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anime avvolte

Era una notte d'inverno gelida e ventosa che Anselmo scrutava da dietro il vetro della sua finestra in salotto.
Anselmo guardava il vialetto e rimembrava vari momenti mescolava nel suo enorme calderone ricordi della gioventù.
Il bacio mancato nel patio con quella colombiana bellissima nel settantasei il viaggio in perù, la sua prima mostra di quadri nel novanta mentre sorseggiava il suo whisky pregiato regalato dal cognato.
Non si sentiva proprio in forze quella sera era nostalgico forse un po' brillo e sentiva opressione al petto.
pensava fossero le numerose sigarette fumate nel dopocena o qualche acciacco dell'età, decise quindi di tornare in camera.
passò vicino al caminetto poi si soffermò davanti alla sua opera migliore "il vialetto" un quadro impressionista il suo quadro rappresentante proprio il suo amato viale di casa.
stava lì appeso da anni a nessuno era permesso toccarlo.
Fù il primo di una lunga serie che lo portarono al successo ad allestire mostre a vendere ad incassare fior di quattrini . Anselmo lavorò quasi per vent'anni come fruttivendolo nel negozio del padre ma non smise dal primo giorno di odiare quel lavoro si sentiva assalito dalle persone non riusciva ad essere cordiale odiava l'odore della frutta marcia odiava raschiare il liquido dalle cassette e portare l'immondizia per metri con quell'odore che viveva nelle narici anche quando andava a casa.
La pittura lo aveva sempre appassionato, e quel meraviglioso giorno che decise di andare in strada, di lavorare per terra sul marciapiede e dipingere sotto gli occhi di tutti si accorse che era quella la sua vita tanto da tornare a studiare a vent'anni iscriversi all'accademia d'arte, sfondare, fare carriera e licenziarsi dal negozio del padre tagliando rovinosamente i rapporti col genitore.
quel quadro in salotto lo riempiva d'orgoglio lo faceva esplodere da dentro ma quella sera Anselmo era troppo brillo e nostalgico per gonfiarsi e lentamente ruotando il capo si diresse alle scale per andare in camera.
Gli scalini erano sempre una sfida con gli anni le giunture e le articolazioni scricchiolavano più delle foglie secche schiacciate camminando in autunno. " ma non finiscono mai ste cazzo di scale, voglio solo dormire ancora uno sforzo dai".
Dopo vaneggiamenti e imprecazioni Anselmo arrivò a destinazione stanco e rabbioso e aprì la porta della camera da letto.
senti un freddo pungente, un freddo che ti penetra le ossa e blocca i movimenti. Anselmo si infilò bruscamente sotto il piumone d'oca di fianco e si girò supino poi mosse il capo verso la sagoma della moglie.
era immobile. Ad Anselmo seccava sempre toccarla in quelle situazione dormiva molto profondamente ma non poteva fare a meno di toccarla, le accarezzava spesso le guance così morbide e calde erano la parte che preferiva di più della sua bella moglie. allungò la mano ma si sentiva rallentato la spalla era bloccata ma la mano arrivò a destinazione,il viso era gelido Anselmo colse subito la situazione conosceva tutto di sua moglie ogni centimetro della sua pelle ogni movenza ogni pensiero e sapeva che purtroppo la notte se l'era portata via per sempre. " Marisa nooo mio dio noo dove sei? torna qui ti prego"" urlò così forte che divenne subito rauco rivoli di lacrime si riversarono in un attimo sul suo rugoso viso era bloccato e poi ricominciò l'oppressione al petto il singhiozzo " amore dove seii? noo ti pregoo" senza voce si sentiva appena un sibillio nella stanza poi mancò il respirò le articolazioni lo bloccavano ma lui l'amava l'aveva sempre amata e voleva solo abbracciarla per l'ultima volta e si sentì impotente insignificante come quando lavorava in bottega. Quella frustrazione, quella impotenza di chi non può esprimersi. quel vuoto Anselmo non lo poteva sopportare, e infatti il cielo agì per Anselmo con un tuono fortissimo un blackout e l'infarto. C'era Un nero avvolgente onnipresente e silenzio poi bagliori dal basso sempre più veloci volteggiarono, sempre più colorati e sempre più unificati nell'angolo in alto a destra nel buio. Una forma non definita di colore ma sinuosa e con una voce famigliare " marisa, ma aspetta che succede.... parlo? dove sono? " poi le parole divennero soffi caldi e rimasero solo i pensieri in quel buio pesto.
la forma si dileguò in alto e Anselmo capì di essere cosciente di esistere di volere. sentì sensazioni di leggerezza e calore. si sollevò verso l'alto anche lui fino a vedere un intensa luce bianca. Sotto di lui un panorama mozzafiato parigi di sera e davanti a lui la forma colorata che percepiva come Marisa. si avvicinò mentre la forma era immobile e a pochi centimetri un grande bagliore immerse nouvamente Anselmo, sentì un forte calore intenso e vide i colori più accesi di quanto non avesse mai visto in un suo quadro. LA forma non c'era più , lui era ancora cosciente ma non desiderava era amore puro e fuso nel vento. sentiva Marisa con se e dentro di se e comunicava pensando. Era felice in una dimensione così onirica e surreale, sapeva di farne parte ormai e sapeva che non era solo. La felicità era infinita come un flusso che attraversava lo spazio.
Iniziò così un viaggio,destinazione sconosciuta nello spazio circostante. Parigi venne sorvolata più volte visitata in ogni angolo le fronde di molti alberi vennero attraversate le luci di molte città venero viste tutte le città che avrebbero voluto vedere Anselmo e Marisa tutti i posti che sognavano in passato tutti i posti che evocavano in loro sensazioni di pace e nutrivano ancora di più quel vincolo forgiato tra due anime sazie di un amore sconosciuto all'uomo mortale. Un viaggio che durò per decenni in quel che anselmo per quel poco che aveva da pensare definì "il limbo". Purtroppo tutto ha una fine e quella unione fu spezzata quando si senti svanire nel suo vialetto sentì un vento freddo spazzarlo e disintegrarlo come cenere a lui e al sacro vincolo. avvertì paura come Marisa. Ricomparve il buio pesto poi non avvertì più nulla poi un flash bianco fulmineo e definitivo contro cui nulla si può.



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Racconto scritto il 28/05/2014 - 00:47
Da Marzio Esposito
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