Sono sceso nella pianura dove non è mai giorno e dove la nebbia è compatta come un cumulo di terra in un canale in secca.
Volete sapere che cosa si prova ad andare da coloro che non sono più vivi?
Tutto accadde in un pomeriggio d'estate in cui la centrifuga dei miei pensieri si era acquietata per effetto dei farmaci.
La ventola del condizionatore era a minimo e lentamente, cullato dalla brezza artificiale, sprofondai sul divano fissando i quadri dall'altro lato della parete.
I miei occhi si posarono in particolare su due stampe: "Il ciclo della fertilità" della mitologia norrena e la rappresentazione del detto di Ermete Trismegisto "Come in alto, così in basso".
Fissavo la figura della dea e l'albero della vita quando a un tratto sentii un gran freddo scorrermi dal collo alla schiena, giù fino alla punta dei piedi.
Alzai gli occhi al condizionatore e mi accorsi che era spento. Guardai in direzione del mio cellulare sotto carica e vidi che la lucetta sopra il display era disattivata.
Una stanchezza primordiale si impossessò delle mie ossa e per un istante mi parve di essere diventato paralitico. Ma non urlai né mi agitati più di tanto.
Se quella era la fine del mio viaggio allora tutto stava avvenendo con estrema dolcezza e imperturbabile severità.
Il sole si spense dietro le finestre e un crepuscolo di cenere invase la mia stanza.
La paura mi fece chiudere gli occhi, ma un brivido tiepido, mai provato prima, mi spronò a riaprirli.
Ombre. Ombre.
Ombre bianche e sottili come un vecchio capello intorno a me.
Vedevo volti eppure non sembravano volti.
Erano centinaia, forse migliaia, una corrente in movimento che oltrepassava le pareti e finiva in un nulla indefinito alle mie spalle.
Quando una di quelle sagome fluttuanti mi si avvicinava alla faccia i suoi lineamenti si disperdevano nell'aria come molecole impazzite.
Il mio cuore batteva lento e ogni tanto sussultava in preda ad una singolare tachicardia.
Immaginate di avere un tonfo alla bocca dello stomaco come quando si fa un gran tuffo in acqua o come quando si va sulle montagne russe.
O forse, come quando si è innamorati e la ragione e i sentimenti prendono strade diverse e ogni giorno è uno scontro all'ultimo sangue.
Io mi sentivo così, un istante dopo l'altro, non c'era tregua.
Ma non ero arrivato alla fine del viaggio.
Un'ombra mi si accostò di lato e prima di disgregarsi sussurrò qualcosa che a contatto con quella strana atmosfera generò una fiammella azzurra che mi passò sul viso senza bruciarmi.
Ancora oggi non so cosa sia successo veramente. I miei ricordi sono confusi e ogni volta che provo a tornare a quelle visioni la mia mente cambia discorso e si rifugia nelle pieghe della memoria.
Poi, un giorno, ho rivisto quella fiammella in un dipinto di un artista dell'Universo e allora ho compreso ciò che forse ho sempre desiderato sapere.
Questi versi, seppur fatti di parole, dicono ciò che mi fu rivelato. O almeno ci provano.
Volete sapere che cosa si prova ad andare da coloro che non sono più vivi?
Tutto accadde in un pomeriggio d'estate in cui la centrifuga dei miei pensieri si era acquietata per effetto dei farmaci.
La ventola del condizionatore era a minimo e lentamente, cullato dalla brezza artificiale, sprofondai sul divano fissando i quadri dall'altro lato della parete.
I miei occhi si posarono in particolare su due stampe: "Il ciclo della fertilità" della mitologia norrena e la rappresentazione del detto di Ermete Trismegisto "Come in alto, così in basso".
Fissavo la figura della dea e l'albero della vita quando a un tratto sentii un gran freddo scorrermi dal collo alla schiena, giù fino alla punta dei piedi.
Alzai gli occhi al condizionatore e mi accorsi che era spento. Guardai in direzione del mio cellulare sotto carica e vidi che la lucetta sopra il display era disattivata.
Una stanchezza primordiale si impossessò delle mie ossa e per un istante mi parve di essere diventato paralitico. Ma non urlai né mi agitati più di tanto.
Se quella era la fine del mio viaggio allora tutto stava avvenendo con estrema dolcezza e imperturbabile severità.
Il sole si spense dietro le finestre e un crepuscolo di cenere invase la mia stanza.
La paura mi fece chiudere gli occhi, ma un brivido tiepido, mai provato prima, mi spronò a riaprirli.
Ombre. Ombre.
Ombre bianche e sottili come un vecchio capello intorno a me.
Vedevo volti eppure non sembravano volti.
Erano centinaia, forse migliaia, una corrente in movimento che oltrepassava le pareti e finiva in un nulla indefinito alle mie spalle.
Quando una di quelle sagome fluttuanti mi si avvicinava alla faccia i suoi lineamenti si disperdevano nell'aria come molecole impazzite.
Il mio cuore batteva lento e ogni tanto sussultava in preda ad una singolare tachicardia.
Immaginate di avere un tonfo alla bocca dello stomaco come quando si fa un gran tuffo in acqua o come quando si va sulle montagne russe.
O forse, come quando si è innamorati e la ragione e i sentimenti prendono strade diverse e ogni giorno è uno scontro all'ultimo sangue.
Io mi sentivo così, un istante dopo l'altro, non c'era tregua.
Ma non ero arrivato alla fine del viaggio.
Un'ombra mi si accostò di lato e prima di disgregarsi sussurrò qualcosa che a contatto con quella strana atmosfera generò una fiammella azzurra che mi passò sul viso senza bruciarmi.
Ancora oggi non so cosa sia successo veramente. I miei ricordi sono confusi e ogni volta che provo a tornare a quelle visioni la mia mente cambia discorso e si rifugia nelle pieghe della memoria.
Poi, un giorno, ho rivisto quella fiammella in un dipinto di un artista dell'Universo e allora ho compreso ciò che forse ho sempre desiderato sapere.
Questi versi, seppur fatti di parole, dicono ciò che mi fu rivelato. O almeno ci provano.
Dorme quieto in un grembo di Madre
Il suo piccolo cuore è Uno
E i suoi sogni brillano in una galassia
Di cose che non finiscono mai.
Dio è il volto della nascita
E ogni nascita è il volto di Dio.
Racconto scritto il 24/07/2023 - 12:36
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