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Sbarbitellozzo e la vacca

Sbarbitellozzo di Montepollo avea da facere commissione di molto importante in quel di Padova.
Congedati li familiari partitte di bon matino pello cammino, distante dalla cittade, di circa dieci migli o mezzo iorno con vacca allo seguito.
Lo mercato delli animali si teniva lo primo d'onne mese alla cosiddetto Prato della Valle e boni erano l'affari che si poteano contrarre, ispecie vendendo tale vacca ‘sì grossa como la sua.
Di siccome la sua salute non era alquanto florida et molto non potiva tinire lo passo giugnuto che fubbe presso Arquà si fermotte per ristorasse alla prima locanda che porottesi d'innanzi sulla strada percorruta.
Tal posto chiamavasi “Hostaria Bianca”, che in dire il vero di candido gh’avea sol nome.


«Bonissima jornata se potria aver indove dormir le stanche chiappe de un povero villano»
«Vai su per le scale bon omo e prendi la stanza in fronte che vi son letti per il sollazzo del dormir, ma prima vorria veder per lo meno i dindini»
«Certo, certo son povero ma onesto mi, eccove due dindini, bastano?»
«Va beh, fasemo che bastano, salì va, prima che tramonti el sol»
«Ah, un favor ve chiedo mi gho una vacca me la terriste per una notte anco ea nea stalla?»
«Femo allor tre dindini e semo tutti contenti ciò»


Preso a sì modo stanzio, con altri tre figuri condiviso, Sbarbitellozzo s'appagliò come una capra sul primo giaciglio che parossi bono pello dormire.
Intanto la vacca Primilla fubbe riconverata nella stalla…


Venendo meno lo sonno, di quanno che la notte erasi intorno alla ore terze, eo cominciò a loquere con li sui inquilini che dividendi erano lo letto.
E verba attira l'altra, Sbarbitellozzo, che aveva lingua e favella troppo lunga, cominciotte a tirar fora le lodi della sua vacca e puro della sua bellissima isposa che al fuoco del casolare lo attegneva di ritorno dalla venduta, c'avrebbi dovuto facere allo mercato, della vacca Primilla.


«Vu dovria saver quanto che ghe se massa bea la mi vacca e pur mulier non scherza a confronto, ah quanto me manca casa ma debbo andar al mercato diman...»


Loda de là e de qua passotte la nottata.
Puzzonillo di Cacione, noto malandrino di poco bene, ascoltatte tutto con orecchie ben tese e, carpendo la bona fiducia dello malcapitato, se facitte rivelare lo loco di provenienza in modo da potirlo andare a trovare poscia bevere bon vino tra risa e conti.


«E diteme un pochetto Sbarbitellozzo e indove che avreste tal vaccona ‘sì prolificata de tanti talenti che nessuna par stare allo suo pari? A parer mio ci state gabbando tutti con codeste menzognere parole che par tutto un gran farlocco».
«No, no, invero io parlo che son omo fortunato assai, mulier e vacca ghe se vere e vegete come la man che ve porgo».
«Allor, se verità è, ditece dove ghe se trovasse tal loco che vi fa da casa e anco da sollazzo si non dite corbellate insane».
«Uhm, e va bene, ma promittetemi de non rivelar a nessuno chello che ve sto para dir».
«Che me venisse una mattutina cecagna e pur cacarella duplice se vorria dir codesto segreto con anima viva e pur morta, ordunque dite pur noi tutto».
«Dunquesi, voi siete mica a cognoscer il villaggio de Campo del Bove Cornuto? Orbene in quando che vedete un bivio che dirama sulla stradina pe andar a Monte Vecio girate di là e quando ghe vederia una casupola, la prima che appar, beh lì c’è vacca e molier»
«Oh amico mio, di sicuro verrò a trovatte e berremo un buon biccier de vin»


Ah... quanto lingua fe danni quanno che lo proprietario non save tener rigida la mappazza e prende a butar fuego a manca e a destra che tutti puotono origliar ben ben de li affari sua.


In testa dello malandrino lo piano era fin troppo di semplice realizzatio: rubare la vacca et recarse a casa di Sbarbitellozzo portando seco la vacca e dicenno di grande sventura capitata allo poveretto e di modo tale da consolare la vedovella fresca fresca e prendere duo piccion che gran fava.
Nel mentre che il gallo se grattava li cojoni pe cantare al matino...


«Oh bondì Sbarbitellozzo, ben svejato ve vogio mostrar un bel bastone che mi personalmente g’ho ontaglià de legno de quercia per lo sostener lo passo mellio».
«Perdonateme ma che ora sarebbe codesta dopo lo cantar del gallo che mi arrovellate tanta favella da svegliarmi de sopra e pure assai de salto?».
«Vicinate la testa e gli oci che ve vogio far veder ben codesto baston, mirate come ghe s’è l’intaglio».
«Uhm me par bello, ma per favor lassateme dormì ancora che poi la fatiga se massa...»
«Ma certo, tenete beccateve sto randellon in testa, sbammmmmmmmmmmm».


Così Puzzonillo, con baston di legno, randellò ben bene la cavezza de lo sprovveduto Sbarbitellozzo lo quale svenitte come pera cade matura di insù l’albero.


Puzzonillo, presa la vacca Primilla e messo in sacco ben celato il povero malcapitato, intraprendette lo viaggio di ritorno ansimante come un bue e percorse la strada per Campo del Bove Cornuto a spedito passo che parea aver congrega de vermi allo deretano che lo torturasse talmente tanto da fargli inforcar andatura da cavallo piuttosto che da umano. Giunto che fu al loco detto non fece fatica a trovar stalla e umil dimora dello povero Sbarbitellozzo.
E per far cosa fatta a dover iettò il sacco contenente Sbarbitellozzo in profondo dirupo che nemmen un falcone d’aguzza vista l’avria più potuto trovar…


Buondì siora, voi non mi accognoscete ma io sono bon amico de vostro marìo e porto sue notizie ghe se me faria cortesia de entrar in casa ve potria ben spiegar»
«Entrè e diteme tutto non me fate star in ansia per mi marìo»
«Allor, dunque… insomma lo povero marìo vostro cascatte in un fosso e io, che passava di là per caso voluto, lo tiratti fora pe miracolo ma eo, pella caduta, mi moritte tra le braccia esalando l’ultimo desiderio de riportarve la vacca indrio e con essa feral notizia con tutto lo amore avuto per voi».
«Oh sior, 'sì gentile animo aveste a far tutto ciò, inspettate che porto Primilla alla stalla e poscia potrete godere di bona manducatura e anco di caldo letto pella notte».
«Posso saver lo nome vostro di grazia? Siora mia».
«Certamente sior, sior?».
«Puzzonillo di Cacione di nobil rango venuto per servirla».
«E io me ciamo Primilla, quel cojon de mi marìo gh’avea ciamà a vacca come mi».
«Invero? Qual disgrazia imbelle tal trovata».
«Perocchè, se non son indiscreta?».
«Non è consigliabile aver in casa duo vacche con lo istesso nome»
«E ciò, ahahahah...Venite meco Puzzonillo, stanotte ve offro del latte caldo, ndemo ve farò munger Primilla!».
«Aver due vacche in casa e con lo istesso nome non sempre esse gran ricchezza da vantarsene troppo con l’altri!».




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Racconto scritto il 05/07/2022 - 16:56
Da Jean Charles G.
Letta n.347 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Jean in questo periodo ti ho tanto letto e tu mi hai dedicato tempo e attenzione come nessuno mai.
Tutto questo è stato molto importante, per me, sia sul piano poetico che umano.
E non finirò mai di ringraziarti.
La prossima settimana, finalmente, farò
questo piccolo intervento all'occhio per cui per un po'... ma poi riprenderò a leggerti come e più di prima.
Mi mancheranno il tuo narrare e poetare... e la tua amicizia.
Grazie di cuore per esserci sempre,
con stima e affetto,
Marina

Marina Assanti 07/07/2022 - 13:46

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Grazie Jean, sempre tanto sensibile...
grazie

Marina Assanti 05/07/2022 - 20:34

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Lascio il link dell'audio racconto per chi volesse ascoltarlo in voce narrante, grazie e buona serata

https://www.youtube.com/watch?v=JCJdHyUTXCA


Jean C. G. 05/07/2022 - 19:35

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Mi dispiace molto Marina un abbraccio grande.

Jean C. G. 05/07/2022 - 19:34

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Grazie Anna una serena notte

Jean C. G. 05/07/2022 - 19:34

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Questa novella mi ha ricordato tanto il Boccaccio con le sue novelle!! Ma sei bravissimo a scrivere in tal lingua..un misto di dialetto e...be' cmq molto divertente leggerla!!sei molto bravo!!

Anna Cenni 05/07/2022 - 19:04

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Fantastico... semplicemente.
Sei davvero unico, Jean.
(Ho avuto un lutto ieri, in famiglia, per cui ci sarò e non ci sarò nei prossimi giorni...)
Mi ha fatto bene leggerti, davvero.
Un Grazie speciale!

Marina Assanti 05/07/2022 - 17:19

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