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Il dado è tratto

C’erano almeno tre buoni motivi per cui mercoledì 29 febbraio, Saverio Bortolotti di anni otto, si trovava chiuso dentro l’armadio di camera sua. Il primo si chiamava amore, il secondo non ricambiato, il terzo Susanna. Ed eccola ,Susanna, che varcava proprio in quel momento la soglia della sua camera scoppiando a ridere. “ Saverio ti vedo ! Hai un piede fuori ! “ E giù con quella sua risata argentina e gorgogliante , che gli faceva sciogliere tutto dentro, portandolo ad un passo dalle lacrime. Socchiuse appena l’anta e mise il naso occhialuto fuori, cercando disperatamente un buon motivo, uno solo, che non lo rendesse ancor più ridicolo agli occhi della sua piccola vicina di casa . “ Ecco- farfugliò- sono finito qua dentro per concentrarmi meglio sulla lezione di geografia per domani. Volevo ripetere i nomi delle Alpi e dei fiumi , e qua fuori c’è troppo casino. “ Maledicendo la timidezza che non gli consentiva di dichiararsi come avrebbe voluto , e l’indifferenza non scevra da una punta di disprezzo con cui Susy lo trattava, scivolò sul tappeto con tutta la dignità di cui fu capace, e si rizzò in piedi . Le arrivava a malapena alle spalle , ma era più che sufficiente per struggersi dinanzi al suo sorriso sguardoso, come lo chiamava lui. A quel sorriso, cioè ,che lo guardava fisso negli occhi, dolce e malizioso lo stesso tempo ,indimenticabile e sconvolgente. Del resto Susy aveva dodici anni, e si sentiva inadeguato di fronte a quel certo non so che di indefinibile che lo attraeva irresistibilmente verso quel faccino lentigginoso e impertinente , ora a due spanne dal suo. Lei indossava jeans e camicetta bianca a fiorellini rosa , lui era stato sorpreso con i calzoncini corti di quando era piccolo, solo l’anno prima , ma non diciamoglielo, e in quell’istante avrebbe voluto sprofondare la sua vergogna e il suo imbarazzo nell’abbraccio sempre consolatorio della madre. Ma questo era lui a non volerlo dire. A nessuno.


Già , perché Saverio era timido , ma non voleva che lo si capisse. E cercava di mettere in atto ogni possibile accorgimento perché un rossore del viso si confondesse con un improvviso colpo di tosse, o il singulto che gli spezzava la voce, artatamente e faticosamente calma , con un improvviso impegno non procrastinabile nella stanzetta accanto , in cui fuggiva per dare un’occhiata all’acquario a tutta birra per sei o sette secondi, sentendosi il Flash Gordon più imbranato dell’universo infantile, cui ancora,suo malgrado, apparteneva.


Susanna gli era scoppiata dentro prepotentemente ormai quasi da un anno. Da quando cioè, capitato in casa dei Pometti per giocare con Galeano, la più piccola dei due fratelli della famiglia degli amici , dirimpettai di tutto rispetto, aveva appena vomitato e gli aveva detto: “ Ora potresti mangiartela con il cucchiaino, questa bella torta”. A dire il vero Saverio era rimasto un po’ nauseato, ma a quell’età i bambini son tutti fratelli, e ,soprattutto, lei gli aveva sorriso, piantandogli dritta nei suoi quegli occhioni neri e umidi che , prima d’allora, Saverio non aveva mai avuto in esclusiva per sé. Era fuggito in confusione, come al solito, per rintracciare da dove provenisse la risata di Galeano, ma con la sensazione antica che i suoi geni lo obbligavano a non trascurare . Da quel giorno rivedeva per ogni dove quelle biglie scure e brillanti che Susanna aveva per occhi : nel piatto dinanzi a sè a pranzo o nel libro su cui stava studiando. La sera poi, non capiva quel fuoco dolce e doloroso al tempo stesso che gli infiammava il petto, mentre sul balcone di casa ,prima di cena, si struggeva fino alle lacrime nel porre alla luna lontana domande senza risposta. Oppure, ancora, quando, prima di spegnere la luce, il bacio della mamma lo faceva sprofondare nel più sereno sonno di tutta la nostra esistenza, sorrideva nel cuscino a faccia in giù, e solo l’istinto lo faceva riemergere ,semiasfissiato ma con un sorriso beato, dal limbo immediatamente precedente all’abisso del sonno. A chiunque l’avesse visto in quel momento sarebbe sembrato sereno, ma Saverio soffriva. Anche a scuola, mentre fingeva attenzione fissando la maestra , accarezzava spesso con la fantasia il sorriso e gli occhioni di Susanna . Come quel giorno, quando la Ginetti lo apostrofò secca e squillante : ”Bortolotti Saverio ! Visto che sembri tanto attento da fissarmi come un demente anche quando sto zitta, mi sai dire chi pronunciò la frase –Il dado è tratto- e cosa significò dal punto di vista storico?” . Saverio era un secchio, e poteva permettersi ogni tanto di volar via lontano con la mente ,lasciando di sé per gli astanti uno sguardo fisso e finto , ma sempre pronto a ritornare in sé ,a seconda delle situazioni. E quello era uno di quei momenti . Si alzò meccanicamente e recitò testualmente :” Quando Cesare pronunciò queste parole varcando alla testa del suo esercito il confine con Roma sul fiume Rubicone, sapeva perfettamente che non avrebbe potuto mai più tornare sulla decisione presa in quel momento e che, di fatto, avrebbe scatenato la guerra civile” . Pronunciando quelle parole, fu subito consapevole con sorprendente lucidità di due cose : la prima fu che l’espressione arcigna della Ginetti si scioglieva gradualmente in un sorriso solo un tantino contrariato, la seconda fu la sorprendente chiarezza con cui capì la strategia da applicare alla sua personale guerra interiore.


Quel giorno a tavola aveva fame, e divorò le polpette che gli aveva preparato Mamy . Lei sorrise senza parere, soddisfatta . Gli disse ,anche, che dopo sarebbe passata Susanna per ripetere con lui la geografia.


Sparì in cameretta in un lampo, lasciandosi dietro un “ Ho tantissimi compitiiiii!”. Era il 29 . Già, l’ultimo giorno del mese più strano dell’anno , nell’anno più strano degli ultimi quattro. Per questo , nel chiuso odoroso di naftalina del suo armadio , alla luce della torcia elettrica prese carta e penna e iniziò a scrivere :


“ Susy, non ho il coraggio di dirti quanto mi piaci. Quando ti vedo sono triste e allegro allo stesso tempo, e sento che se non mi sorridi e mi abbracci , potrei scoppiare per quanto sto male e per quanto sono felice e sento come se non mi importasse più di nulla al mondo. Perciò ti propongo questo : dopo aver letto questa mia lettera deciderai se aspettarmi. Ora sono troppo piccolo, ma al prossimo anno bisestile avrò i tuoi anni di oggi. Saremo più grandi , e tu mi potrai dire se ti piaccio o no. Ci vedremo il prossimo 29 febbraio nel cortile, dove Galeano va a parlare, dietro la cantina della caldaia condominiale, con Miranda Mannini,del terzo piano , che ha sedici anni. E se vorrai, mi darai un bacio. Io ti prometto di crescere e di non essere timido, e tu sarai il mio Rubicone. Dopo il quale non si può più tornare indietro . Il tuo Saverio la pulce . “


Imbustò la missiva appena in tempo. “Saverio ti vedo, hai un piede fuori! ”. Ora erano di fronte . Lei perplessa per l’evidente imbarazzo di lui: “Tutto bene, pulce? Facciamo geografia, allora?“. Lo guardò dall’alto dei suoi quindici centimetri in più, sorniona e incantevole. Lui aveva le guance rosse, come le orecchie e dietro le lenti, che inesorabilmente andavano appannandosi, cercava disperato il tono giusto per ciò che stava per dire e fare. Da dietro la schiena tirò fuori la busta quasi appallottolata nella morsa del nervosismo della mano, e gliela porse dicendo: “ Ecco la mia geografia, Susy. Leggila quando sarai da sola a casa, e non parlarmene. Almeno per ora. “ Cercò di sorridere, ma la voce gli si strozzò sul “per ora”, e gli occhi si inumidirono, vicinissimi al pianto.


Fu allora che il genere femminile gli si rivelò in tutta la sua splendida forza e inafferrabile imprevedibile dolcezza . Il bacetto che Susy gli scoccò sulla fronte giunse inaspettato e fu come se tutti i sensi e l’anima si strattonassero per concentrarsi nei due centimetri quadri di fronte su cui le labbra di Susy si erano soffermate un istante. Il cuore in subbuglio, sorrise tra le lacrime e dignitosamente rientrò nell’armadio, deciso a non uscirne se non a dramma finito. Sentì Susanna che diceva alla mamma : “Signora, io vado. Mi sembra che Saverio la lezione di geografia la sappia. Ci vediamo, arrivederci.”


Quella sera si sentì colpevolmente quasi insensibile al bacio della buona notte di Mamy , e sprofondò in un sonno adulto e spavaldo, alla testa del suo personalissimo esercito. Finalmente pronto alla battaglia.




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Racconto scritto il 08/12/2021 - 21:19
Da bruno palumbo
Letta n.483 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


Grazie Mirko! Ti chiederò senz'altro lumi ! Intanto grazie per la cortesia e la disponibilità!!

bruno palumbo 10/12/2021 - 16:50

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Grazie mille, Moreno!!

bruno palumbo 10/12/2021 - 16:48

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Bellissimo racconto!
Grazie

Moreno Maurutto 10/12/2021 - 13:05

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Benvenuto e complimenti.
Se vuoi sarò lieto di spiegarti i meccanismi...
Buona giornata

Mirko D. Mastro 10/12/2021 - 05:49

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Grazie Santa! Sono un pò "nuovo" qui, e sto cercando di capire i meccanismi soprattutto tecnici . Grazie di cuore!

bruno palumbo 09/12/2021 - 21:00

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Caro Bruno permettimi di darti il mio personale Benvenuto. Ho letto il tuo racconto con molta attenzione e piacevolezza. Bellissima la storia ed il modo con cui si snoda offrendo al lettore una curiosità tale che lo spinge ad arrivare fino alla fine. Dolcissimo questo innamoramento tra giovanissimi e la delicatezza con cui lo descrivi. I miei complimenti. Ciaooo

santa scardino 09/12/2021 - 20:36

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