CADUTA LIBERA
Ogni pezzo era ormai sistemato, anzi, ne mancava solo uno.
La signora Marley indossava la solita vestaglia di velluto bianco, nitido e piacevole al tatto allo stesso tempo.
Erano le 5.43, suo marito sarebbe arrivato tra soli 7 minuti.
Il grande pianoforte risplendeva tra le antiche mure della casa, la villa Aje.
Era un posto davvero magnifico, ma che col tempo aveva perso tutto il suo fascino: le mura ormai crepate, la porta vecchia e cigolante… solo una cosa era rimasta al suo solito ordine, solo una cosa affascinava i passanti curiosi di sapere chi ci abitava: era il giardino.
Era davvero magnifico: le rose appena fiorite ti accompagnavano all'entrata, l’edera ricopriva le scale, gli alberi con i loro germogli davano luce alle tenebre del palazzo e qualche fontana zampillante faceva cadere le gocce d’acqua che formavano un arcobaleno risplendendo alla luce del sole.
La signora Marley era però una donna triste e sola, da quando suo marito era scappato di casa e… non era più tornato.
Da quel giorno aveva deciso di fare un puzzle e, quando sarebbe mancato solo l'ultimo pezzo per completare l’opera, avrebbe aspettato suo marito che con il solito abito nero, molto formale, sarebbe tornato dal lavoro, l’avrebbe baciata e insieme avrebbero terminato il duro lavoro.
5.50.
Le speranze della signora si erano ormai affievolite, un’ombra oscura e maligna le aveva circondato l’anima, tutti i ricordi si sovrastavano alle tante certezze che, fino ad ora, era sicura di avere.
Pensò alla sera in cui l’uomo era scomparso, pensava che sarebbe tornato…
Niente.
Non sentì il solito passo pesante, ne la voce rauca e possente, che in realtà nascondeva un uomo molto dolce e solidale.
Niente.
“La speranza è l’ultima a morire”, lo dicono in molti, ma per la signora Marley questa era una frase da buttare via ormai, priva di senso.
Decise quindi di andare a letto, di farsi una camomilla. Si bruciò la lingua e la bevve troppo velocemente, ma non ci fece caso.
La mattina arrivò molto presto e, per la prima volta dopo molti giorni, per la precisione 353, la signora Marley uscì di casa.
La sua vita era come un puzzle ormai: ogni pezzo al suo posto, tutti tranne uno, il più importante.
Andò a prendere il pane sfidando gli sguardi aggressivi della gente di Rye. Cittadina piccola si, ma piena zeppa di pregiudizi.
Subito dopo andò a casa e con sorpresa e stupore, la polizia la aspettava davanti alla porta.
Li accompagnò in casa senza dire una parola, ma solo facendoli capire il significato di quello che voleva con i gesti.
Li fece accomodare e poi… le diedero la notizia peggiore che potessero: avevano trovato il corpo di suo marito nel fiume. Morto. Si era suicidato.
La signora rimase sconvolta e iniziò a distruggere il puzzle.
Ogni pezzo della sua vita era stato scombussolato, non aveva più senso.
Il duro lavoro, tutti i sacrifici. Erano buttati all’aria.
Cacciò la polizia da casa malamente.
Poi pianse, era un pianto silenzioso, che non faceva rumore, si vedevano solo le lacrime rigarle il viso, quasi creparlo.
Il giorno dopo gli arrivò una telefonata: sua zia, in campagna era deceduta a causa di un attacco cardiaco.
La signora distrusse un altro pezzo di puzzle.
Era cresciuta con quella zia a causa della morte improvvisa di entrambi i suoi genitori.
Sembrava che la vita le stesse giocando un brutto scherzo.
Decise quindi di andare al fiume, con passo veloce.
Arrivò sulla riva, si spogliò e… si lasciò andare.
Tanto vale morire come suo marito. La morte era l’unica cosa che poteva unirli in questo momento.
Due giorni dopo trovarono il suo corpo, senza vita.
Con lei c’era anche il pezzo di puzzle, ormai sciolto per l’acqua.
La sua vita era andata in discesa, proprio come caduta libera.
Ogni pezzo era ormai sistemato, anzi, ne mancava solo uno.
La signora Marley indossava la solita vestaglia di velluto bianco, nitido e piacevole al tatto allo stesso tempo.
Erano le 5.43, suo marito sarebbe arrivato tra soli 7 minuti.
Il grande pianoforte risplendeva tra le antiche mure della casa, la villa Aje.
Era un posto davvero magnifico, ma che col tempo aveva perso tutto il suo fascino: le mura ormai crepate, la porta vecchia e cigolante… solo una cosa era rimasta al suo solito ordine, solo una cosa affascinava i passanti curiosi di sapere chi ci abitava: era il giardino.
Era davvero magnifico: le rose appena fiorite ti accompagnavano all'entrata, l’edera ricopriva le scale, gli alberi con i loro germogli davano luce alle tenebre del palazzo e qualche fontana zampillante faceva cadere le gocce d’acqua che formavano un arcobaleno risplendendo alla luce del sole.
La signora Marley era però una donna triste e sola, da quando suo marito era scappato di casa e… non era più tornato.
Da quel giorno aveva deciso di fare un puzzle e, quando sarebbe mancato solo l'ultimo pezzo per completare l’opera, avrebbe aspettato suo marito che con il solito abito nero, molto formale, sarebbe tornato dal lavoro, l’avrebbe baciata e insieme avrebbero terminato il duro lavoro.
5.50.
Le speranze della signora si erano ormai affievolite, un’ombra oscura e maligna le aveva circondato l’anima, tutti i ricordi si sovrastavano alle tante certezze che, fino ad ora, era sicura di avere.
Pensò alla sera in cui l’uomo era scomparso, pensava che sarebbe tornato…
Niente.
Non sentì il solito passo pesante, ne la voce rauca e possente, che in realtà nascondeva un uomo molto dolce e solidale.
Niente.
“La speranza è l’ultima a morire”, lo dicono in molti, ma per la signora Marley questa era una frase da buttare via ormai, priva di senso.
Decise quindi di andare a letto, di farsi una camomilla. Si bruciò la lingua e la bevve troppo velocemente, ma non ci fece caso.
La mattina arrivò molto presto e, per la prima volta dopo molti giorni, per la precisione 353, la signora Marley uscì di casa.
La sua vita era come un puzzle ormai: ogni pezzo al suo posto, tutti tranne uno, il più importante.
Andò a prendere il pane sfidando gli sguardi aggressivi della gente di Rye. Cittadina piccola si, ma piena zeppa di pregiudizi.
Subito dopo andò a casa e con sorpresa e stupore, la polizia la aspettava davanti alla porta.
Li accompagnò in casa senza dire una parola, ma solo facendoli capire il significato di quello che voleva con i gesti.
Li fece accomodare e poi… le diedero la notizia peggiore che potessero: avevano trovato il corpo di suo marito nel fiume. Morto. Si era suicidato.
La signora rimase sconvolta e iniziò a distruggere il puzzle.
Ogni pezzo della sua vita era stato scombussolato, non aveva più senso.
Il duro lavoro, tutti i sacrifici. Erano buttati all’aria.
Cacciò la polizia da casa malamente.
Poi pianse, era un pianto silenzioso, che non faceva rumore, si vedevano solo le lacrime rigarle il viso, quasi creparlo.
Il giorno dopo gli arrivò una telefonata: sua zia, in campagna era deceduta a causa di un attacco cardiaco.
La signora distrusse un altro pezzo di puzzle.
Era cresciuta con quella zia a causa della morte improvvisa di entrambi i suoi genitori.
Sembrava che la vita le stesse giocando un brutto scherzo.
Decise quindi di andare al fiume, con passo veloce.
Arrivò sulla riva, si spogliò e… si lasciò andare.
Tanto vale morire come suo marito. La morte era l’unica cosa che poteva unirli in questo momento.
Due giorni dopo trovarono il suo corpo, senza vita.
Con lei c’era anche il pezzo di puzzle, ormai sciolto per l’acqua.
La sua vita era andata in discesa, proprio come caduta libera.
Racconto scritto il 30/03/2020 - 10:22
Letta n.771 volte.
Voto: | su 2 votanti |
Commenti
Una storia drammatica, ben scritta...
Grazia Giuliani 31/03/2020 - 17:14
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