situazione economica precipitò e coloro che lo chiamavano Padron Lino, cominciarono a perdere il rispetto, che era solo rappresentato dai soldi e lo presero in giro per la sua dabbenaggine. Allora una gran parte dei terreni fertili, furono lottizzati e venduti a vari compratori. Era l'inizio della fine. La parte rocciosa fu utilizzata come cava e furono sventrati parecchi ettari attorno alla masseria.
Continuarono a lavorare alacremente per poter salvare il salvabile e per non rimanere senza un tetto sulla testa. La Banca la faceva da padrona e a nulla valsero i sacrifici: ormai erano sull'orlo della bancarotta.
Una mattina trovarono le porte delle stalle spalancate e gli ovili vuoti. Tutto il loro bestiame era stato rubato!!!
Lo sconforto serpeggio'tra tutti i componenti, che cominciarono a patire la fame, perché più nessuno faceva credito a quella famiglia sfortunata...
Con grande coraggio i figli ritornarono in Germania, lasciando soli i genitori. Era la fine...
Non avevano da mangiare, sopravvivevano, cercando nella campagna erbe commestibili ed accettando da un fornaio il pane invenduto.
E fu la volta della luce elettrica. L'Enel staccò la corrente ed i due rimasero senza luce, senza acqua ed in condizioni igieniche precarie.
Sembra una favola, una favola popolata solo da personaggi raccapriccianti, da mostri che fagogitano il fegato delle persone... Una favola nera!
E così nera e fosca era diventata la loro vita. Ormai erano allo stremo:la loro salute era diventata precaria e più volte il 118 dovette portare Lino in ospedale, per piccoli infarti.
Dovevano andarsene, oppure sarebbero morti lì abbandonati da tutto e da tutti! Ma in Lino parlava l'orgoglio e non voleva ammettere di aver sbagliato speculazione. Aveva investito la vita di tutta la sua famiglia in un'impresa troppo grande per loro, che erano buoni ed ingenui.
Bisogna essere cinici e pronti ad essere disonesti , per combattere con gli imbrogli e gli inganni, che arricchiscono solo poca gente, solo chi è votata al compromesso.
I figli hanno portato via di peso Lino, che in quella masseria ha lasciato l'anima.
Adesso vaga per le vie con lo sguardo perso, con la mente volta ad una visione di erba brillante, mossa dal vento, di arnenti belanti e di campi lussureggianti.
I suoi occhi guardano lontano, inseguono un sogno, un sogno che pensava fosse facile realizzare e che invece lo ha portato sull'orlo della depressione. Continua...



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Racconto scritto il 08/02/2020 - 13:01
Da Teresa Peluso
Letta n.811 volte.
Voto:
su 4 votanti


Commenti


Grazie Giacomo e Millina. Purtroppo sono sempre i deboli che non hanno giustizia. Grazie.

Teresa Peluso 09/02/2020 - 18:08

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Storia di fatica, speranza e sconforto. E dell'impotenza dell'onesto di fronte al cinico, tema purtroppo sempre attuale.
Ciao!

Millina Spina 09/02/2020 - 18:06

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Bel racconto, molto coinvolgente e ben scritto. Brava!

Giacomo C. Collins 09/02/2020 - 17:03

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Un racconto ricco di patos. Una lettura scorrevole e coinvolgente. C'è in esso tanta tristezza, ma anche tutte le speranze ed i sacrifici dei nostri emigranti. Fortunatamente a qualcuno è andata bene economicamente, ma la nostalgia per la propria terra rimane sempre.Complimenti. Un saluto

santa scardino 09/02/2020 - 10:53

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Un racconto ricco di patos. Una lettura scorrevole e coinvolgente. C'è in esso tanta tristezza, ma anche tutte le speranze ed i sacrifici dei nostri emigranti. Fortunatamente a qualcuno è andata bene economicamente, ma la nostalgia per la propria terra rimane sempre.Complimenti. Un saluto

santa scardino 09/02/2020 - 08:47

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Ti ringrazio, Maria Luisa.

Teresa Peluso 09/02/2020 - 08:36

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Un triste ma bellissimo racconto, scorrevole nella lettura e molto coinvolgente, brava, complimenti!

Maria Luisa Bandiera 09/02/2020 - 08:22

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Grazie mille, Grazia.

Teresa Peluso 08/02/2020 - 19:52

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Hai reso molto bene la disperazione, Teresa...caspita che racconto!
Brava!

Grazia Giuliani 08/02/2020 - 18:40

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Grazie Mirko.

Teresa Peluso 08/02/2020 - 16:15

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"e il vento gentile"...come questo tuo bellissimo racconto.
Aspetto il seguito

Mirko D. Mastro(Poeta) 08/02/2020 - 16:03

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Grazie Antonio. In effetti non posto poesie dall'inizio di gennaio. A volte sfuggono, ma il mio primo amore rimane la poesia. Tu, sempre bravo.

Teresa Peluso 08/02/2020 - 15:23

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Comincio ad apprezzarti anche come scrittrice ma mi mancano le tue poesie

Antonio Girardi 08/02/2020 - 15:14

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