L’ombra del cavalletto era sempre a qualche spanna da me. Non voleva piegarsi alla notte, ma desiderava aggrapparsi alla luce furtiva dello scantinato.
A quel silenzio che sembrava proibito, impenetrabile come l’essenza di un sogno. Potevo non essere bravo, ma mi sentivo libero di sfidare le convenzioni, riproducendo un mondo in cui la logica non doveva necessariamente trionfare.
«Perché quell’uomo è disteso sulla cima di un vulcano?» era una delle tipiche domande di Gaia, mia figlia, quando sceglieva di trascorrere parte del suo tempo insieme ai miei bozzetti.
«Perché nessuno gli ha mai detto che corre un pericolo.»
«Lui non lo capisce?»
«Lui vede solo un appoggio per potere arrivare ancora più in alto.»
***
Quando il vulcano eruttò, Gaia era sempre a fianco a me. Faceva i suoi compiti e disegnava quelle che chiamava “cartoline dal futuro”.
«Diventerò una fotografa. Scalerò le montagne più alte del mondo.»
Avrei dovuto lasciare l’appartamento l’indomani, il divorzio era ormai cosa fatta, e la pazienza di Rossana si era ampiamente esaurita.
«Dormirai qui sotto anche stanotte?» mi domandò Gaia, mostrandomi il suo cartoncino in cui io e lei costruivamo una torre nello spazio.
«Sì. Alla mamma danno fastidio gli odori dei pennelli.»
***
A quel silenzio che sembrava proibito, impenetrabile come l’essenza di un sogno. Potevo non essere bravo, ma mi sentivo libero di sfidare le convenzioni, riproducendo un mondo in cui la logica non doveva necessariamente trionfare.
«Perché quell’uomo è disteso sulla cima di un vulcano?» era una delle tipiche domande di Gaia, mia figlia, quando sceglieva di trascorrere parte del suo tempo insieme ai miei bozzetti.
«Perché nessuno gli ha mai detto che corre un pericolo.»
«Lui non lo capisce?»
«Lui vede solo un appoggio per potere arrivare ancora più in alto.»
***
Quando il vulcano eruttò, Gaia era sempre a fianco a me. Faceva i suoi compiti e disegnava quelle che chiamava “cartoline dal futuro”.
«Diventerò una fotografa. Scalerò le montagne più alte del mondo.»
Avrei dovuto lasciare l’appartamento l’indomani, il divorzio era ormai cosa fatta, e la pazienza di Rossana si era ampiamente esaurita.
«Dormirai qui sotto anche stanotte?» mi domandò Gaia, mostrandomi il suo cartoncino in cui io e lei costruivamo una torre nello spazio.
«Sì. Alla mamma danno fastidio gli odori dei pennelli.»
***
Ancora una volta, l’ombra del cavalletto è immersa nella stanza. C’è soltanto una finestra, in questo locale all’ultimo piano. L’ho affittato per un paio di mesi, poi dovrò cercare qualcosa di più economico. La luce del lampione investe le mie tele rimaste senza appoggio. Gaia mi ha inviato un’altra cartolina: sta scalando una parete della Sierra Nevada, e spera di arrivare quanto prima al Pico del Veleta, per proseguire il suo reportage.
Non so ancora se mi abbia perdonato: però, fin tanto che guarderemo il mondo dall’alto, ci sarà sempre una torre nello spazio, da dipingere insieme.
Racconto scritto il 27/09/2021 - 12:59
Letta n.540 volte.
Voto: | su 3 votanti |
Commenti
Sono fotogrammi di un rapporto padre/figlia ostacolato dalle necessità della vita e da un fulmineo imprevisto (il divorzio). L'ultimo 'frammento' è evidentemente una 'cartolina dal futuro', in cui - nonostante le distanze - l'unione padre/figlia si fortifica nella dimensione della passione artistica che li ha sempre legati nel fondo. Saluti.
Francesco Paolo Hutin 27/09/2021 - 15:29
--------------------------------------
Il racconto è scorrevole e scritto bene ma io non sono riuscita a coglierne il senso. Una nota al fondo sarebbe stata gradita.
Maria Luisa Bandiera 27/09/2021 - 14:47
--------------------------------------
Inserisci il tuo commento
Per inserire un commento e per VOTARE devi collegarti alla tua area privata.