Si ritrovò davanti all’ingresso di una caverna e nelle pareti c’erano delle torce accese con una debole fiamma che bastava a malapena per illuminare, il corridoio che il ragazzo si trovò davanti.
Cominciò a camminare seguendo quella via che sembrava non avere fine.
Le pareti di quella caverna erano nere come la notte.
Continuava a muovere i suoi passi, pensando a dove stesse mai, ma sapeva che si trovava solo in un posto buio, da qualche parte.
A un certo punto vide non molto distante da lui un tizio seduto a una scrivania che stava leggendo un libro.
“Salve”.
L’uomo alzò lo sguardo, aveva capelli neri e occhi bianchi senza pupille.
“Che cosa vuoi ragazzo?”
Quando aprì la bocca, mostrò la dentatura sconnessa e ingiallita lasciando colare un rivolo di bava.
“Dove mi trovo?”
“Secondo te?”
“Non ne ho la più pallida idea”.
“Lo capirai, non voglio rovinarti la sorpresa”.
“Che libro stai leggendo?”
“E’ il libro della mia vita”.
Adam lo guardò e si accorse che le pagine erano senza nessuna scritta.
“Come mai sono bianche?”
“Ho dimenticato di scrivere”.
“Perché allora le leggi?”
“Cerco di capire perché non ho scritto niente”.
“E perché …”
“Basta perché e perché, se vuoi, va avanti altrimenti torna da dove sei venuto!”
“Ehi, rilassati, ok vado, ciao”.
Il ragazzo si allontanò dalla losca figura, continuando il suo cammino.
Continuava a domandarsi, dove fosse e ora che aveva visto quel tizio si era impaurito e quella domanda riempiva la sua testa.
Mentre camminava, vide una persona che si metteva un fucile in bocca.
Osservando la scena corse incontro a quel tizio per fermare quello che stava facendo.
“No!”
Adam cercò di afferrargli il fucile con una mano ma appena lo toccò l’uomo fece partire un colpo.
Il ragazzo guardò la testa esplodere e la parete della caverna che stava dietro l’uomo s’imbrattò di sangue e cervello.
L’uomo però non cadde riverso per terra ma rimase seduto.
Guardava Adam negli occhi con fare tranquillo.
Il giovane a sua volta lo fissò e vide che gli occhi di quel tizio erano del tutto neri.
Sembrava che quello sguardo lo fissasse usando ogni sentimento negativo che s’incontra nella vita e poi lo toccasse.
Si tolse poi il fucile dalla bocca e il muro di pietra dietro quel tipo aveva ripreso il suo colore naturale e quel collage macabro di rosso e grigio era scomparso.
Il ragazzo vide poi che la testa maciullata di quella persona si stava ricomponendo fino a che non tornò intatta come se niente fosse mai accaduto.
“Salve ragazzo”.
“S … salve”.
“Come mai qui?”
“Vorrei saperlo anch’io, perché ti sei sparato in bocca?”
“Diciamo che quando ero in vita giocavo troppo con le armi e la facevo scontare alla gente”.
“Senti ho una curiosità posso chiedertela?”
“Dimmi ma sbrigati che devo spararmi di nuovo, sa com’è, ho una condanna da scontare”.
“Scusa, ma per caso siamo all’Inferno?”
“Secondo te?”
“Penso di si”.
“Comunque te ne renderai conto sempre più andando avanti”.
Disse l’uomo rimettendosi l’arma in bocca e sparandosi un colpo.
Nuovamente sangue e cervello riempirono la parete della grotta e subito dopo, tutto scomparve e i vari brandelli della testa si ricomposero.
L’uomo poi si tolse l’arma dalla bocca, guardò il ragazzo, sorrise e lo salutò con una mano senza proferir parola.
Il ragazzo un po’ scosso continuò a camminare.
Guardava la roccia scura nelle pareti della caverna e la fiamma debole delle torce, senza nascondere il suo timore.
Sullo sfondo si sentivano voci confuse provenire da diverse direzioni.
Adam sapeva di trovarsi all’Inferno o quello che aveva davanti era qualcosa che assomigliava all’idea che lui ne aveva.
Poco dopo vide un gruppo di persone davanti a una piccola montagna.
Preso da curiosità, si avvicinò a loro.
Avevano la faccia consunta dalla tristezza.
“Salve”.
“Ciao ragazzo”.
“Chi siete voi?”
“Una volta eravamo presidenti di case farmaceutiche e adesso siamo condannati a prendere queste pasticche per l’eternità”.
“Parli di questa montagna?”
“Sì, è fatta di scatole di pasticche che facevano male, ma spacciavamo per farmaci che guarivano, pur di guadagnare avremo venduto anche nostra madre e ora guardaci”.
Adam li guardava scartare quelle scatole e ne mangiavano il contenuto, ma quella vetta sembrava non abbassarsi mai.
Vide che alcune di quelle persone si gettavano in terra urlando e contorcendosi dal dolore.
Osservò che la loro pancia esplodeva spargendo schizzi di sangue sul viso degli altri elementi del gruppo.
Quegli stessi individui che si erano buttati a terra poi si rialzarono e la loro pancia si ricompose, quindi ricominciarono a mangiare quelle medicine.
Il ragazzo senza salutare quelle persone proseguì il suo cammino.
Qualche attimo dopo vide una piscina con delle persone dentro e vi si avvicinò.
Osservò che avevano l’acqua fino alla gola e si dimenavano come stessero affogando, ed erano immersi in un liquido marrone che non profumava per niente”.
Adam s’inginocchiò verso una di quelle persone.
“Scusi?”
“Dim … mi”.
“Che ci fate in questa piscina?”
“In vita e … rava … mo dei ca … pi di Sta … to mol … to im … por …. tan … ti ma vi … ve … va … mo per far sol … di e fa …. ce … va … mo vi … ve … re i cit … ta … di … ni dei no … stri pae … si con l’ac … qua alla go … la e ora ecco … ci vi … ve … re in que … sta pi … sci … na con l’ac … qua al … la go … la le … ga … ti a del … le roc … ce che so … no nel fon …do”.
“Come mai l’acqua è marrone?”
“Che non l’hai ca … pi … to è mer … da con ac .. qua per … ché mol … ti no … stri pae … sa … ni per col … pa no … stra si so … no tro … vati nella mer … da”.
Adam si rialzò …
“Io vado buona nuotata”.
Il ragazzo quindi proseguì il suo cammino.
Sapeva che quello era l’Inferno e ora aveva visto con i suoi occhi l’affacciarsi di una giustizia che sembrava non esistere.
Era vero quel detto che diceva: “Alla fine tutti pagano”.
Almeno qui non si dava valore al denaro che oggi è il fulcro del male.
Vide poi venire verso lui una persona su una sedia a rotelle.
“Ciao”.
“Ciao ragazzo”.
“Come mai anche tu qui?”
“In vita prendevo soldi spacciandomi per un invalido e ora mi ritrovo a vagare su una sedia a rotelle per l’Inferno”.
“La tua comunque mi sembra una punizione non così orribile”.
“Hai ragione, se non fosse che cuscino e schienale hanno dei coltelli che mi si sono conficcati nella carne”.
Adam lo guardò bene e vide che il suo petto e le gambe sanguinavano.
“Vuoi almeno una spinta, che ti aiuto?”
“Si grazie”
Il ragazzo afferrò i manici e appena strinse la presa, le due manopole si polverizzarono.
“Scusa ma non posso spingerti”.
“I manici si sono polverizzati?”
“Si”.
“Di nuovo? Va bene, ciao”.
“Ciao”.
Quel posto era lugubre ma un po’ gli piaceva, anche se ciò che vedeva era tutt’altro che bello.
Ciò che assaporava con gusto era osservare la giustizia prendere forma.
Camminando poi vide una casa.
Era un vecchio chalet di montagna verniciato da un bianco ormai pallido in alcuni punti delle sue pareti, mostrava delle tavole logore dall’incontro con il tempo.
Fuori da quella baita c’era una fila molto nutrita di donne che entravano una alla volta nella casa e tutte avevano con loro una qualche arma da taglio ma non solo.
Il ragazzo si avvicinò intimorito.
“Scusate”.
“Dimmi”.
“Come mai tutta questa gente fuori dalla casa e perché tutte donne?”
“Lì dentro c’è uno che nella vita ci picchiava e adesso deve passare il resto dei suoi giorni a prendere botte da noi”.
“Ora capisco perché siete armate”.
“Esatto”.
“Senti ma è possibile entrare?”
“Vuoi vedere in faccia quello stronzo?”
“La cosa m’incuriosisce”.
“Vai”.
Adam quindi entrò nella casa e vide un uomo disteso sul divano con il volto tumefatto con sopra la pancia, una ragazza che lo frustava e un’altra che con un tirapugni nella mano lo colpiva ripetutamente.
I colpi si spargevano nella parete imbrattata di sofferenza rossa.
Anche quella visione suscitò nel ragazzo un po’ di timore, si diresse verso l’uscita.
Continuò quindi il suo cammino, il suo animo era scosso per quello che stava vedendo, anche se si trovava lì ormai da diverso tempo.
Vagare quel posto e vedere ciò che stava vedendo, gli faceva sentire nell’anima un po’ di goduria.
L’Inferno era come Dio anche di quello se ne era sempre data una visione distorta.
I demoni dalla faccia spaventosa con coda e forcone, la puzza di zolfo, tutte cose che non c’erano e che ancora non aveva visto.
Tutto per impressionare la gente.
Quello era sì, un posto lugubre ma in cui le persone subivano quello che avevano fatto nella vita.
Insomma quello era il lato “oscuro” della giustizia.
Muoveva i suoi passi e si chiedeva cosa avrebbe visto, adesso.
Adam proseguì il suo cammino e poco dopo vide un gruppo di bambini che guardavano un tizio che stava sulle loro teste.
Era appeso per il suo pene a un filo spinato che scendeva dal soffitto della grotta.
si diresse verso uno dei cuccioli d’uomo …
“Ciao bimbo, chi è quello?”
“In vita era uno che seviziava i bambini”.
“Capito”.
Camminava riflettendo su ciò che vedeva, ma nella testa pensava al primo uomo che aveva incontrato.
Com’è facile fare i buonisti e poi sprecare la propria vita.
Pagine bianche di un’esistenza fatta d’inchiostro trasparente.
Qualche attimo dopo vide una serie di croci con crocefisso un uomo, che aveva in testa una corona di spine che luccicava come fosse fatta di acciaio.
Sotto ogni croce c’era un uomo con una lancia in mano che trafiggeva ripetutamente il tizio sopra di esso che aveva il corpo insanguinato.
Adam allora si avvicinò al tipo armato …
“Salve”.
“Salve”.
“Perché quegli uomini sono crocefissi e vengono infilzati da una lancia?”
“In vita erano padroni di multinazionali che pur di fare soldi distruggevano e uccidevano, questa è la loro punizione eterna”.
Il ragazzo indietreggiò e guardò negli occhi quegli uomini sofferenti.
Soffrivano e sembrava piangessero.
“Non si piange sul latte versato”.
Vide poi un fuoco con una persona davanti.
“Ciao”.
“Salve ragazzo!”
“Che ci fai tu qua sei il primo che vedo che non subisce torture”.
“Lo dici tu”.
“Perché”.
“Sento un freddo bestiale”.
“Copriti”.
“Non mi è concesso, devo restare nudo”.
“Che hai fatto tu, nella vita?”
“Ho trattato chiunque con freddezza e ora eccomi qua, spero prima o poi di andarmene”.
Davanti ai suoi occhi poi vide un uomo senza braccia, legato a una sedia che urlava “Ho fame!” e stava davanti a una tavola imbandita con sopra qualsiasi tipo di cibo.
“Tu che hai fatto?”
“In vita ho rifiutato di dare cibo a delle persone che ne avevano parecchio bisogno e ora ho fame … tanta fame!”
Il tempo intanto trascorreva, davanti a se vide delle pietre e sopra un uomo seduto su di esse che fumava una sigaretta.
I due poi si guardarono e lui scese da quelle rocce.
Quel tizio era vestito tutto di nero e portava un cappotto dello stesso colore e aveva un cappello sempre della stessa tinta, sulla testa.
Qualche attimo dopo quel tizio fu davanti ad Adam.
Aveva capelli biondi lunghi e occhi azzurri molto chiari ma uno sguardo oscuro.
“Vuoi una sigaretta?”
“No grazie non fumo”.
“Chi sei?”
“Io mi chiamo Adam”.
“Ma tu non dovresti avere le corna, la coda, il forcone e puzzare di zolfo”.
“E tu non dovresti pensare di più che hai un cervello e non credere a tutto ciò che ti dicono”.
Il ragazzo era un po’ intimorito.
“L’inferno non è un luogo dove trovi soltanto fiamme, puzza di zolfo e demoni orribili che vanno in giro, questo è un luogo dove la gente patisce quello che ha fatto patire.
Qui guardi la giustizia come la vedi quando sei in vita.
Quelle che hai visto non sono punizioni che diamo qui, ma noi mettiamo in pratica quello che il mondo pensa”.
“E’ uno specchio?”
“Si”.
“Ed è scuro perché è una ricostruzione dell’animo umano”.
“Cioè?”
“Oggi la natura umana in buona parte è frustrata e questo sentimento non può essere colorato”.
“Giusto”.
“Non avere paura di me, sicuramente ti starai chiedendo perché mi chiamo come te”.
“Già, perché?”
“Io, sono te”.
A quelle parole Adam ebbe un sussulto.
“Come sei me?”
“Io sono la parte di te, dove c’è il male e hanno tutti”.
“Quindi sto parlando da solo”.
“Ti stavo aspettando”.
“Aspettando per cosa?”
“Ammazzarti”.
“Perché?”
“Perché no”.
“Che ti ho fatto?”
Il ragazzo fu preso da terrore.
“Tranquillo, scherzavo”.
“Mi hai fatto prendere un colpo”.
“Però è stato divertente”.
“E tu sei stato stronzo”.
“Ma secondo te posso ammazzare me stesso, mica sono un suicida o tu lo sei?”
“No”.
“Appunto e perché dovrei esserlo io?”.
“Non lo so”.
Adam ora era più tranquillo, quell’uomo dall’aspetto buio gli infondeva fiducia.
“Quando posso uscire da qua?”
“Perché? Non si sta poi così male, vitto e alloggio sono gratuiti”.
“Sei proprio simpatico, ma quella parte di me è un male?”
“No, ma qualcosa di buono dovevo prendermela, dove c’è male, c’è bene e dove c’è bene, c’è male”.
“Sì ma non tergiversare quando me ne posso andare?”
“Senti, ma qualcuno ti ha imposto di venire?”
“No”.
“Allora puoi andartene quando vuoi”.
“Ma tu vieni con me?
“Tu te ne vai ed io sto qua e mica sono scemo”.
“Ma non dicevi che vitto e alloggio non si pagano e il posto non è male?”
“Sì ma non conosco nessuno e ho paura del buio”.
L’uomo poi andò incontro al ragazzo entrando dentro di esso.
Adam ebbe un sussulto e s’inginocchiò in terra.
Alzò gli occhi e vide davanti a lui dei raggi di luce a forma di porta, quindi si alzò e andò verso quella soglia.
Quando vi fu davanti, l’uscio si aprì e Adam fu fuori.
Aprì gli occhi che furono investiti da un bagliore abbacinante.
Voto: | su 1 votanti |