Quel pomeriggio Adam si annoiava e decise di fare una passeggiata.
Aveva trentasette anni, occhi castani e testa rasata, con una cicatrice sulla fronte che si era procurata anni prima mentre lavorava in una pizzeria.
Il locale non era molto grande e nel momento in cui, si dirigeva verso il tavolo, dove lavorava, ebbe un incontro del terzo tipo con la teglia che il pizzaiolo aveva in mano, pronta da infornare.
L’impatto fu tremendo un terremoto che lo costrinse ad avere un mal di testa niente male per tutta la sera.
L’unica ragazza che in quel momento avrebbe voluto conoscere era l’attrice della pubblicità del Moment.
Nel suo piccolo paese finalmente stava affacciandosi l’estate.
Adam era un ragazzo su una sedia a rotelle, vittima di una malattia genetica che condizionava la sua vita.
Riuscì quindi a uscire dal suo palazzo, non senza barriere e fu in strada.
Decise di andare verso il centro del paese vicino.
La giornata era calda, il Sole picchiava duro, era faticoso muoversi ma lui non sentiva stanchezza quando riusciva a uscire da casa.
Si ritrovò in mezzo al traffico.
I rumori della città lo avvolsero come le spire di un serpente.
Erano le voci delle tante persone che lo circondavano, che tenevano sveglia l’attenzione dei suoi occhi, mentre attraversava la strada.
Era come se la sagoma del suo corpo fosse invisibile.
Passavano e ripassavano senza fermarsi, sembrava che tutti dovessero andare a un appuntamento.
Magari il medesimo.
Se andavano tutti nella stessa direzione … chissà che brava ragazza o ragazzo.
Una macchina finalmente si fermò e lo fece attraversare.
Nonostante andasse piano, per la sua, non molta forza sulle braccia, era comunque concentrato dal camminare dell’asfalto sotto le ruote della sua sedia.
Il manto stradale era molto disconnesso e quel tratto di strada che attraversava, era adornato da qualche buca.
Finalmente riuscì a passare, ma adesso aveva davanti un’altra difficoltà.
Il marciapiede di fronte lo aspettava e ai suoi occhi il gradino di quest’ultimo, lo guardava con aria di sfida.
Cominciò la sua passeggiata soffermando il suo sguardo sulle vetrate dei negozi sperando di trovare degli occhi amici.
Non era mai in pace con se stesso, non sopportava stare solo perché ci trascorreva troppo tempo e la solitudine piace solo quando è cercata, di proposito altrimenti diventa tristezza che si disseta abbeverandosi di ricordi che tengono lontano il sorriso.
Continuava a cercare un volto che avrebbe deciso di conoscerlo senza soffermarsi a vedere ciò che aveva fuori ma quello che era dentro.
I ragazzi su una sedia a rotelle sono un cuore che batte e un cervello che ragiona.
Troppe volte aveva incontrato persone che gli avevano detto: “Ti stimo, io al tuo posto non gliel’avrei fatta”.
A fare cosa?
Mica si deve spingere un treno, devi soltanto impegnarti a vivere.
La sua testa era piena di questi pensieri, mai una luce che avrebbe alleviato quella “sofferenza”.
Fortunatamente Adam era tutt’altro che un ragazzo triste e preferiva evitare discussioni su quegli argomenti, anche se non riusciva a tenere lontane quelle riflessioni.
Fermò poi la sua attenzione verso un uomo intento a leggere il contenuto di un manifesto, aveva con sé, al guinzaglio, un cane di taglia minuta.
Pensava all’incapacità delle persone a donare amore pur parlandone e molte di esse decidono di avere un animale riversando su di lui i propri sentimenti.
E’ strano l’uomo, cerca l’amore quando già l’ha davanti.
Ogni cosa che Dio ha messo nel mondo è per farci capire l’amore per la convivenza.
A un certo punto vista la lentezza che ci avrebbe messo per tornare a casa decise di fare dietro front.
Il cielo lasciava trasparire la voglia di crepuscolo, ma ancora il giorno la faceva da padrone.
Il caldo persisteva ma il sudore non si affacciava sulla fronte di Adam.
Non mancava molto per arrivare a casa e la distanza che diminuiva incrementava la sua voglia di tornare alla sua abitazione.
Il colore del cielo si faceva più audace e la brezza cominciava ad allungare le sue mani per accarezzare il viso del ragazzo.
Mentre proseguiva il suo tragitto, una donna attraversava la strada con un bambino a non molta distanza da lui.
Improvvisamente il piccolo lasciò la presa della madre e attraversò.
Il ragazzo vide con la coda dell’occhio un’automobile che andava verso il bimbo.
Decise di raccogliere le sue forze e di mettersi tra la vettura e il cucciolo d’uomo.
L’autista dell’auto vedendo la scena, frenò di colpo facendo urlare le gomme sull’asfalto.
La velocità non gli permise di arrestarsi quando fu davanti alla sedia del ragazzo e lo investì.
L’impatto non fu violento ma la forza dell’urto fece capovolgere su di un fianco il ragazzo che cadendo sbatté la testa.
Rimase tramortito, alcune persone che passavano di là, lo videro e lo aiutarono a rialzarsi.
Decisero poi di chiamare un’ambulanza ma Adam non volle.
Chiese solo come stava il bambino e sapute le sue condizioni senza dire una parola “si” avviò verso casa.
Era stato sempre un ragazzo schivo e non gli piaceva prendersi il merito per nessuna cosa.
Arrivò a casa e dopo aver superato le solite difficoltà, entrò nel suo appartamento.
Adam viveva nella periferia in un palazzo colorato di un arancione dai tratti incerti situato in un quartiere già invaso dal cemento.
Abitava solo, aveva deciso di lasciare la sua famiglia, che comunque non viveva molto distante da lui, e così avere un po’ d’indipendenza.
Andò quindi a letto senza neanche mangiare, si sentiva stanco e gli faceva male la testa.
Chiuse gli occhi, si addormentò e cominciò a sognare...
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Complimenti, Giuseppe, davvero tanto apprezzato questo tuo triste e istruttivo racconto. Bravo!!!!
Serena giornata, a rileggerti, Marina