La parte più interessante della casa senza alcun dubbio era la cantina con i vari accessi, piccole porte nascoste in sgabuzzini e relative scale buie e strette che portavo giu' nei vari locali che la componevano.
Per noi bambini era un luogo molto affascinante con i suoi “passaggi segreti” ma per noi proibiti a causa delle scale molto ripide, niente affatto sicure, che portavano in cantina. Disponeva anche di due ingressi più agevoli che aprivano proprio nell’aia. Da essi ci era permesso entrare ma per recarci soltanto nella prima stanza, la più grande, illuminata e parzialmente occupata da vecchi, antichi, mobili lì accatastati.
In cantina ci si trovava un po' di tutto; non solo botti, tini, bottiglie vuote, o piene del vino prodotto dal nonno, damigiane, ma anche tutti gli oggetti più strani, vecchi o addirittura antichi, accatastati lì nel corso dei secoli.
Il nostro divertimento era ovviamente quello di frugare all'interno di cassetti, scatoloni alla ricerca del pezzo unico raro , strano.
Quando si trovava qualcosa di interessante, magari soltanto una targhetta identificativa di un vecchio cane da caccia, si chiedeva ai nonni il permesso di prenderla per sé. Ovviamente i nonni acconsentivano sempre.
Anche il granaio era fonte di grande interesse. Ci si arrampicava al piano superiore attraverso un piccolo buco utilizzando una malsicura scala a pioli di legno, anche questo c'era proibito ma di nascosto riusciamo sempre a sfuggire al controllo dei genitori e dei nonni. Giunti in cima attraverso le piccole finestre ci incantano a guardare il panorama sulla valle su cui troneggiava la quercia secolare. Ci piaceva molto rimanere lì a parlare, a giocare. Scendere era un po' più complicato ma in genere i miei cugini più grandi scendevano per primi e ci aiutavano.
Col passare degli anni la casa cambiò aspetto; furono abbattuti la stalla, il granaio, la soffitta. Solo la cantina rimase al suo posto e per noi fu un po' meno divertente passare i pomeriggi giù nell'aia. Mancavano i nascondigli e così cominciammo a inventare dei giochi alternativi.
Ad esempio ci piaceva giocare al mercato utilizzando i sassi più grandi come merce da vendere e i sassi più piccoli come soldi. Si vendeva di tutto sasso-pane, sasso-carne sasso-pesce, sassi-formaggi. Per la frutta e verdura non usavamo, però, i sassi ma da veri monelli ricorrevamo a quello che offriva l’orto del nonno: carote, fagioli, zucchini, prugne, pere, mele …
Nell’aia erano ambientate le nostre performance “sportive”: Salire sul tetto dell’auto sportiva di mio zio e lasciarsi scivolare sul lunotto e sul cofano lasciando miserevoli tracce (enormi graffi) del nostro passaggio. Arrampicarci sulle cataste di balle di fieno e poi saltare giù a terra. Ma c’era un appuntamento fisso di mezza estate che si svolgeva li, nell’aia: lo spettacolo. Lo mettevamo su insieme ai nostri amici, molti dei quali passavano come noi le loro vacanze estive presso le case dei nomi. L’organizzazione e le prove ci impegnavamo piacevolmente per parecchi giorni.
Solitamente a me toccava la presentazione dello spettacolo e talvolta qualche numero di canto; ai bambini più piccoli era invece riservato lo spazio del balletto; i cugini più grandi intrattenevano il nostro pubblico raccontando barzellette.
Ovviamente tutto era fatto rigorosamente a fine di lucro. Gli spettatori, parenti e amici degli “artisti”, dovevano pagare un biglietto e durante lo spettacolo potevano acquistare per poche lire frutta fresca a centimetro zero inconsapevolmente offerta dal nonno.
In genere lo spettacolo si teneva nel tardo pomeriggio con il fresco e si concludeva con grande soddisfazione di noi bambini e anche degli adulti.
Un anno mio nonno aveva deciso di mettere in ordine quello che aveva conservato e accatastato nei vari capannoni degli attrezzi che aveva via via fatto costruire nel tempo e quindi per quell'estate parte dei nostri giorni li passammo a spostare oggetti con la vecchia carriola di ferro da un capannone all’altro. Non molto divertente ma abbastanza remunerativo, visto la copiosa mancia inaspettata che ricevemmo alla fine del lavoretto.
L’anno successivo, stessa cosa solo che spostammo le stesse cose dell’anno precedente collocandole altrove. E così per alcuni anni a seguire. Nessuna nuova sistemazione sembrava soddisfare l’idea di riordino e conservazione del nonno. Ma poco importava a noi.
Per ben 20 anni quella è stata la casa delle mie vacanze estive, una sorta di agriturismo familiare ed oggi non posso ripensare a quei luoghi senza vederci lì tutti, sul terrazzone panoramico a festeggiare il Ferragosto con tutta la famiglia riunita, immersa nell’odore di carne grigliata. O giù in cortile al tramonto a passeggiare tra le rose piantate da mio nonno per mia nonna. O le mattine assolate a giocare a tennis con le mie sorelle, con i miei cugini e i loro amici su un campo improvvisato nell’aia. O i pomeriggi passati pigramente a leggere o parlare sotto la pergola. O le nostre passeggiate nei campi supervisionate dalla quercia delle merende. Ma questa è un’altra storia.
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