I capricci della scrittura
Stanotte è una di quelle notti che non c’è modo di dormire. Quando capita, per evitare di svegliare la mia Jolanda che a differenza di me tra qualche ora dovrà uscire per andare al lavoro, scendo al piano di sotto. Sì, perché io faccio lo scrittore… l’ho desiderato tutta la vita.
La cucina è diventata il mio contesto: un caffè, e preparo accanto alla macchina da scrivere il vassoio con la fiasca e il gotto per l’acqua. Occhiali, carta e matite in abbondanza. Necessito prima di una sigaretta, e l’aria fresca sulla faccia. Il cielo annuncia forse pioggia, o solo calma.
Rientro per il rituale: fermo su una pagina a penna blu il nome di un’amica per poi mettere il foglio dentro al lavandino, aprendo il rubinetto per far uscire giusto un filo d’acqua. E resto a guardare, mentre il foglio si consuma e cede l’inchiostro a un rigagnolo sulla mano con cui scrivo.
Questa mia amica fa anche lei la scrittrice, e l’editore le ha chiesto una storia in poche righe dove entrando in scena il mentore dia un input al protagonista…
Ieri sera l’ho sentita, con la matita tra i capelli aggrovigliati come i pensieri. Mi dice sempre “Se tu fossi una lettera dell’alfabeto, saresti la N… tre libri ordinati sullo scaffale”.
Se c’è una cosa che so fare, è immaginare. Così ho deciso di aiutarla.
Fisso la pagina bianca e disegno una Q che poco dopo toglie il cavalletto, e mi ritrovo a pedalare su due O in strade di carta di giornale tra tutte le altre lettere sedute sui miei righi in un regolato guazzabuglio.
Credo di sentirmi felice. Sfioro con le dita campi di fiori artefatti di carta crespa, e dalle montagne di pergamina ascolto venire filastrocche da un qualche mastro d’ascia. C’è odore di legna bruciata e storie davanti al camino nell’aria.
A un tiro di schioppo dall’Opificio della Poeteria bistrot mi aspetta la mia amica che mi prende a braccetto, e passeggiamo tra farfalle di origami al sole.
Tra rami di guttaperca e un baluginio pieno di chissà, mi calo nella grammatura del racconto.
Su carta di riso compare l’incipit, lasciando sul foglio un po’ di sé… il resto è creatività, amica mia, ed è la tua calligrafia. Una catena di omini di carta di quaderno si tiene per mano al resto della trama, e a gambe larghe con il velocipede corro a precipizio sul finale.
Non c’è altro che possa fare qui, così volto pagina ed esco dalla storia.
La cucina è diventata il mio contesto: un caffè, e preparo accanto alla macchina da scrivere il vassoio con la fiasca e il gotto per l’acqua. Occhiali, carta e matite in abbondanza. Necessito prima di una sigaretta, e l’aria fresca sulla faccia. Il cielo annuncia forse pioggia, o solo calma.
Rientro per il rituale: fermo su una pagina a penna blu il nome di un’amica per poi mettere il foglio dentro al lavandino, aprendo il rubinetto per far uscire giusto un filo d’acqua. E resto a guardare, mentre il foglio si consuma e cede l’inchiostro a un rigagnolo sulla mano con cui scrivo.
Questa mia amica fa anche lei la scrittrice, e l’editore le ha chiesto una storia in poche righe dove entrando in scena il mentore dia un input al protagonista…
Ieri sera l’ho sentita, con la matita tra i capelli aggrovigliati come i pensieri. Mi dice sempre “Se tu fossi una lettera dell’alfabeto, saresti la N… tre libri ordinati sullo scaffale”.
Se c’è una cosa che so fare, è immaginare. Così ho deciso di aiutarla.
Fisso la pagina bianca e disegno una Q che poco dopo toglie il cavalletto, e mi ritrovo a pedalare su due O in strade di carta di giornale tra tutte le altre lettere sedute sui miei righi in un regolato guazzabuglio.
Credo di sentirmi felice. Sfioro con le dita campi di fiori artefatti di carta crespa, e dalle montagne di pergamina ascolto venire filastrocche da un qualche mastro d’ascia. C’è odore di legna bruciata e storie davanti al camino nell’aria.
A un tiro di schioppo dall’Opificio della Poeteria bistrot mi aspetta la mia amica che mi prende a braccetto, e passeggiamo tra farfalle di origami al sole.
Tra rami di guttaperca e un baluginio pieno di chissà, mi calo nella grammatura del racconto.
Su carta di riso compare l’incipit, lasciando sul foglio un po’ di sé… il resto è creatività, amica mia, ed è la tua calligrafia. Una catena di omini di carta di quaderno si tiene per mano al resto della trama, e a gambe larghe con il velocipede corro a precipizio sul finale.
Non c’è altro che possa fare qui, così volto pagina ed esco dalla storia.
Ritornato sul terrazzo e all’aria sulla faccia, mi accorgo di stringere senza farle male una J da manico di ombrello ma senza l’ombrello… che tanto non piove.
(da “Dal Canavese lei resta a guardare” -24 novembre 2021)
Racconto scritto il 27/11/2021 - 12:37
Letta n.504 volte.
Voto: | su 3 votanti |
Commenti
Grazie per le vostre splendide parole...
Mirko D. Mastro 29/11/2021 - 06:47
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Grazie Mirko per questo bel viaggio.
Moreno Maurutto 27/11/2021 - 19:48
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Letto con piacere Buona serata
Angela Randisi 27/11/2021 - 16:19
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Ma che bel racconto e che bella fantasia nel raccontare! Strabiliante, il mio elogio!
Maria Luisa Bandiera 27/11/2021 - 14:54
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