Storia e leggenda sono gli elementi che animano questo racconto ambientato nella splendida cornice della Sicilia Normanna, durante il regno di Ruggero I d’ Altavilla. La vicenda a lieto fine della principessa Giulietta, ribelle al volere paterno e nascosta con il suo amore in una grotta di difficile accesso,lungo la scogliera che scivola a picco sul mare, della città di Sciacca, viene ancora oggi narrata e ricordata dalla particolare rocca bianca che prende il suo nome: “Rocca Regina”.
Giungevano dalla lontana Normandia e seguendo la via Francigena, erano riusciti a conquistare il meridione della penisola italiana e la Sicilia, sconfiggendo il consolidato potere arabo. Moschee e palazzi fatimidi vennero demoliti e si costruirono su di essi nuovi monumenti. Furono innalzate mura per la difesa e vennero edificate splendide chiese, a conferma del trionfo della cristianità. In realtà si consolidava quella poliedricità culturale che sarà una della caratteristiche della vita dell’isola.
Ruggero, imponente e regale, ammirava dalla finestra ad ogiva, il paesaggio lussureggiante della vegetazione mediterranea e nella sua mente, in una sorta di frenesia, pianificava strategie ed elaborava progetti che doveva realizzare. Decise di far chiamare sua figlia Giulietta. Doveva assolutamente comunicarle quanto aveva deciso per lei. Un ottimo matrimonio che avrebbe ampliato il suo potere locale e portato ricchezza nelle loro casse in esaurimento. La vide giungere sorridente e leggermente affannata. Sbocciava come un fiore, alta e flessuosa, il viso bello dalla carnagione chiara, in cui risplendevano grandi occhi azzurri dalla espressione ribelle.
Questo preoccupava Ruggero: la sua esuberanza e la sua intelligenza e quello sguardo indomito che non prometteva nulla di buono.
Giulietta entrò nel grande salone e, non conoscendo il motivo di quel colloquio, chiese:
- Mi avete fatto chiamare, sono qui, ditemi Padre -
Re Ruggero stava immobile e guardava la figlia con aria severa poi, dopo un breve silenzio, iniziò a parlare agitando di tanto in tanto la lunga barba rossiccia e crespa:
- Giulietta devo comunicarti alcune novità importanti che ti riguardano. Presto ti sposerai con il marchese di Castrogiovanni, che ha chiesto la tua mano. E’ un uomo importante, ricco e di famiglia aristocratica. Un ottimo partito per te e per noi. Le nozze avverranno tra due mesi.-
Il sorriso era sparito dal viso della ragazza e con gli occhi fissi su di lui che brillavano di collera, rispose senza paura:
- Non sposo uno sconosciuto! -
- Come osi ribellarti al mio volere, figlia ingrata e adesso vai nella tua stanza e rimanici fino a quanto non porterai giudizio!- tuonò re Ruggero
Giulietta, in lacrime per la rabbia, scappò via di corsa. Ricordò di avere intravisto, durante una cerimonia religiosa, un uomo con lo sguardo di falco predatore che la fissava con occhi avidi. Sicuramente si trattava di lui. No, non l’avrebbe sposato mai. Il suo spirito ribelle si agitava e nel chiuso della sua stanza e in cerca di conforto, le tornò in mente il volto di Roberto. Si erano incontrati durante la festa organizzata per festeggiare la conclusione dei lavori del castello, costruito nella parte più arroccata e dominante della città. Non si erano mai visti e non appena si erano trovati l’uno di fronte all’altra, erano rimasti incantati a guardarsi, senza riuscire a parlare per l’emozione. Roberto di Basseville non tardò a dichiararsi e certo di essere ricambiato, aspettava il momento propizio per affrontare re Ruggero. Egli era consapevole della difficoltà di avere una approvazione, poiché i matrimoni avevano una finalità strategica e lui di sicuro, non era considerato utile in quel frangente politico di espansione.
Giulietta nel chiuso della stanza, rimuginava le parole del padre e capì che l’unica via di uscita era quella di avvertire Roberto e fuggire. Ma per andare dove?
Chiamò la sua fidata nutrice, vicina a lei sin dalla nascita:
- Amalia, vieni presto!-
La donna , che l’adorava, la guardò preoccupata conoscendo il suo carattere.
- Devi portare questo messaggio a Roberto, presto! -
- Cosa vuoi combinare Giulietta? -
- Non posso sposare quello sparviero del marchese Castrogiovanni, e poi io amo Roberto-
- Vi caccerete tutti e due nei guai, te lo dico io -
- Io sono nei guai! Ti prego aiutami almeno tu. Porta il biglietto a Roberto. -
Giulietta decise una tattica: fece finta di accettare il volere del padre, per poter uscire dalla stanza e tenere tutti tranquilli e si incontrò nascostamente con Roberto, nella cappella del palazzo.
I due giovani di slancio avrebbero voluto abbracciarsi, ma era pericoloso. Roberto, alto e bruno, con carattere pacato e calmo, cercò disperatamente di trovare una soluzione, ma dove andare? Ovunque sarebbero stati scoperti, separati e puniti. Roberto con il cuore a pezzi, era pronto a rinunciare per amore suo, non voleva le accadesse nulla di male. Ma non era dello stesso avviso la ragazza. Quella mente da demonietto era in frenetica attività, la sua anima vulcanica si agitava e rifletteva per non sposarsi con quell’orrido uomo che la sgomentava. Basta, dovevano fuggire e trovare un nascondiglio sicuro.
In groppa al suo splendido cavallo, Roberto perlustrò campi, monti, cascinali, villaggi e castelli, ma ogni luogo sembrava poco sicuro e infestato da spie pronte a denunciarli. Gli venne in mente l’unica persona di cui si fidava: Frate Mauro, il confessore della famiglia reale e uomo di grande bontà. Le riflessioni del giovane cavaliere si interruppero, mentre i suoi occhi scuri, osservavano la parete di una scogliera bianca del promontorio roccioso che scivolava in un declivio impervio sul mare. La grotta era seminascosta da erbacce incolte. Entrò con una torcia accesa e scoprì che al suo interno, oltre alla grotta di entrata, si presentava una seconda apertura che deva accesso ad una più grande di forma circolare. In quel luogo nessuno li avrebbe cercati e trovati. Ma era pazzo? Doveva proporre questo a Giulietta?
Tornò indietro e si recò da frate Mauro, raccontandogli tutto quanto.
- Roberto, rischiate molto, anche la vita - disse lui gravemente
- Lo so e sarei pronto anche a rinunciare, ma la principessina sarebbe capace di fuggire da sola, piuttosto che subire imposizioni. Preferirebbe piuttosto morire -
Si organizzò il matrimonio che avvenne in tutta segretezza, celebrato da frate Mauro e subito dopo l’intima cerimonia, seguì la loro fuga che avvenne nel silenzio di una notte rischiarata da una luminosa luna piena.
Giunsero presso la scogliera in piena notte, dove l’unico rumore che si udiva era quello delle onde del mare che si infrangevano sugli scogli. Attraversarono il piccolo sentiero ricoperto da erbacce ed entrarono in quella che sarebbe stata la loro dimora e anche la loro prigione. Roberto vi aveva portato coperte, aveva ripulito il luogo e il fuoco sarebbe stato sempre acceso. Sarebbe stato un nascondiglio provvisorio in attesa che la caccia scatenata per il loro ritrovamento si fosse calmata. Frate Mauro li avrebbe aiutato, portando cibo, abiti puliti e notizie.
La scoperta della loro fuga ebbe nel castello e nella città, l’effetto di un violento cataclisma e si diffuse tanto rapidamente, quanto velocemente Ruggero ordinò le ricerche in preda ad una collera violenta. La sua voce alterata si udì in ogni angolo del palazzo e nessuno venne esonerato da castighi e punizioni.
Il palazzo venne chiuso come se fosse avvenuto un lutto e qualsiasi cerimonia venne bandita, mentre al marchese di Castrogiovanni vennero inviate scuse e indennizzi economici per la mancata promessa. Tutta la popolazione venne minacciata di morte se fossero stati scoperti come complici e infine venne assoldato un cospicuo numero di spie, gente senza scrupoli che per pochi denari erano disposti a tutto.
Chiusi nel loro nascondiglio e attanagliati dal timore di essere scoperti, i due giovani cercavano di camuffarsi il più possibile, sempre chiusi in quella grotta ammantata di ombre, dove la luce del giorno faticava a giungere. Infagottati in abiti modesti e ruvidi, combattevano la loro guerra silenziosa. Il tempo misurato in albe, tramonti, maree, stagioni, piogge, sembrava non finire mai. Nel chiarore della torcia, cercavano di vivere una normalità che non c’era e studiavano il modo di trovare un altro luogo sicuro e più confortevole. Prigionieri della tirannia sovrana di un padre ambizioso, prigionieri del loro stesso amore appassionato, vivevano giorno dopo giorno una condizione innaturale di solitudine, interrotta soltanto dal rumore del mare, dal vento, dai gabbiani e dalle rare visite di frate Mauro. Ma avvenne una novità.
In una altalena di emozioni, tra gioia e paura, scoprirono che la vita di un figlio si annunciava.
Distratto dalle sue conquiste sul territorio, re Ruggero cercava di non pensare alla figlia. Spesso però si chiedeva dove si trovassero i due traditori. Se li avesse trovato l’avrebbero pagata, nonostante le parole della regina che cercava di mitigare la sua rabbia. Mentre si articolavano i giochi politici, si trasformavano i paesaggi urbani e agricoli, si modificavano le rotte commerciali, si distribuivano nuove ricchezze nella piramide del vassallaggio feudale, si formavano nuovi eserciti, si delimitavano mura, castelli, si mescolavano lingue delle diverse etnie, monete e religioni, nacque in quella spelonca il piccolo Goffredo, in una notte buia e fredda, col mare in burrasca.
Il parto fu lungo, assistito da una donna fedelissima e buona di nome Evelina trovata dal frate e che sarebbe rimasta con loro per aiutarli.
- E’ maschio ! - esclamò la donna -ed è sano e bello.
Trascorse del tempo e un giorno Giulietta affrontò Roberto:
- Basta, dobbiamo finirla di vivere qui, dobbiamo farlo per Goffredo -
- E dove andiamo? Le ricerche sono state abbandonate da poco, ma in giro si trovano molte spie-
- Dobbiamo affrontare mio padre e accetteremo la nostra sorte- rispose Giulietta con tono grave.
- E una pazzia, ci metterà a morte per tradimento ! -
- Ci aiuterà frate Mauro e vedremo se ha il coraggio di ucciderci! -
Quando egli giunse decisero come comportarsi e dopo qualche giorno di attesa avvenne l’incontro richiesto.
Il colloquio col re Ruggero fu lungo e agitato, interrotto da grida e minacce, che risuonavano nelle grandi stanze del palazzo, finché il frate parlò del piccolo Goffredo.
- Cosa vogliono?- disse il re, ricomponendosi e finalmente addolcito.
- Il vostro perdono-
- La corte riderà di me, tutti rideranno di me!- tuonò nuovamente
- Siete voi il sovrano e siete voi che dovete decidere, non alcuni sbruffoni di corte! -
L’uomo rimase col capo chino e silenzioso e alla fine di una lunga pausa disse all’inserviente:
- Chiamate la regina -
Il perdono era giunto! Tutto sarebbe cambiato. Il frate era riuscito a far breccia nel cuore del sovrano e adesso era pronto a riabbracciare quel demonio di figlia .
La coppia camminava tra due ali di folla, lungo il corridoio che portava al salone dei ricevimenti. Giulietta e Roberto, irriconoscibili nei loro splendidi vestiti, procedevano a testa alta, col piccolo Goffredo tra loro due. Una testina colma di riccioli biondi, come un vero normanno e che muoveva i primi passi incerti sulle gambine paffutelle.
Giunti dinnanzi agli alti troni dorati, dove stavano i reali, i loro occhi si incontrarono commossi e seguì un lungo abbraccio, con l’ovazione della folla.
Un lieto fine magnifico, in un’epoca in cui difficilmente la disobbedienza e la fuga venivano perdonati. Re Ruggero, nella sfarzosa cerimonia che seguì, consegnò alla figlia, le chiavi della città che in pochi anni si arricchì di splendidi monumenti.
La pace e la bellezza finalmente sorridevano in quel meraviglioso angolo di mediterraneo e la rocca bianca, conosciuta come Rocca Regina, spicca ancora oggi, incontrastata ed imponente, di fronte al blu fantastico del suo mare.
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