L’Alba del Serafino (Il bacio…)
-incisa nella lastra sottile di metallo sulla porta della IX Stanza
§ unum
Il bacio del beccaccino
Da un capo all’altro nelle terre di Poèsia confusione e tormento strizzavano le anime delle genti, ingarbugliavano le menti in inutili disquisizioni irriguardose tanto per dire qualcosa.
Come per il mondo di Fantàsia (ai meno giovani saranno subito venuti alla mente Bastian e le avventure di Atreyu per fermare il Nulla) anche qui è necessario credere nei sogni, ma non troverete Oracoli o Torri d’Avorio, o draghi.
La vita in queste terre costringeva ogni giorno a fare i conti con le necessità quotidiane, e gli abitanti del regno non manifestavano che l’esigenza del distacco dello spirito umano dalle cose materiali… almeno durante i temporali che illuminano i pani sul segno della croce per la modesta tavola.
Perché l'anima a volte può fare voli complessi da spiegare...
Guardando in cielo le nuvole, quelle bianche e altre cariche di pioggia, possono sembrare tasti di un pianoforte. I gabbiani, che in realtà sono poiane, è come se li suonassero sul mare a quadretti dinanzi. Che in realtà è una distesa di risaie.
Le menti arrivano a ritenere queste immagini degne di poesie da scrivere.
Quando piove, qui il cielo lo fa perché qualcuno gli manca.
Hadrianus il Pacifico dopo undici anni di regno e di pace ha deciso di abdicare, e la musica della pioggia per gli abitanti di Poèsia è divenuta solitudine fatta di suoni rotti.
L’anziano sire senza prole dovrà ora scegliere il suo successore.
Da tutto il reame si son messi in cammino i dieci Signori del Rigo. E dai dieci Luoghi del mondo, gli Alti Spiriti.
Perché Poèsia sorge sulle terre degli uomini e s’innalza sino alle colline delle Quattro Lettere dove ogni re sa che alla fine del proprio viaggio siederà alle due tavole di pietra dinanzi a Yhwh, colui il cui nome non va pronunciato.
Coloro che regnano dai dieci Luoghi del mondo lo chiamano Hashem “Il Nome”.
Il vento stamattina è gelido. Di quelli che tagliano la faccia. Il vecchio re sta seduto sotto il grande Albero della Scrittura con le mani nelle tasche, in quelle interne pesano i ricordi.
Piegato all’indietro come fa un tulipano. Pensa forse a tutte le volte che ha spolverato la Montagna, ma non con le scope che si conoscono. Con una magica, con le setole fatte di vento.
A quella prima volta in cui chiese al Padre che fine fa la neve…
“La neve è magica anche lei, ne hai un pochino sulla faccia” un luccio con la bocca di zucchero. Nei suoi occhi nessuna rosa, ma l’ombra dei fossi. Seduto a terra a gambe incrociate, coi giorni portati in braccio dalla corrente.
Per undici lunghi anni il pacifico sovrano gli ha usato questa premura, ma il monte Oreb e la senescenza non hanno ricambiato la cortesia.
Ora dorme all’ombra di papaveri rossi, e lascia che il vento gli passi un po’ addosso. Dentro alla bocca stringe parole… che entrano nelle tasche, e tagliano i pensieri.
Un luccio riposa sul pelo dell’acqua. Tra i suoi capelli argentati.
Va a fondo la notte nell’ultimo chiurlare di un assiolo. E su un manipolo di uomini in marcia solo da qualche minuto o il tempo di un assolo. L’alba sul viso invita il primo cavaliere alla danza di un mesto sorriso. Appesi a un filo nella mente pensieri come il soffio di un cigno.
Dietro di lui galoppano paladini di grafite attraverso i confini più nascosti del cuore. E un individuo strano non poi così strano con un palloncino gonfiato a bocca, tenuto al polso dal nodo di Ian.
Nell’aria sospettosa tra le piume di un beccaccino cavalca con il bavero alzato un Signore del Rigo.
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Grazie Anna Maria, i tuoi commenti riempiono sempre il cuore
E qui, mi pare, siamo davanti alla porta della decima stanza. Domanda: “chi è il signore del Rigo?” che curiosa dirai!