Ci sono questi fulgori di luce abbagliante appena chiudo gli occhi, li vedo muoversi come in uno stagno arcobaleno su uno sfondo nero.
Simili a girini dalla coda laser inscenano un valzer lento che presto si trasforma in una riproduzione cellulare a coppie, più coppie fino ad ottenere un embrione umano.
Qui davanti a me adesso c'è mia nonna sdraiata sul suo divano e c'è mia mamma e io parlo con mia nonna che non sorride, perché i suoi piedi sono terribilmente freddi.
Mi inginocchio e copro i suoi piedi con una coperta a quadri blu, rossa e bianca e mentre lo faccio mi distraggo a giocherellare con le frange della coperta.
Poi mi rialzo e le mie dita sfregano il bordo della tasca dei miei pantaloni e allora mi sento meglio e il mondo si rasserena.
Casa di mia nonna è immersa in un'aria rarefatta, non è ossigeno quello che respiriamo; un pesce dalla coda striata galleggia a mezz'aria e quando boccheggia dalle sue labbra fuoriesce una nuvoletta bianca come quella dei fumetti: "help, casa mia è da un'altra parte".
Accarezzo delicatamente i piedi di mia nonna che adesso si sono intiepiditi e sorrido. Ora nella stanza c'è altra gente e altri pesci da acquario che vanno su e giù in cerca di cibo e attenzioni.
Mia madre spalanca la porta che conduce in un'altra stanza, la "camera scura" (la stanza senza finestre) e ci allontaniamo reggendo in mano un uovo ciascuno.
Sullo stomaco mi si forma una patina gelatinosa che a contatto con l'atmosfera carica di elio della nuova stanza si solidifica all'istante.
Il magone è troppo pesante e non riesco a non tossire, poi a piangere. È qualcosa che fatico a mandare giù.
Le lacrime colano sul mio viso come vernice troppo diluita su una tela che nessuno ha disegnato, che nessuno ha ideato e nessuno mai esporrà.
Piango.
Piango e l'uovo che stringo nella mano destra si rompe e ne vedo il colore giallo intenso e i filamenti viscosi di vita e di speranze riposte in un futuro in lenta formazione.
Ci sono tre stanze in ognuno di noi: nella prima vivono i sentimenti, le figure eterne, le stelle, l'universo, la poesia e la dolce melodia dei mondi superiori.
Nella seconda viviamo noi, la nostra è la stanza più stretta in mezzo alle altre due e la luce va e viene.
La terza è la casa dei nostri genitori, con loro c'è il camino sempre acceso, le lucine di Natale a intermittenza e le torte di compleanno guarnite con la panna montata e le candeline magiche che non si spengono mai.
Simili a girini dalla coda laser inscenano un valzer lento che presto si trasforma in una riproduzione cellulare a coppie, più coppie fino ad ottenere un embrione umano.
Qui davanti a me adesso c'è mia nonna sdraiata sul suo divano e c'è mia mamma e io parlo con mia nonna che non sorride, perché i suoi piedi sono terribilmente freddi.
Mi inginocchio e copro i suoi piedi con una coperta a quadri blu, rossa e bianca e mentre lo faccio mi distraggo a giocherellare con le frange della coperta.
Poi mi rialzo e le mie dita sfregano il bordo della tasca dei miei pantaloni e allora mi sento meglio e il mondo si rasserena.
Casa di mia nonna è immersa in un'aria rarefatta, non è ossigeno quello che respiriamo; un pesce dalla coda striata galleggia a mezz'aria e quando boccheggia dalle sue labbra fuoriesce una nuvoletta bianca come quella dei fumetti: "help, casa mia è da un'altra parte".
Accarezzo delicatamente i piedi di mia nonna che adesso si sono intiepiditi e sorrido. Ora nella stanza c'è altra gente e altri pesci da acquario che vanno su e giù in cerca di cibo e attenzioni.
Mia madre spalanca la porta che conduce in un'altra stanza, la "camera scura" (la stanza senza finestre) e ci allontaniamo reggendo in mano un uovo ciascuno.
Sullo stomaco mi si forma una patina gelatinosa che a contatto con l'atmosfera carica di elio della nuova stanza si solidifica all'istante.
Il magone è troppo pesante e non riesco a non tossire, poi a piangere. È qualcosa che fatico a mandare giù.
Le lacrime colano sul mio viso come vernice troppo diluita su una tela che nessuno ha disegnato, che nessuno ha ideato e nessuno mai esporrà.
Piango.
Piango e l'uovo che stringo nella mano destra si rompe e ne vedo il colore giallo intenso e i filamenti viscosi di vita e di speranze riposte in un futuro in lenta formazione.
Ci sono tre stanze in ognuno di noi: nella prima vivono i sentimenti, le figure eterne, le stelle, l'universo, la poesia e la dolce melodia dei mondi superiori.
Nella seconda viviamo noi, la nostra è la stanza più stretta in mezzo alle altre due e la luce va e viene.
La terza è la casa dei nostri genitori, con loro c'è il camino sempre acceso, le lucine di Natale a intermittenza e le torte di compleanno guarnite con la panna montata e le candeline magiche che non si spengono mai.
"The blue bus is callin’ us,
the blue bus is callin’ us
Driver, where you taken us"
Racconto scritto il 06/02/2023 - 12:43
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