Quello che colpiva di Cami, Camilla, erano i capelli lunghissimi, ondulati e biondi. Per quanto riguarda il resto, invece, la sua persona risultava quasi invisibile: il corpo appariva magro e il visino un po’ smunto era tagliato da una montatura di occhiali piuttosto sgraziata.
La mamma, apprensiva, la raccomandava agli insegnanti:
-Camilla è cagionevole, Camilla non mangia, Camilla è allergica.
Lei, la sua docente di arte, le voleva bene. La considerava quasi una figlia, perché era una studentessa ammodo, rispettosa e sensibile. Studiava regolarmente, frequentava la parrocchia, offriva qualche servizio ai bisognosi. Molto diversa da certe sue coetanee, sventate, per le quali l’insegnante provava una certa intolleranza, abilmente mascherata dalle regole del bon ton.
La prof Guerrieri vedeva in Camilla una di quelle figure ritratte da Renoir o la bimba con le lunghe bionde anella del poemetto di Pascoli. Glielo aveva anche detto.
E Camilla si era auto ritratta proprio come la immaginava l’insegnante, per giunta seduta al piano che aveva imparato a suonare.
Era dotata di talento e avrebbe potuto far carriera. La professoressa ne era certa e la ragazza sembrava considerare la Guerrieri il modello con cui condividere affinità.
Terminato il liceo, Camilla si era iscritta all’Accademia e i rapporti con l’insegnante si erano allentati.
Per diversi anni i contatti erano rimasti interrotti.
Un giorno, però, qualcuno parlò di Camilla alla docente rilevando quanto fosse cambiata.
La Guerrieri cercò tracce sui social e scoprì che Camilla, divenuta una ragazza attraente e disinvolta, utilizzava quotidianamente dei video per presentare la mise della giornata e le operazioni di trucco.
Rimase allibita. Incredula e dispiaciuta davanti alla metamorfosi.
Come poteva Camilla aver abbracciato certo stile di comportamento, lei che si dimostrava una ragazza timida e riservata, riflessiva e schiva?
La prof Guerrieri pensò di contattarla per chiedere spiegazioni. Poi si augurò di incontrarla con l’intenzione di prendere il discorso alla lontana per non metterla in imbarazzo. Era convinta di poterla influenzare.
Ma non si decideva ad agire in alcun modo.
Ogni giorno, però, guardava i video e ogni giorno si indignava rattristandosi.
“Salve a tutti! Io sono già vestita. Questi jeans sono molto graziosi e stanno bene con la camicia a righe. Ho raccolto i capelli in una treccia e messo la crema. Adesso devo solo passare un filo di matita e spruzzare un po’ di profumo!”
Camilla che fai? Non ti riconosco più. L’insegnante, con lo smartphone tra le mani, scuoteva il capo irrigidita. Ma continuava a non prendere iniziative.
Andò avanti così per qualche mese, finché un giorno Camilla non si presentò come al solito dietro la schermata. La prof pensò che si trattasse solo di una pausa. E invece, anche nei giorni successivi, Camilla non si fece vedere, non si fece più vedere. Mai più.
La prof pensò che qualcuno l'avesse convinta a non esibirsi più in quel modo. Qualcuno forse aveva fatto quel che avrebbe voluto fare lei.
Da una parte era contenta, -finalmente Cami era rinsavita-, dall’altra, con sua meraviglia, si dispiaceva perché si era affezionata a quell’immagine, benché distante dal ricordo, che ogni mattina le compariva davanti.
Infine, Camilla ritornò. Ma non per presentare la sua persona con indosso gli abiti della giornata e il trucco, bensì i suoi quadri. Dipinti surreali pieni di colore, dei veri choc visivi e molto belli come bella era l’autrice.
Allora la professoressa capì che Camilla aveva compiuto il percorso necessario per giungere all’approdo che lei aveva previsto.
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