L'abbandono
Sul prato, giochi di bimbi rendevano idilliaco il tutto.
Un quadro perfetto, almeno visto da fuori, perché quello che stava accadendo fra le mura di quella casa, non era niente di bello, al contrario si stava celebrando la disperazione, lo sconforto, la rabbia, il rancore…
“ Non andar via”, lei lo guardò supplichevole, lo sguardo velato, trattenendo a stento le lacrime, che copiose volevano rigare un sorriso ormai rassegnato, lui indifferente continuò a preparare la valigia con le sue cose, evitando, puntualmente, di guardarla.
Un comportamento abituale, di una persona incapace di essere onesta con se stessa e con gli altri, ammettendo le proprie colpe.
Maria si rese conto di aver calpestato anche l’ ultima briciola di dignità che le era rimasta, chiedendogli di rimanere.
La sua mente cominciò a macinare tutti gli anni trascorsi insieme e come in un film, tutte le scene si susseguivano, in un vortice di dolore e disgusto. Il cervello le martellava su un solo pensiero, quando il marito aveva smesso d’ amarla? Meglio… pensandoci, l’ aveva mai amata? Più si arrovellava nel cercare delle risposte, più la confusione aumentava nella sua testa sconvolta. Forse la colpa era sua, l’ aveva trascurato per i suoi figli, facendo esclusivamente la mamma, ma poi un’ altra vocina, le ripeteva che lui non si era mai preoccupato di lei come donna, non si era mai chiesto se lei fosse felice o meno. Era data per scontata come un qualcosa che c’ era perché doveva esserci… Dopo un po’, Andrea, finito di preparare la valigia, si girò verso la moglie e con rancore le disse che sarebbe ripassato a prendere le sue ultime cose un altro giorno e che probabilmente, l’ avrebbe fatto quando in casa non ci fosse stato nessuno.
Lei, incredula continuava a fissare il marito, si sentiva impietrita nell'animo, come se tutto questo stava capitando non a lei ma ad un’ altra persona.
Incapace di rispondere e con la lingua paralizzata dallo stupore, osservava la scena, sperando che la sua mente ritornasse in sé e uscisse da quell'incubo in cui era sprofondata. L’ uscio sbattuto con rabbia la fece sussultare, pensò che per fortuna i suoi due splendidi bambini non erano presenti. Come un automa si lasciò cadere sul divano, non si rese conto del tempo trascorso, infatti, dal sole che illuminava la stanza, era sopraggiunta la luna, incredibilmente bella quella notte, quasi a volerle fare compagnia.
Restò così fino all'alba, quando finalmente riuscì ad alzarsi, il viso distrutto, annichilito, sconvolto… si guardò in uno specchio e si vide invecchiata di colpo, quell'uomo era stato capace di distruggerla nel cuore e nel corpo. L’ indomani, raccogliendo le poche forze che le erano rimaste, pensò a come dirlo a suoi bambini. Non voleva raccontare delle bugie, ma doveva affrontare la situazione che sarebbe stata sicuramente difficile. Convenne che forse doveva lasciarli ancora un po’ dai nonni, per avere lei, il tempo di accettare l’ accaduto, si sentiva come un libro già letto che non dà più emozioni ma si accantona in soffitta.
Di colpo, capì di aver vissuto all'ombra del marito, oscurando i suoi desideri, i suoi sogni, accettando qualsiasi decisione presa da lui, indice di un carattere fragile e di una voglia di compiacere agli altri, sentendosi sempre non all'altezza, di questo, lui ne era consapevole e aveva giocato con lei come il gatto con il topo. Priva d’ energia, nei giorni a seguire, continuò a respirare, a muoversi, sforzandosi di mangiare qualcosa, ma il tutto era ovattato, cristallizzato nel momento che l’ uscio si era chiuso. Uscì in giardino e si accorse di aver trascurato anche i suoi fiori, le petunie, per la mancanza d’ acqua, avevano le corolle reclinate, i petali di rose sfiorite ricoprivano il viale, era tutto risecchito come il suo cuore.
Improvvisamente sentì il bisogno irrefrenabile di vedere i suoi figli.
No, non era sola! Aveva tanto amore dai suoi bambini, erano la speranza del suo domani.
Quando arrivò a casa dei suoi genitori, Marco e Giulia, corsero fuori ad abbracciarla, lei li strinse a sé così forte da soffocarli, riempendoli di baci, bastarono i loro sguardi, per credere che ce l’ avrebbe fatta anche senza di lui. Andrea non era indispensabile, lei avrebbe continuato la sua vita con forza e dignità, riempendo quel vuoto, nel realizzare se stessa, riappropriandosi dei suoi sogni, aveva ancora voglia d’ amare e di sentirsi viva. Le lacrime cominciarono a sgorgare come un fiume in piena, senza riuscire ad arrestarle, scoppiò in un pianto liberatorio.
Salì in auto e si diresse verso la casa al mare, aveva desiderio di passeggiare sulla sabbia bagnata, sentire sul viso la brezza marina e addormentarsi con lo spumeggiare delle onde, perdersi nei colori del tramonto, e liberare la sua anima, abbracciando il mondo!
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Cari saluti da parte mia
Bellissimo racconto, complimenti