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TUTTA LA MALAVITA DI NERO VESTITA

ROSETTA


“Il tredici di agosto, in una notte scura, commisero un delitto gli agenti di questura…” Recita così una famosa canzone popolare.
In realtà la notte era quella fra il 26 e il 27 agosto di un anno passato da moltissimo fra i fogli strappati del calendario…


Elvira Rosa Ottorina Andressi non aveva ancora 18 anni. Nata da una famiglia poverissima che abitava in via Arena 33, presso piazza Vetra, nel quartiere di Porta Ticinese, allora il più povero di Milano, era stata una bambina da tutti benvoluta, per la sua bellezza e dolcezza. Però, quando suo padre Eugenio, che faceva il facchino, si ammalò e in seguito morì, sua madre Genoveffa, una donna col vizio del bere e avida di denaro, decise di sfruttare la bellezza della figlia avviandola alla prostituzione, forse addirittura sin dall'età di 13 anni.
Pareva che il destino avesse riservato alla fanciulla la sorte di consumare la sua vita in attesa di clienti nella zona chiamata della colonnetta, perché un tempo vi sorgeva la Colonna infame, a ricordo del supplizio di Gian Giacomo Mora e Guglielmo Piazza. Invece, quella primavera la dea della fortuna le aveva dato il suo bacio. Forse era stato un cliente a notare che la giovane, alla bellezza e al fascino, univa una voce melodiosa, forse era stata la sua intraprendenza ad aprirle le porte verso un nuovo futuro, fatto sta che aveva debuttato al teatro San Martino, cantando un testo dialettale di Marco Ramperti con l’accompagnamento musicale del maestro Mignone, ottenendo un buonissimo successo.
I giornali parlarono di lei, fu invitata a cantare anche al Salone Margherita a Roma e ci furono repliche al San Martino.
A giorni avrebbe dovuto andare a cantare a Genova, ma il fato rimescolò le sue carte e in una notte scura, commisero un delitto gli agenti della questura.
Una versione edulcorata afferma che il responsabile fu l'agente Mario Musti, che essendosi innamorato di lei ed essendo stato respinto, l'avrebbe assassinata con il calcio di un fucile o con un pugnale, spalleggiato da Antonio Santovito. In realtà i fatti si svolsero in modo ancor più cruento.
Rosetta, come tutti chiamavano Elvira, con un’amica e quattro amici si erano diretti verso la casa di sua sorella, in via Vitraschi 22. Forse avevano festeggiato e cantavano, quando due agenti si avvicinarono intimando loro di smettere. Forse qualcuno degli uomini rispose male, ad ogni modo i due chiamarono in rinforzo una squadraccia di una ventina di agenti che circondarono il gruppetto. Gli uomini cercarono di resistere all'arresto, altre persone si avvicinarono richiamate dalle urla. Forse i questurini si sentirono minacciati e reagirono con brutale violenza; estrassero le daghe e si misero a colpire selvaggiamente con colpi di piatto. Uno dei primi colpi prese proprio Rosetta al petto, che cadde semisvenuta. Un testimone afferma che fu presa a calci anche quando giaceva a terra, comunque gli agenti arrestarono i quattro uomini e lasciarono la fanciulla sul selciato. Sopraggiunsero varie persone ad aiutarla, qualcuno chiamò suo fratello Edmondo, il quale, essendo claudicante, chiese ad un paio di astanti di aiutarlo a portarla a casa della sorella.
Frattanto Rosetta si era un po' ripresa perciò, giunto a destinazione, il gruppetto si fermò a discutere dell'accaduto con Edmondo, che rimproverava la sorella per non aver dato subito retta ai due agenti. In quel mentre sopraggiunse un gruppo di nove degli agenti di prima, probabilmente alla ricerca di altri partecipanti alla rissa. Immediatamente questi presero i tre uomini, che si misero a protestare animatamente dicendo che non erano neppure presenti e che erano intervenuti solo a fin di bene. Rosetta intervenne in difesa del fratello gridando: "Lasciatelo andare! Non vedete che è zoppo?!" Uno sbirro la colpì col calcio della pistola, un altro gridò: "Ammazzatela, è una puttana!" e la presero a calci anche quand’era a terra. Numerose persone si misero a gridare dalle finestre, gli agenti estrassero le pistole minacciando di sparare. Poi presero Rosetta e la caricarono sulla carrozza degli arrestati.
A questo punto, probabilmente, la ragazza finse di avvelenarsi allo scopo di farsi portare all’ospedale anziché in questura; la versione ufficiale afferma che ingoiò tre pastiglie di cloruro mercurico, sputandone due. La cosa, però, è poco credibile, probabilmente la giovane infilò in bocca solo le pasticche che poi sputò.
Gli agenti allora deviarono e la portarono all'ospedale maggiore, dove venne piantonata impedendo anche al fratello di parlarle. Solo più tardi fu permesso a sua sorella Maria di entrare. Rosetta fece solo in tempo a dirle: “Mi hanno ammazzata.” quindi perse conoscenza, e alle 11,30, nonostante la lavanda gastrica non avesse rivelato traccia di cloruro, la sventurata morì.
L'Avanti del mattino aveva già dato notizia dell'episodio, riferendo la versione della questura e parlando di un tentato suicidio di una certa Rosetta Andressi. La versione pomeridiana del Corriere della Sera diede un lungo resoconto dell'accaduto, dilungandosi sulla versione di due poveri agenti circondati e malmenati, salvati in exstremis dall'arrivo dei rinforzi. L'articolo dava anche notizia della morte di Rosetta, attribuendola a suicidio, avvenuto nonostante i disperati sforzi dei poliziotti di impedirglielo.
A rompere il muro di ipocrisie e falsità fu il numero del 28 agosto dell'Avanti, giornale allora diretto da Benito Mussolini. In un articolo forse delolo stesso Mussolini il giornale si scusò con decisione per aver dato il giorno prima la versione della questura, e raccontò i fatti come erano accaduti, parlando senza mezzi termini di un'aggressione di quella che, coniando un'efficace neologismo, venne chiamata Poliziottaglia.
L'articolo suscitò vasta emozione in città, migliaia di persone si radunarono presso l'obitorio in cui giaceva il corpo della giovane, il questore dovette aprire un’ inchiesta interna.
Il giorno successivo una folla composta specialmente da centinaia di prostitute si radunò per il funerale, e non volle allontanarsi nonostante fosse stato comunicato che le esequie erano state rinviate per l'autopsia, per timore che il corpo fosse portato al cimitero.
Il giorno dopo il feretro fu accompagnato in chiesa per la cerimonia religiosa da una nutrita rappresentanza di sacerdoti. Con questo gesto la Chiesa volle mostrare che non credeva alla versione del suicidio, dato che in tal caso ci sarebbe stata una cerimonia minore. Quel che accadde dopo l'uscita fu davvero suggestivo: tutti i componenti della Ligera, la malavita milanese, vestiti di nero, e tutte le prostitute della città vestite di bianco, si unirono al corteo in segno di sfida alla questura, accompagnando Rosetta fra due ali di folla sui marciapiedi o affacciata alle finestre, fino al cimitero maggiore.
Ma dopo questa prova di forza, nonostante altri articoli dell'Avanti, i questurini ripresero in mano la situazione, vennero eseguiti decine di arresti, volti soprattutto a intimorire i testimoni. Un compiacente reperto autoptico del professor Saverio de Dominicis attribuì la morte ad avvelenamento.
L'imputazione per i poliziotti fu derubricata a lesioni, poi lesioni leggere. Cinque vennero prosciolti in fase istruttoria, Musti e Sansovito assolti per insufficienza di prove, due anni dopo i fatti, il 27 febbraio del 1915.
Ma il basso popolo di Milano non si dimenticò della povera Rosetta; nacque così nelle osterie la sua canzone, e nelle osterie per decenni fu cantata e ancora non è dimenticata:


“Il tredici di agosto,
in una notte scura,
commisero un delitto
gli agenti di questura.


Hanno ammazzato un angelo:
di nome la Rosetta.
Era di piazza Vetra,
battea a la Colonnetta.


Chi ha ucciso la Rosetta
non è della Ligera:
forse viene da Napoli,
è della Mano Nera.


Rosetta, mia Rosetta,
dal mondo sei sparita,
lasciando in gran dolore
tutta la malavita.


Tutta la malavita
era vestita in nero:
per ‘compagnar Rosetta,
Rosetta al cimitero.


Le sue compagne, tutte,
eran vestite in bianco:
per ‘compagnar Rosetta,
Rosetta al camposanto.


Si sente pianger forte
in questa brutta sera:
piange la piazza Vetra
e piange la Ligera.


Oh, guardia calabrese:
per te sarà finita;
perché te l'ha giurata
tutta la malavita.


Dormi, Rosetta: dormi
giù nella fredda terra;
a chi t'ha pugnalato,
noi gli farem la guerra;


a chi t'ha pugnalato
noi gli farem la guerra.”


Dedicato a Rosetta Andressi: 1°settembre 1895 - 27 agosto 1913.


Nota: alcuni siti riportano Andrezzi, però da una ricerca in internet, tale cognome è risultato inesistente.




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Racconto scritto il 27/09/2022 - 18:42
Da Aquila Della Notte
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Voto:
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Commenti


Un Grazie a Anna, per aver apprezzato la mia modesta mano, e soprattutto la storia raccontata.
Un grazie a Marina; si, talmente tragica è la vicenda che forse per questo preferisce il dimenticare alcuni dei più tristi particolari.
Un grazie a Mirko, lieto di aver evocato ricordi, seppur contrastanti. Ferrante Aporti, al fianco della stazione, c'è stata alcuni anni la sede degli amici di Israele.
Un grazie a tutti coloro che hanno soffermato lo sguardo sulla triste vita di Rosetta. E per sempre sia maledetto il nome del carabiniere che spense la sua giovane vita. Che dall'inferno ci legga!

Aquila Della Notte 28/09/2022 - 15:03

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Che dire,se non che sembra di leggere un autore già affermato... traspare sicurezza e fluidità nello scrivere, e l'incipit e grandioso.
La storia così come è narrata, appassiona.
Anche se in altra epoca, Piazza Vetra mi suscita poi ricordi contrastanti... sono cresciuto tra Ferrante Aporti ai tempi del liceo e Piazza Cinque Giornate per lavoro.
Cos'altro aggiungere se non tanti complimenti

Mirko D. Mastro 28/09/2022 - 07:32

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Non ricordavo tutti gli agghiaccianti e squallidi particolari legati alla brevissima vita e alla tragica morte di
Rosetta, una bella e sfortunata giovane di appena 18 anni.
Splendidamente raccontata e magistralmente scritta con la nota di colore finale riportata nella canzone a lei dedicata.
Grazie per averla pubblicata e complimenti

Marina Assanti 27/09/2022 - 21:12

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Bellissime le storie vere, questa l'hai scritta come un Edgard A. Poe
Son molto interessanti soprattutto per capire i vari momenti storici.
Sai scrivere fluidamente e non stanca. Bravissimo!!Benvenuto tra noi!!


Anna Cenni 27/09/2022 - 20:39

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