Social. Cloud. Emoji. Internet. Online. Queste sono solo cinque delle tante parole che ci circondano ogni giorno, dal mattino appena svegli, alla sera, quando controlliamo l’ultimo messaggio arrivato sul cellulare.
C’è chi pensa che le tecnologie digitali abbiano rovinato i rapporti reali, che abbiano fatto rinchiudere i giovani in un mondo formato da messaggi ed app, ma c’è anche chi crede che abbiano rivoluzionato la vita dell’uomo in modo positivo, offrendogli la possibilità di comunicare anche con chi è distante.
Ora, grazie agli smartphone, ai pc e ai tablet, non importa se ti trovi in America, in Cina o in Italia, le tecnologie digitali ci permettono di comunicare con tutti, anche grazie a una lingua comunitaria: l’inglese.
Ma allora qual è l’opinione più corretta? Io credo che non ci sia, o meglio, credo che dipenda da come ogni singolo individuo faccia uso degli strumenti digitali che gli sono offerti.
Proviamo ad immaginare uno studente universitario che, al mattino, segue le lezioni puntualmente, ma che al pomeriggio non riesce a resistere alla tentazione di giocare ai videogiochi e sarebbe disposto a passare l’intera giornata davanti allo schermo se non fosse per lo studio. Questo ragazzo a volte si scorda di pranzare per prendere il suo controller e andarsi a sedere sul divano, giocando per ore all’X-box.
In questo esempio le tecnologie digitali non sono più utilizzate come un valore, ma come uno sfogo che si è trasformato in dipendenza.
Se invece immaginiamo lo stesso studente universitario che al pomeriggio, dopo aver frequentato le lezioni in presenza studia utilizzando il pc, si informa e legge il giornale sul suo smartphone, sta utilizzando i mezzi informatici in modo produttivo, e ne sfrutta le potenzialità.
Se poi, dopo aver fatto ciò, decide di prendersi una pausa e di fare una partita a pes, il giovane si sta semplicemente divertendo e, anche in questo caso sta utilizzando le tecnologie digitali sotto un altro dei loro punti di vista: il divertimento e lo sfogo personale.
Gli incontri online.
Ma quando si parla di conference-call e, più semplicemente di incontri virtuali? Le tecnologie digitali sono l’antagonista della fiaba dell’uomo oppure rappresentano le loro più care amiche?
Io, in questo caso, opto per la seconda opzione.
Proviamo a pensarci: un gruppo di ricercatori si trova spesso in punti diversi del mondo per via degli studi che devono compiere. A fine giornata, dopo ore intense di lavoro, decidono di organizzare una videoconferenza per confrontare i risultati ottenuti con i loro colleghi. Da questo punto di vista l’informatica e la digitalizzazione hanno sicuramente aiutato l’uomo. Questo però vale anche per questioni non lavorative: degli amici, magari lontani da qualche settimana, grazie alla tecnologia hanno la possibilità di guardarsi negli occhi, anche se divisi da uno schermo, perfino per qualche ora… anche qui la tecnologia li aiuta ed offre loro la possibilità di dialogo, confronto e divertimento.
Ora ho solamente descritto degli incontri ristretti, fra conoscenti, ma se invece parlassi di piazze virtuali?
Molti attori, personaggi dello spettacolo, attivisti e politici, utilizzano i mezzi informatici per
svolgere degli incontri nei quali parlano alle persone dei loro ideali e gli fanno scoprire una parte magari sconosciuta di loro stessi. In questo caso gli uomini, le donne e i ragazzi che si collegano in rete non si conoscono tutti fra di loro, ma hanno in comune una cosa: si sono ritrovati tutti per lo stesso motivo.
Le tecnologie digitali risalgono intorno agli anni della seconda metà del novecento, quindi, la domanda è: prima come si incontravano le persone?
C’erano moltissimi modi, ma sicuramente offrivano la possibilità di incontri più ristretti, con un numero massimo di persone.
Nell’antichità, già dai tempi dei greci e dei romani, il popolo amava incontrarsi nelle piazze: esse rappresentavano il centro della vita sociale, dove si svolgeva il commercio e il mercato, ma erano anche il luogo dove i politici diffondevano i loro ideali.
Così, le persone che erano interessate, si disponevano in cerchio intorno al politico, professore o borghese che sia, e lo ascoltavano, cercando di comprendere al meglio le sue intenzioni. Il problema era che, oltre che un numero ristretto di persone, un uomo o una donna di un altro stato avrebbe faticato molto a raggiungere quell’incontro, anche se interessato, e probabilmente avrebbe dovuto rinunciarci.
Le piazze erano quindi luogo di ritrovo, proprio come lo sono oggi i social che costituiscono i principali punti di incontro, ma sicuramente le differenze sono moltissime, così tante che sarebbe impossibile evidenziare su un semplice foglio di carta tutti i vantaggi e gli svantaggi di ognuna.
Vediamone alcuni:
Abbiamo detto che entrambe offrono la possibilità di incontro e confronto anche se in maniera diversa: le piazze antiche delle città sono infatti il centro di un dibattito con un numero ristretto di persone, mentre le piazze virtuali offrono la possibilità di discutere in migliaia, se non decine di migliaia, riguardo ad un determinato argomento. Quindi, secondo me le piazze virtuali aprono una grande e vasta via del dialogo. Allo stesso tempo però, le piazze dei centri storici delle nostre città sono luoghi segreti, affascinanti e molto romantici che lasciano sempre qualcosa di nuovo da scoprire. Sull’argomento delle piazze virtuali si deve però evidenziare un altro fatto: i ragazzi, ancora deboli ed indifesi, dietro a uno schermo riescono ad esprimere più liberamente le loro emozioni, sentendosi quasi protetti. Io questo lo vedrei come una cosa molto positiva, che permette ai giovani di esprimere le loro idee e il loro pensiero, anche se, bisogna sempre prestare attenzione.
La parola piazza deriva dal greco e significa “largo”. Entrambe le piazze, sia reali che virtuali, rappresentano una larga via di confronto.
Oggi, grazie alle tecnologie digitali, siamo riusciti ad affrontare un periodo difficile. Io stessa mi sono collegata da casa per seguire le lezioni e devo ringraziare proprio gli strumenti informatici dei quali ero in possesso, perché senza essi sarebbe stato impossibile. Nelle grandi città c’è ovviamente una possibilità più ampia, rispetto ai paesi di montagna, ma ora la tecnologia ha proseguito il suo viaggio anche in quest’ultimi che sono ormai tutti dotati di una rete di collegamento, anche se a volte instabile. L’uomo vive ormai in simbiosi con le tecnologie digitali e credo che questa sia un grande fatto, che lo porterà molto lontano e che lo aiuterà in situazioni di emergenza, proprio come quella che abbiamo appena vissuto e che tuttora stiamo vivendo.
A volte però, io personalmente preferisco disconnettermi e tornare a contemplare la bellezza di leggere un libro vero, con le pagine profumate e che producono quel suono così piacevole quando le giri... La cosa bella delle tecnologie digitali è che possono vivere in coesione con l’antichità e che analogico e digitale vivono all’interno di ognuno di noi, in un’esistenza parallela.
E come disse Steve Jobs: “La creatività è mettere in connessione le cose tra loro…”
C’è chi pensa che le tecnologie digitali abbiano rovinato i rapporti reali, che abbiano fatto rinchiudere i giovani in un mondo formato da messaggi ed app, ma c’è anche chi crede che abbiano rivoluzionato la vita dell’uomo in modo positivo, offrendogli la possibilità di comunicare anche con chi è distante.
Ora, grazie agli smartphone, ai pc e ai tablet, non importa se ti trovi in America, in Cina o in Italia, le tecnologie digitali ci permettono di comunicare con tutti, anche grazie a una lingua comunitaria: l’inglese.
Ma allora qual è l’opinione più corretta? Io credo che non ci sia, o meglio, credo che dipenda da come ogni singolo individuo faccia uso degli strumenti digitali che gli sono offerti.
Proviamo ad immaginare uno studente universitario che, al mattino, segue le lezioni puntualmente, ma che al pomeriggio non riesce a resistere alla tentazione di giocare ai videogiochi e sarebbe disposto a passare l’intera giornata davanti allo schermo se non fosse per lo studio. Questo ragazzo a volte si scorda di pranzare per prendere il suo controller e andarsi a sedere sul divano, giocando per ore all’X-box.
In questo esempio le tecnologie digitali non sono più utilizzate come un valore, ma come uno sfogo che si è trasformato in dipendenza.
Se invece immaginiamo lo stesso studente universitario che al pomeriggio, dopo aver frequentato le lezioni in presenza studia utilizzando il pc, si informa e legge il giornale sul suo smartphone, sta utilizzando i mezzi informatici in modo produttivo, e ne sfrutta le potenzialità.
Se poi, dopo aver fatto ciò, decide di prendersi una pausa e di fare una partita a pes, il giovane si sta semplicemente divertendo e, anche in questo caso sta utilizzando le tecnologie digitali sotto un altro dei loro punti di vista: il divertimento e lo sfogo personale.
Gli incontri online.
Ma quando si parla di conference-call e, più semplicemente di incontri virtuali? Le tecnologie digitali sono l’antagonista della fiaba dell’uomo oppure rappresentano le loro più care amiche?
Io, in questo caso, opto per la seconda opzione.
Proviamo a pensarci: un gruppo di ricercatori si trova spesso in punti diversi del mondo per via degli studi che devono compiere. A fine giornata, dopo ore intense di lavoro, decidono di organizzare una videoconferenza per confrontare i risultati ottenuti con i loro colleghi. Da questo punto di vista l’informatica e la digitalizzazione hanno sicuramente aiutato l’uomo. Questo però vale anche per questioni non lavorative: degli amici, magari lontani da qualche settimana, grazie alla tecnologia hanno la possibilità di guardarsi negli occhi, anche se divisi da uno schermo, perfino per qualche ora… anche qui la tecnologia li aiuta ed offre loro la possibilità di dialogo, confronto e divertimento.
Ora ho solamente descritto degli incontri ristretti, fra conoscenti, ma se invece parlassi di piazze virtuali?
Molti attori, personaggi dello spettacolo, attivisti e politici, utilizzano i mezzi informatici per
svolgere degli incontri nei quali parlano alle persone dei loro ideali e gli fanno scoprire una parte magari sconosciuta di loro stessi. In questo caso gli uomini, le donne e i ragazzi che si collegano in rete non si conoscono tutti fra di loro, ma hanno in comune una cosa: si sono ritrovati tutti per lo stesso motivo.
Le tecnologie digitali risalgono intorno agli anni della seconda metà del novecento, quindi, la domanda è: prima come si incontravano le persone?
C’erano moltissimi modi, ma sicuramente offrivano la possibilità di incontri più ristretti, con un numero massimo di persone.
Nell’antichità, già dai tempi dei greci e dei romani, il popolo amava incontrarsi nelle piazze: esse rappresentavano il centro della vita sociale, dove si svolgeva il commercio e il mercato, ma erano anche il luogo dove i politici diffondevano i loro ideali.
Così, le persone che erano interessate, si disponevano in cerchio intorno al politico, professore o borghese che sia, e lo ascoltavano, cercando di comprendere al meglio le sue intenzioni. Il problema era che, oltre che un numero ristretto di persone, un uomo o una donna di un altro stato avrebbe faticato molto a raggiungere quell’incontro, anche se interessato, e probabilmente avrebbe dovuto rinunciarci.
Le piazze erano quindi luogo di ritrovo, proprio come lo sono oggi i social che costituiscono i principali punti di incontro, ma sicuramente le differenze sono moltissime, così tante che sarebbe impossibile evidenziare su un semplice foglio di carta tutti i vantaggi e gli svantaggi di ognuna.
Vediamone alcuni:
Abbiamo detto che entrambe offrono la possibilità di incontro e confronto anche se in maniera diversa: le piazze antiche delle città sono infatti il centro di un dibattito con un numero ristretto di persone, mentre le piazze virtuali offrono la possibilità di discutere in migliaia, se non decine di migliaia, riguardo ad un determinato argomento. Quindi, secondo me le piazze virtuali aprono una grande e vasta via del dialogo. Allo stesso tempo però, le piazze dei centri storici delle nostre città sono luoghi segreti, affascinanti e molto romantici che lasciano sempre qualcosa di nuovo da scoprire. Sull’argomento delle piazze virtuali si deve però evidenziare un altro fatto: i ragazzi, ancora deboli ed indifesi, dietro a uno schermo riescono ad esprimere più liberamente le loro emozioni, sentendosi quasi protetti. Io questo lo vedrei come una cosa molto positiva, che permette ai giovani di esprimere le loro idee e il loro pensiero, anche se, bisogna sempre prestare attenzione.
La parola piazza deriva dal greco e significa “largo”. Entrambe le piazze, sia reali che virtuali, rappresentano una larga via di confronto.
Oggi, grazie alle tecnologie digitali, siamo riusciti ad affrontare un periodo difficile. Io stessa mi sono collegata da casa per seguire le lezioni e devo ringraziare proprio gli strumenti informatici dei quali ero in possesso, perché senza essi sarebbe stato impossibile. Nelle grandi città c’è ovviamente una possibilità più ampia, rispetto ai paesi di montagna, ma ora la tecnologia ha proseguito il suo viaggio anche in quest’ultimi che sono ormai tutti dotati di una rete di collegamento, anche se a volte instabile. L’uomo vive ormai in simbiosi con le tecnologie digitali e credo che questa sia un grande fatto, che lo porterà molto lontano e che lo aiuterà in situazioni di emergenza, proprio come quella che abbiamo appena vissuto e che tuttora stiamo vivendo.
A volte però, io personalmente preferisco disconnettermi e tornare a contemplare la bellezza di leggere un libro vero, con le pagine profumate e che producono quel suono così piacevole quando le giri... La cosa bella delle tecnologie digitali è che possono vivere in coesione con l’antichità e che analogico e digitale vivono all’interno di ognuno di noi, in un’esistenza parallela.
E come disse Steve Jobs: “La creatività è mettere in connessione le cose tra loro…”
Racconto scritto il 01/11/2020 - 18:31
Letta n.796 volte.
Voto: | su 1 votanti |
Commenti
Un edificante racconto che in parte condivido ma in parte anche no.
Il virtuale è e resta, secondo me, uno strumento adatto, forse al lavoro, ma poco adatto alle relazioni interpersonali come l’amore principalmente e anche l’amicizia poiché non permette che ci sia scambio fisico di contatto dove il cuore ha la sua parte principale ed essenziale.
Il virtuale è e resta, secondo me, uno strumento adatto, forse al lavoro, ma poco adatto alle relazioni interpersonali come l’amore principalmente e anche l’amicizia poiché non permette che ci sia scambio fisico di contatto dove il cuore ha la sua parte principale ed essenziale.
Maria Luisa Bandiera 02/11/2020 - 10:18
--------------------------------------
Inserisci il tuo commento
Per inserire un commento e per VOTARE devi collegarti alla tua area privata.