Quella degli ottanta euro è stata un’idea strepitosa. L’avevo vista come un primo passo verso la soluzione vera del problema. “Era” un primo passo, checché ne dicano i suoi detrattori, probabilmente intimoriti dalla prospettiva di vederti fare i tagli di cui ho detto prima per reperire altri fondi. Napolitano in testa, che ti “raccomanda” di non esagerare.
Un “primo” passo.
Ma bisogna proseguire, a meno di non pretendere di curare una broncopolmonite doppia con una pillola di aspirina.
Un primo passo che non ha dato i risultati voluti. O, perlomeno, ha prodotto risultati poco evidenti. Intanto perché, anziché essere immessi sul mercato, una buona parte di essi sono tornati, o stanno per tornare, al mittente sotto forma di vecchie e nuove tasse. O di nuovi aumenti di bollette. Stupenda la Tasi, al posto dell’IMU sulla prima casa, che viene a costare più di quanto costasse la precedente, con buona pace dell’ex cavaliere che in fin dei conti il suo risultato propagandistico l’ha ottenuto (aveva promesso di abolire l’IMU sulla prima casa, mica la Tasi!), e che si aggiunge all’IMU, non abolita, sulla seconda casa. Seconda casa che in molti casi non è indice di particolare ricchezza, tipo il vecchio rudere in paese ereditato dai propri vecchi e che nessuno vuole manco regalato, o la casetta per le vacanze, acquistata magari per investimento, mentre si è impossibilitati a comprare la casa in città ove si risiede (in affitto) per i suoi prezzi proibitivi. Perfetto pure l’aumento dell’IVA… Ma c’è da dire che, senza quegli ottanta euro in busta paga, probabilmente la crisi si sarebbe aggravata ulteriormente, grazie a questi balzelli che sarebbero venuti fuori comunque, sottraendo altra disponibilità al sistema mercato…
Il fallimento dell’operazione è dovuto, verosimilmente, a due fattori. Il primo, l’esiguità dell’intervento. Come ho detto prima, non basta un’aspirina per una polmonite. Il secondo, la sua inaffidabilità. Mancando di coperture certe, molti hanno temuto che sarebbero tornati a casa sotto forma di nuove tasse. Si sono sbagliati? Così, anziché finire ad incrementare scambi commerciali, son rimasti sotto il mattone, per i giorni di pioggia che non sono certo mancati, e non sono certo finiti. E anziché dare ossigeno, o benzina, ad un mercato asfittico, si sono trasformati in una specie di partita di giro: io do un euro a te, e tu dai un euro a me. Così tu ti becchi il 41% alle europee, e noi ci ritroviamo come sempre in braghe di tela.
Ma se le coperture ci fossero state realmente, sicure, garantite?
Se il discorso fosse stato: oggi paghiamo trecento il capo dello stato, duecento ministri e parlamentari, centocinquanta il barbiere di Montecitorio, seicento il capo della polizia, il presidente dell’INPS, della RAI, dell’Animaccia Nera Dei Stramortacci Tuoi, duecento gli amministratori regionali, altrettanto i consulenti, i direttivi di controllate, partecipate, municipalizzate ecc. ecc.; da domani, duecento al capo dello stato, centoventi a ministri e parlamentari, settanta al barbiere e così via con altri tagli proporzionali, ed il risparmio realizzato sarà distribuito sotto forma di pensioni e stipendi più congrui, o come reddito di cittadinanza a chi non lavora (venti euro al mese? Sarebbero venti euro in meno a marcire in una banca a far pascere bancari e speculatori, e venti euro in più immessi nel mercato ad incentivare la produzione di un chilo di pane, un comodino, un paio di calze in più e magari a spingere all’assunzione di chi dovrà produrre quel pane, quel comodino, quelle calze in più)...
Soldi sicuri, garantiti, non fittizi e destinati a tornare all’ovile sotto altra forma?
SOLDI VERI?
Chi oggi non arriva a fine mese, cosa farebbe di quei soldi, non avendo più il timore di doverli restituire? Li metterebbe in banca, o ci camperebbe quell’altra settimana in più che mancava all’appello, andando ad incrementare la disponibilità della parte acquirente nel sistema mercato? Dando una mano al mercato, e quindi al lavoro, senza bisogno delle misure non convenzionali più volte prospettate da Draghi (che sto aspettando di vedere e di capire di che si tratti… e quale efficacia avranno sullo stallo di mercato ed occupazione), o delle riforme che vai sbandierando da quando sei a Palazzo Chigi?
Perciò, Matteo, non metterti a fare pure tu il superesperto per gonzi. Non preoccuparti dell’intercooler, dell’aria condizionata, delle cinture di sicurezza, dei tappetini gommati e del deodorante. O meglio, occupati pure di questo, ma non spacciarlo come la manovra necessaria e/o sufficiente per far ripartire la macchina.
Ci vuole benzina. Punto.
Non esistono soluzioni alternative. E lascia in pace quell’articolo, che in qualche modo garantisce sonni più o meno tranquilli ad una parte dei lavoratori. Di serie A? Giusto. Ma chi ci guadagna, facendoli diventare tutti di serie B? Come credo di aver già dimostrato prima, non di certo il mercato. Quindi il lavoro. Quindi la famosa repubblica che su questo sarebbe fondata.
Continua con l’operazione che hai incominciato con i famosi ottanta euro e trova i soldi per andare avanti. Soldi che ci sono, eccome se ci sono (fra un venti abbondante di IVA, ed un minimo trenta per cento di IRPEF, lo Stato si becca circa la metà di quanto viene prodotto nel Paese, e se si pensa che molti – non tutti, ovviamente – fornitori non vengono neppure pagati, per qualcosa come circa settanta miliardi di euro, sarebbe lecito o no chiedersi dove cacchio vanno a finire tutti ‘sti soldi?), ma che vengono spesi in maniera sbagliata. Trova i soldi, e distribuiscili in giro. Avrai così un mercato funzionante ed affamato di manodopera, che ispirerà investimenti e necessiterà di assunzioni.
Una soluzione potrebbe essere il reddito di cittadinanza di cui parlava l’amato-odiato Beppe. Per sei milioni di disoccupati (la stima peggiore che sono riuscito a trovare su Internet), un reddito di diecimila euro l’anno, circa ottocento al mese, costerebbe sessanta miliardi. Una bella cifra, non c’è che dire. Perché non provi a chiedere all’amico… pardon, nemico Beppe dove contasse di trovarli? Magari, in mezzo a tante stronzate, potrebbe anche scapparci qualche suggerimento utile.
Sono anche vere, però, due cose. Primo, visto che, come ho detto prima, con l’attuale tassazione, circa la metà di quello che spendiamo dei nostri redditi torna allo Stato, questo, solo fra IVA ed IRPEF (sui maggiori guadagni dei venditori dei beni acquistati dai beneficiari del provvedimento), vedrebbe recapitarsi subito indietro una buona trentina di quei miliardi (dubito che con ottocento euro al mese possano esserci margini per depositi bancari), dimezzando l’effettivo costo dell’operazione. Secondo, con tutta questa marea di miliardi immessi sul mercato, la parte offerente si vedrebbe sommersa di richieste dalla parte acquirente, e sarebbe costretta, per far fronte alla domanda, ad investire ed assumere (effetto, non causa), riducendo per forza di cose il numero di disoccupati e quindi l’esborso necessario per sostenerli…
E… oh, meraviglia… la macchina sarebbe di nuovo in moto!
Peccato per quell’investimento iniziale necessario di sessanta miliardi … che, a fronte di un PIL di circa duemila miliardi, rappresenterebbe il 3% del totale. Che però, contabilizzando il rientro detto prima dei trenta miliardi già in tassazione diretta, alla fine diventerebbe circa l’1.5%. Sarebbe come chiedere all’Europa: per un annetto o due, possiamo sforare del quattro virgola cinque anziché del tre? Guardate che potremmo guadagnarci tutti… senza contare che la ripartenza del mercato provocherebbe l’aumento della produzione e quindi del PIL, e di conseguenza (aumentando il denominatore), diminuirebbe il rapporto deficit/PIL, facendoci magari rientrare presto nei parametri desiderati…
E, questo, volendo mantenere l’attuale stato di sprechi e privilegi della casta. Risparmiando anche su queste voci, la cosa diventerebbe ancora più fattibile, e la ripresa ancora più rapida.
Ma non è l’unica soluzione possibile. Per fortuna, perché dubito che la Merkel sarebbe disposta a venirci incontro… specie se non si volesse rinunciare alla voce sprechi e privilegi. Più che la Merkel, quell’altro… come si chiama? Il finlandese, quello antipatico…
Un’altra soluzione sarebbe di carattere tecnico, e qui lo scemo è in difficoltà, i dottoroni siete voi, i meccanici superesperti.
Mi pare che quella diavoleria si chiami “forbice salariale”. Sarebbe il rapporto fra lo stipendio più alto in un’azienda e quello più basso. Per esempio, se il meno pagato prende ottocento euro al mese, ed il suo manager ne prende ottomila, il valore corrispondente è dieci. Nel 1970, la misura di questa forbice era pari a VENTI. Un valore che ho trovato, in giro per Internet, per l’Italia, secondo un rapporto Fisac-Cgil, nel 2012, è 163. CENTOSESSANTATRE. Vuol dire che, in questi quarant’anni, la forbice si è moltiplicata per otto e qualcosa. Senza che questa ridistribuzione di salario abbia prodotto, mi pare, miglioramenti visibili al sistema (ci ha inguaiato, altro che!). Vuol dire che, a fronte di uno stipendio di ottocento euro per un sottopagato, c’è chi prende oltre centotrentamila euro. Al mese. Senza essere un famoso calciatore, o un illustre musicista internazionale. Producendo cosa, e quanto? Rispettando le regole del mercato (prendi cento se produci cento)? Manager e politici, hanno conseguito negli ultimi tempi risultati otto volte superiori a quelli che ottenevano quarant’anni fa?
Apro parentesi: dove erano i sindacati quando certi stipendi raggiungevano queste cifre, mentre quelli dei lavoratori venivano bloccati per anni? Per esempio, un Epifani, con la sua CGIL… cos’ha fatto per combattere simili storture?
Parentesi chiusa.
Comunque sia, ciò comporta che circa il cinquanta per cento del totale salari finisce nel dieci per cento dei… ehm, lavoratori, quelli ad alto costo, ed il residuo cinquanta va nel restante novanta. Questo significa che se si decurtassero del trenta per cento gli stipendi dei manager, quindi senza ridurre nessuno nell’indigenza, come ha fatto Hollande al suo insediamento per sé e i suoi ministri, si potrebbero aumentare del trenta per cento gli stipendi degli altri dipendenti. Significherebbe che, mentre chi oggi prende duecentomila euro all’anno dovrebbe adattarsi a sopravvivere con centoquarantamila (beh, dovrebbe farcela, voi che dite? Magari, con qualche piccolo sacrificio…), chi oggi percepisce mille euro al mese potrebbe incassarne mille e trecento. Chi guadagna duemila euro, arriverebbe a duemilaseicento. E questo applicando l’aumento in maniera lineare, senza correttivi (aumenti maggiori per gli stipendi minori e viceversa) che potrebbero migliorare ulteriormente la situazione. Stesse proporzioni, e stesso discorso, si potrebbe fare con le pensioni. Significherebbe portare, almeno, una pensione da seicento euro ad ottocento, senza affamare nessuno di quei poveri pensionati d’oro. E se ottocento euro al mese sono comunque una miseria, andate a chiedere all’interessato se li rifiuterebbe sdegnosamente. Oggi sarebbe felice di poter ricevere anche i tuoi stiracchiati ottanta euro in più.
Troppo il trenta per cento? Si potrebbe provare con meno, il venti… il dieci, e magari fare degli aggiustamenti successivi… delle messe a punto, come dite voi meccanici… potrebbe funzionare lo stesso, anche se, chiaramente, a velocità inferiore…
Non sto parlando solo di maggiore giustizia sociale. Sarebbero soldi SICURI, garantiti a vita, che non finirebbero sotto il mattone in attesa di venir restituiti come nuove tasse, ma che verrebbero SPESI in consumi. Immessi nel mercato. A costringere anche in questo caso la produzione ad attrezzarsi per fronteggiare le nuove richieste. Anche in questo caso…
Oh, meraviglia…
Parola di scemo.
Purtroppo, Matteo, a pagare il conto dovrebbe essere la tasca tua e dei tuoi colleghi meccanici. Come in gran parte vostre sono o saranno le pensioni d’oro che bisognerebbe sacrificare. Mi spiace (no, non è vero), ma non esistono altre soluzioni. Cioè, mi spiace davvero, ma solo perché, se così non fosse, la soluzione sarebbe stata già individuata, ed applicata, da tempo.
Se qui non c’è abbastanza, e non si può creare nulla, l’unico rimedio è spostarvi qualcosa da dove ce n’è di più. Specie se ce n’è molto di più.
L’alternativa, lo sappiamo, vero?, è la catastrofe.
Ah, le due misure sopra descritte, stipendio di cittadinanza e riduzione della forbice salariale, non sono esclusive l’una dell’altra, né di altre soluzioni che magari esistono e non mi sono venute in mente. Si potrebbero adottare anche assieme, con risultati, probabilmente, strabilianti. Se poi si riuscisse anche a mettere mano a corruzione ed evasione… altro che paese di Cuccagna!
Se tu invece continui a credere (?), e cercare di far credere, che tutto possa risolversi con formule astratte e diminuzione di garanzie per quella che è già la parte più debole del paese…
… beh, ci resta sempre la speranza di poterci affidare a Vanna Marchi.
Non vedo, nel panorama politico nostrano, altre persone degne di maggior fiducia.
(Fine)
Voto: | su 2 votanti |
Nessun commento è presente