Ancora in Viaggio (filastrocca, Gatto e il canarino di spugna) -2a tappa
Pesce rosso guarda schivo
dalla boccia, nell’acquetta.
Gatto sornione, aspetta…
Viaggia con me l’ombra di Nicola. Sì, dimenticavo… con sagome nitide e posti ancora vuoti.
Mi sono sempre piaciute le ombre senza il fardello dei dettagli. E le qualità dei dettagli.
Ma preferisco di gran lunga la presenza.
Ci sposteremo tra la facciata in blocchi di marmo a forma di diamante della Pinacoteca e le tre cuspidi e il campanile della Cattedrale per assaporare sul Panaro quanto la poesia sia deliziosa. E quanto la prosa migliore sia piena di poesia nel Polesine.
A te ho pensato di accostare la Filastrocca, un tipo di componimento breve con ripetizione di sillabe ed utilizzo di parole semplici, costituito da un linguaggio ritmato. È la prima forma poetica che conosce il bambino, il suo primo approccio con le parole e la musica. Il ritmo della filastrocca è rapido e cadenzato con rime, assonanze e allitterazioni ricorrenti.
Di origine popolare, usata nel passato per tramandare tradizioni o contro le maldicenze, viene oggi riadattata e usata principalmente per far addormentare o divertire i bambini.
Nel mentre leggerò…
Il gattomatto sulla piega
si domanda quanto impiega
a far il bagnetto al suo bambino
mamma, e se lo chiede il canarino.
Dopo lo shampoo e tanto bagnoschiuma,
mentre le stelline rallegrano la bruma,
via i brividi… ecco il Signor accappatoio.
Gatto e canarino stan assieme senza odio.
Allora Paola, prenderai posto accanto a me?
L’ispettore del racconto giallo, col curapipe e il suo pigino nella tasca del paltò, appunta sul taccuino: noto autore di filastrocche in Italia è Gianni Rodari
Filastrocca del primo gelo
gela la neve caduta dal cielo
gela l’acqua del rubinetto
gela il fiore nel suo vasetto
gela la corda del cavallo
gela la statua sul piedistallo.
(Filastrocca del primo gelo, G.R.)
Corre l’anno 2022, invito a salire in carrozza per Salzano Paola.
Dite con me, amici: <Ispettore, quel D. Mastro è innocente. Gli lasci proseguire il viaggio…>.
A cassetta mi sta seduto accanto un album di ricordi con le fotografie di chi è stato con me nel precedente viaggio da sfogliare con quello stupore nel guardare al lavoro el magnàn, lo stagnino… in Piemonte parolòt. E lo scrivo dietro alla foto sfocata di A. Berrone.
Simbolo di un tempo in cui le pentole di rame o di ferro si tramandavano di madre in figlia, continuamente rattoppate, per pochi soldi riparava il corredo domestico con un po’ di stagno. Le pentole, appese ai chiodi di una tavola di legno sistemata alla parete della cucina, lo osservavano con sguardi meravigliati. Un poco di dolcezza non guasta.
Ah, se tornassero i brumisti…
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Bravissimo Mirko!