Il distacco
C'erano giorni opachi, dove la nebbia ha consumato pianti!
Si muoveva il tempo a passo cadenzato e i minuti lenti separavano istanti tra me e te,
in un profondo senso di appartenenza.
Mi mancava la tua presenza fisica.
Il resto era impresso nell'anima da sempre
e quel filo invisibile restava ancorato tra noi, per non slegare mai, la mia vita, dalla tua.
- Mi sono svegliata oggi con il rumore di un aereo che volava basso e il rumore assordante feriva le mie orecchie.
Un balzo tra le coperte e resto seduta nel letto senza capire, ancora assonnata,
fatico a rendermi conto del rumore.
Poi mi ricordo, che non devo andare al lavoro, stamattina.
Da oggi inizia lo smart working e devo solo accendere il computer, fare una doccia veloce e poi colazione.
Sono le otto in punto.
Aspetto che arrivi il buongiorno dal gruppo lavoro, nella chat, per iniziare la mia giornata lavorativa, e sbrigare ognuno di noi le proprie mansioni.
Un po’ incerta mi avvio verso il computer che aspetta di essere collegato ai vari programmi ministeriali.
Cresce l'ansia, sembra tutto così strano,
mi guardo attorno tra le pareti di casa, in questo momento mi difendono dal possibile nemico invisibile.
Il nemico che mi costringe a stare in casa, senza possibilità di alcuna libertà.
Inizio il lavoro di verifica e importazione dati, così non penso e la mattina scorre veloce.
Non sento rumori all'esterno, solo silenzio, che ogni tanto è interrotto dall'abbaiare
dei cani.
In questi giorni è diverso, assomiglia più a un pianto.
Una morsa mi afferra lo stomaco e di nuovo la paura fa capolino dentro di me.
Non so bene spiegare la sensazione che m'invade, diversa dalla solita paura che ho provato in certi momenti.
Sento che qualcosa là fuori si muove indisturbato e invisibile, mi affaccio alla finestra non vedo nessuno, tutto è deserto,
silenzio e desolazione impressa a fuoco nel mio ventre, senza poter fare nulla.
Cerco di non pensarci e mi avvio di nuovo al computer aspettando che il dirigente firmi
i documenti che devo inviare.
Così ho un attimo di perplessità
e nuovamente la mancanza diventa estrema e insopportabile.
Ho bisogno di sentire la sua voce e digito il suo numero di telefono.
Ci sei?
- Si sono qui! Mi risponde subito.
Il pallore scompare e così la nausea che mi aveva assalita improvvisa,
si dilegua al suono della sua voce, dolce, familiare e amata come non mai.
Il mio anello di congiunzione tra l'interno e l'esterno che sto vivendo in questo tempo così strano per non impazzire.
"Lui mi parla, mi racconta dei suoi momenti,
la sua voce diventa magia dentro di me.
Vorrei abbracciarlo forte e stringerlo fino a togliergli il respiro, per accertarmi che esista. Non posso farlo e chissà per quanto tempo
ancora dovrò limitarmi a sentirlo solo al telefono.
L'idea mi sconvolge e la paura si affaccia di nuovo a tradimento e mi fa oscillare, mi manca la voce e in silenzio senza fiato,
affanno, come se avessi corso.
- Mà? - mi chiama
Cosa c'è?
-stai bene?
Io non riesco a parlare, faccio una profonda ispirazione e riprendo il respiro.
- si sono qui, va tutto bene.
La mia voce tradisce la paura e lui se ne accorge.
- Mà... mi chiama così al telefono solo due sillabe, Mà... perché mi sente lontana, distante e come quando era piccolo,
"Mà" stava a indicare quanto mi volesse bene.
Lo so tutto questo e mi sento ancora più vulnerabile, percepisco la sua paura non espressa, la sua risata fasulla per non farmi
preoccupare.
La distanza di migliaia di km ci divide e non possiamo cambiare questa situazione.
" La testa mi scoppia e non riesco a parlare.
" Mà, ci sei?
Sono qui, rispondo lentamente.
Chissà quando sarà che potrò abituarmi a questa distanza assurda?
Lui mi parla ancora dei suoi progetti e di suoi studi, sta scrivendo un articolo sulla sua ricerca e lo sento felice, ora.
Il mio cuore si rasserena e lo saluto.
-Devo andare
-a più tardi tesoro!
"Ciao Mà!
Mi risponde.
Le solite raccomandazioni che ormai da giorni gli faccio.
"Stai in casa, non uscire, usa le protezioni e così via.
Lui si mette a ridere e mi dice
Che noia Mà, ancora?
" Ciao!
Mi guardo attorno e vedo la mia casa come sempre, eppure, io sento dentro di me che niente è più lo stesso e mai tornerà ad esserlo.
Piego il sorriso, e me ne sto in silenzio, tra me e la mia casa.
Mi avvolge, mi riscalda, mi protegge.
Da cosa?
Poi mi chiedo.
Dal dolore!
Sì, dal dolore della mancanza, che striscia nel mio ventre.
È il dolore di una madre, che teme di non riabbracciare più suo figlio.
È una sofferenza nuova, che non so tradurre a parole, ma viscida mi pervade l'anima... per molto, molto tempo ancora.
- Le mie orme, le sue orme, là dove il mare si allunga e sfiora con le sue onde i nostri passi che ancora faremo nel tempo,
in questo tempo così diverso.
È la speranza!
Margherita P.@
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Anche se siete lontani km..non vi perderete mai di vista, siete due teneri peluche!! Ti abbraccio forte forte, tvb
Molto apprezzato.