Ancora in Viaggio (ballata, Danza il candelabro) -7a tappa
Viaggiano con me in poltrone di varia foggia le ombre di Nicola e Paola, quella di Marco, la sagoma nitida di Adriano. E Mirella. Mi sono sempre piaciute le ombre senza il fardello dei dettagli. E le qualità dei dettagli. Ma preferisco di gran lunga la presenza.
Fra sogni e novità, all’ombra della Cascata della Tiglia ci disseteremo…
Per te ho scelto la Ballata che deriva il suo nome dal fatto che veniva cantata durante la danza.
E’ formata da una breve strofa detta Ripresa (EFFE) che si ripresenta come un ritornello, e da una o più Stanze divise ciascuna in due Mutazioni (ABC, BAC) eguali per versi (vari) e rime finali, e una Volta che ha lo stesso numero di versi della Ripresa e il cui ultimo verso rima con il primo della Ripresa.
Nel mentre scriverò…
Adagio il foglio con la meticolosità del fabbro
nel posare con le tenaglie la lamina sull’incudine
che attenderà il massello temprato nella solitudine.
Così la venuta della penna che tamburella il labbro.
Rincasando dal lavoro con le mani
sporche e madido di sudore dò un bacio
a colei che condivide con me questa vita,
e tre buffetti ai miei figlioli; svesto l’abito sbricio,
mi rinfresco al fontanile, e una carezza ai cani.
E siedo… lavàti via i pensieri, e con essi la fatica
adagio il foglio con la meticolosità del fabbro
nel posare con le tenaglie la lamina sull’incudine
che attenderà il massello temprato nella solitudine.
Così la venuta della penna che tamburella il labbro.
Indosso i panni di padre e marito, e lascio a domani
quelli del mastro, guardo il primo tralcio
dell’anno, il cascinale da ultimare e lei discreta.
Osserva con sguardo complice il mio volto bigio.
Sorrido, prendo il foglio e mentre ascolto i brani
dei loro sorrisi gai… prova a fermare la matita
tutto questo, adagio, con la meticolosità antica
del fabbro nel posare con le tenaglie la lamina
sull’incudine che concederà, temprata, all’anima
del massello la solitudine di un candelabro.
Allora Anna, prenderai posto accanto a me?
L’ispettore del racconto giallo, col curapipe e il suo pigino nella tasca del paltò, appunta sul taccuino: Lassare il velo o per sole o per ombra, da Canzoniere- Francesco Petrarca
(…)
Mentr’io portava i be’ pensier’ celati,
ch’ànno la mente desïando morta,
vidivi di pietate ornare il volto;
ma poi ch’Amor di me vi fece accorta,
fuor i biondi capelli allor velati,
et l’amoroso sguardo in sé raccolto.
Quel ch’i’ piú desïava in voi m’è tolto (…)
Corre l’anno 2022, invito a salire in carrozza per Rossi Anna.
Dite con me, amici: <Ispettore, quel D. Mastro è innocente. Gli lasci proseguire il viaggio…>.
A cassetta mi sta seduto accanto un album di ricordi con le fotografie di chi è stato con me nel precedente viaggio da sfogliare con quello stupore nel guardare al lavoro el barbee che non si occupava solo del lavaggio e del taglio dei capelli… in Sardegna su brabèri. E lo scrivo dietro alla foto di M. Pisano.
Fino agli inizi del Novecento non esistevano ancora le lamette da barba, così chi se lo poteva permettere si affidava a mani esperte lasciandosi avvolgere dalle sue chiacchiere. Un poco di dolcezza non guasta.
Ah, se tornassero i brumisti…
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Applauso, splendido lavoro Mirko!