Oltre il limite
Chi come me ha avuto l’opportunità di percorrere periodicamente, la mattina presto, la via Vittor Pisani a Milano, da Piazza della Repubblica alla stazione centrale, sa di che cosa sto parlando.
Quando i negozi ed i locali (esclusi un paio di bar) sono ancora chiusi, quegli eleganti porticati di marmo fungono da riparo e camera da letto per una moltitudine di uomini e donne che passano lì la notte avvolti in coperte variopinte, ma scolorite. Sono quelle persone che per scelta o per necessità vivono ai confini della società, e che ai più sembrano al di sotto del limite della dignità umana. Fino a pochi decenni fa queste persone venivano chiamate “Barboni”, ad un certo punto hanno assunto la denominazione di “senza tetto”, cercando di scopiazzare l’espressione americana “homeless”, forse perché a qualcuno sarà sembrata meno degradante, in un tempo ed in un luogo dove tutto è meglio che appaia lindo ed ordinato.
La mattina presto, questi uomini e queste donne cominciano ad emergere dai loro giacigli apparentemente improvvisati, ma che invece sono stati arrangiati con molta cura la sera prima dai loro stessi occupanti.
Cominciano ad emergere, ma senza la frenesia tipica di Milano, con quella lentezza propria di chi sa di non avere nessun motivo per fare di fretta o anche di chi non riesce a muoversi più velocemente per il freddo subito durante la notte.
Percorrendo spesso al mattino questa strada per motivi di studio, avevo modo di vedere quella faccia di Milano, (ma anche di tutte le nostre città) che un po’ per pudore, un po’ per vergogna tutti cerchiamo di rimuovere dai nostri pensieri durante la giornata.
Non nascondo che le prime volte avevo un po’ di paura, poi, piano piano, quella situazione mi è diventata familiare, anche se non posso dire di essermi mai abituato.
Alcune volte mi sono fermato a scambiare anche qualche parola con alcuni di loro.
All’incrocio con la via Antonio Locatelli, dal quale guardando verso sinistra si possono intravedere gli avveniristici palazzi di Piazza Gae Aulenti, mi è capitato di fare due chiacchiere con una donna, piccolina, con i capelli lunghi e brizzolati. Una età indefinibile, ma che di sicuro non era più quella dei trent’anni, e che di sicuro non aveva raggiunto i settanta. Mi ha raccontato che le piaceva vivere lì aveva un figlio che non andava mai a trovarla, e lei non lo cercava, perché lui aveva un buon lavoro e si era fatto anche una famiglia. Aveva un accento che non era di Milano, forse neanche italiano, si esprimeva però correttamente e non coloriva il suo discorso con parole volgari come tanti altri senza tetto (e non solo) fanno. Da allora tutte le volte che passavo da lì mi salutava. Qualche volta, se non avevo troppa fretta (evento raro, per la verità) prendevo un caffè al bar poco più avanti e glielo portavo.
Un’altra volta con un gruppo di cui facevo parte, alla vigilia di Natale avevamo pensato di fare il giro dei senza tetto, con delle coperte e degli abiti smessi, ma ancora in ottime condizioni, per fargliene regalo. È stato difficilissimo !
Quasi tutti rifiutavano perché dicevano di avere già tutto quanto serviva.
È stata in quella occasione che uno di loro mi ha chiesto se non avessi invece una bottiglia di vino da dargli. Mi ha colpito e mi sono fermato a parlare un po’. Mi ha detto che a lui non importava di dormire per terra, sotto un portico, non gli importava di essere sporco (in effetti aveva le unghie nere ed emanava un odore molto forte). L’importante era che non gli mancasse mai il vino. Era come se fosse terrorizzato dall’idea di poter essere sobrio per un po’ di tempo.
Chissà che cosa spinge degli esseri umani a vivere così ai margini ?
È un volere arrendersi o è semplicemente che per diversi motivi non riescono più ad uscirne fuori ?
Probabilmente quando si scivola nel degrado, esiste un limite raggiunto il quale non si riesce più a tornare indietro.
Molti di noi considerano degrado comportarsi come fanno i senza tetto, ma che dire di quelli invece che inondati di soldi e di successo perdono tutti gli scrupoli e tutti i valori ed impostano la propria vita unicamente per l’ottenimento ed il mantenimento di soldi e successo ?
Per me anche queste persone hanno raggiunto quel limite oltre il quale non riescono più a tornare indietro. Forse è un limite ancora più estremo, perché se cerco di parlare con uno di loro, non si accorge neanche di me. Un barbone, almeno mi risponde.
Quando i negozi ed i locali (esclusi un paio di bar) sono ancora chiusi, quegli eleganti porticati di marmo fungono da riparo e camera da letto per una moltitudine di uomini e donne che passano lì la notte avvolti in coperte variopinte, ma scolorite. Sono quelle persone che per scelta o per necessità vivono ai confini della società, e che ai più sembrano al di sotto del limite della dignità umana. Fino a pochi decenni fa queste persone venivano chiamate “Barboni”, ad un certo punto hanno assunto la denominazione di “senza tetto”, cercando di scopiazzare l’espressione americana “homeless”, forse perché a qualcuno sarà sembrata meno degradante, in un tempo ed in un luogo dove tutto è meglio che appaia lindo ed ordinato.
La mattina presto, questi uomini e queste donne cominciano ad emergere dai loro giacigli apparentemente improvvisati, ma che invece sono stati arrangiati con molta cura la sera prima dai loro stessi occupanti.
Cominciano ad emergere, ma senza la frenesia tipica di Milano, con quella lentezza propria di chi sa di non avere nessun motivo per fare di fretta o anche di chi non riesce a muoversi più velocemente per il freddo subito durante la notte.
Percorrendo spesso al mattino questa strada per motivi di studio, avevo modo di vedere quella faccia di Milano, (ma anche di tutte le nostre città) che un po’ per pudore, un po’ per vergogna tutti cerchiamo di rimuovere dai nostri pensieri durante la giornata.
Non nascondo che le prime volte avevo un po’ di paura, poi, piano piano, quella situazione mi è diventata familiare, anche se non posso dire di essermi mai abituato.
Alcune volte mi sono fermato a scambiare anche qualche parola con alcuni di loro.
All’incrocio con la via Antonio Locatelli, dal quale guardando verso sinistra si possono intravedere gli avveniristici palazzi di Piazza Gae Aulenti, mi è capitato di fare due chiacchiere con una donna, piccolina, con i capelli lunghi e brizzolati. Una età indefinibile, ma che di sicuro non era più quella dei trent’anni, e che di sicuro non aveva raggiunto i settanta. Mi ha raccontato che le piaceva vivere lì aveva un figlio che non andava mai a trovarla, e lei non lo cercava, perché lui aveva un buon lavoro e si era fatto anche una famiglia. Aveva un accento che non era di Milano, forse neanche italiano, si esprimeva però correttamente e non coloriva il suo discorso con parole volgari come tanti altri senza tetto (e non solo) fanno. Da allora tutte le volte che passavo da lì mi salutava. Qualche volta, se non avevo troppa fretta (evento raro, per la verità) prendevo un caffè al bar poco più avanti e glielo portavo.
Un’altra volta con un gruppo di cui facevo parte, alla vigilia di Natale avevamo pensato di fare il giro dei senza tetto, con delle coperte e degli abiti smessi, ma ancora in ottime condizioni, per fargliene regalo. È stato difficilissimo !
Quasi tutti rifiutavano perché dicevano di avere già tutto quanto serviva.
È stata in quella occasione che uno di loro mi ha chiesto se non avessi invece una bottiglia di vino da dargli. Mi ha colpito e mi sono fermato a parlare un po’. Mi ha detto che a lui non importava di dormire per terra, sotto un portico, non gli importava di essere sporco (in effetti aveva le unghie nere ed emanava un odore molto forte). L’importante era che non gli mancasse mai il vino. Era come se fosse terrorizzato dall’idea di poter essere sobrio per un po’ di tempo.
Chissà che cosa spinge degli esseri umani a vivere così ai margini ?
È un volere arrendersi o è semplicemente che per diversi motivi non riescono più ad uscirne fuori ?
Probabilmente quando si scivola nel degrado, esiste un limite raggiunto il quale non si riesce più a tornare indietro.
Molti di noi considerano degrado comportarsi come fanno i senza tetto, ma che dire di quelli invece che inondati di soldi e di successo perdono tutti gli scrupoli e tutti i valori ed impostano la propria vita unicamente per l’ottenimento ed il mantenimento di soldi e successo ?
Per me anche queste persone hanno raggiunto quel limite oltre il quale non riescono più a tornare indietro. Forse è un limite ancora più estremo, perché se cerco di parlare con uno di loro, non si accorge neanche di me. Un barbone, almeno mi risponde.
Racconto scritto il 30/05/2020 - 13:21
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Commenti
Non volevano le coperte e gli abiti perché non sanno dove metterli, nel senso che gli basta 1 abito e un saccoapelo e il resto gli sarebbe di imbroglio. I motivi per cui si arriva a vivere in quel modo penso possano essere i più vari.Sono d’accordo sul fatto che superato un certo limite sia impossibile(forse) tornare indietro. Ma, come dici tu nel finale, ci sono limiti ancora più squallidi che l’essere umano supera perdendo le qualità migliori che potrebbe avere.
Anna Maria Foglia 30/05/2020 - 16:00
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