INCIPIT (un personaggio entra in azione)
Le istruzioni sono:
Prosegui la narrazione partendo da questo incipit: "Una tristezza indefinita la prese, una sorta di malinconia che per alcuni lunghissimi istanti la rese cieca e sorda, togliendole le forze ed il respiro. Appoggiò la fronte sul vetro freddo e chiuse gli occhi. Il vapore formatosi sulla finestra esaltò l’aroma del caffè. Guardò la tazza che racchiudeva fra le mani e le lacrime si sciolsero nel liquido denso.
Si scosse quindi da quello smarrimento improvviso, mandò giù il caffè in un sorso, si infilò la mantella scura sul vestito morbido, si passò la borsa a tracolla e, con il cappuccio calato sulla testa per ripararsi dalla pioggia, si diresse agile alla fermata dell’autobus come tutte le mattine."
Si scosse quindi da quello smarrimento improvviso, mandò giù il caffè in un sorso, si infilò la mantella scura sul vestito morbido, si passò la borsa a tracolla e, con il cappuccio calato sulla testa per ripararsi dalla pioggia, si diresse agile alla fermata dell’autobus come tutte le mattine."
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Vita e morte
Una tristezza indefinita la prese, una sorta di malinconia che per alcuni lunghissimi istanti la rese cieca e sorda, togliendole le forze ed il respiro. Appoggiò la fronte sul vetro freddo e chiuse gli occhi. Il vapore formatosi sulla finestra esaltò l’aroma del caffè. Guardò la tazza che racchiudeva fra le mani e le lacrime si sciolsero nel liquido denso.
Si scosse quindi da quello smarrimento improvviso, mandò giù il caffè in un sorso, si infilò la mantella scura sul vestito morbido, si passò la borsa a tracolla e, con il cappuccio calato sulla testa per ripararsi dalla pioggia, si diresse agile alla fermata dell’autobus come tutte le mattine. Ma quella mattina non era un mattina come tutte le altre: stessa malinconia, stesse strade umide, stesse vetrine spente, stessa gente; ma quel giorno successe qualcosa
Lei non sapeva cosa fosse, ma successe qualcosa: la travolse come un fiume azzurro e grigio e una fibra della sua anima si spezzò. Decise di partire accompagnata dall'ormai solito malessere.
Salì sull'autobus, - la pioggia batteva sul vetro come disperata o come un matto in manicomio - il solito autobus: andava a scuola, ad insegnare ad un mucchio di marmocchi viziati.
Il tragitto sembrava immenso, e persa nei suo pensieri, assente, giaceva.
Entrò un senzatetto, puzzava di piscio e alcool; lei lo guardò. E non era quello sguardo come tutti quelli inutili sguardi che si libravano intorno a lei vuoti e spenti; c'era quasi amore nel suo sguardo: era la vita che aveva sempre sognato quella, una vita strascicata dal vento, dal sapore salmastro e denso. Una vita che ti logora la carne, che ti strappa tutti i capelli.
Eppure era là: seduta in un autobus diretto all'inferno, vestita con abiti bellissimi e scadenti, sotto un cielo di nuvole marce; in un mondo marcio e scadente. In un mondo dove lavorava per arricchire persone che odiava, dove tutte le cose morivano prima di esistere.
Gli occhi arrossati a furia di osservare quel nulla intorno a lei.
Arrivò l'autobus, scese con calma: si era fermato leggermente prima del solito. Era in un piccolo luogo a lei sconosciuto: un pezzo di mondo inesplorato, dove tutto era nuovo; del resto è risaputo: è tutta una questione di prospettiva, e da lì tutto era diverso: sentiva il cielo azzurro pulsare sotto le nuvole candide, la pioggia batter sull'erba brulicante di vita: il rumore dei diamanti e le risa dei bambini.
Non era quello un semplice pezzetto di mondo, era il palchetto migliore su questo spettacolo che è la vita. E lei era una strana spettatrice: capace di sentirsi straniera a casa sua, ma a casa nei luoghi stranieri. Era portata per quella vita.
Andò verso la scuola, come un burattino, entrò:
-" Tutto bene Anna? "- chiese qualcuno.
Lei non rispose.
La risata fragorosa del preside si diffuse in tutto l'androne.
Si scosse quindi da quello smarrimento improvviso, mandò giù il caffè in un sorso, si infilò la mantella scura sul vestito morbido, si passò la borsa a tracolla e, con il cappuccio calato sulla testa per ripararsi dalla pioggia, si diresse agile alla fermata dell’autobus come tutte le mattine. Ma quella mattina non era un mattina come tutte le altre: stessa malinconia, stesse strade umide, stesse vetrine spente, stessa gente; ma quel giorno successe qualcosa
Lei non sapeva cosa fosse, ma successe qualcosa: la travolse come un fiume azzurro e grigio e una fibra della sua anima si spezzò. Decise di partire accompagnata dall'ormai solito malessere.
Salì sull'autobus, - la pioggia batteva sul vetro come disperata o come un matto in manicomio - il solito autobus: andava a scuola, ad insegnare ad un mucchio di marmocchi viziati.
Il tragitto sembrava immenso, e persa nei suo pensieri, assente, giaceva.
Entrò un senzatetto, puzzava di piscio e alcool; lei lo guardò. E non era quello sguardo come tutti quelli inutili sguardi che si libravano intorno a lei vuoti e spenti; c'era quasi amore nel suo sguardo: era la vita che aveva sempre sognato quella, una vita strascicata dal vento, dal sapore salmastro e denso. Una vita che ti logora la carne, che ti strappa tutti i capelli.
Eppure era là: seduta in un autobus diretto all'inferno, vestita con abiti bellissimi e scadenti, sotto un cielo di nuvole marce; in un mondo marcio e scadente. In un mondo dove lavorava per arricchire persone che odiava, dove tutte le cose morivano prima di esistere.
Gli occhi arrossati a furia di osservare quel nulla intorno a lei.
Arrivò l'autobus, scese con calma: si era fermato leggermente prima del solito. Era in un piccolo luogo a lei sconosciuto: un pezzo di mondo inesplorato, dove tutto era nuovo; del resto è risaputo: è tutta una questione di prospettiva, e da lì tutto era diverso: sentiva il cielo azzurro pulsare sotto le nuvole candide, la pioggia batter sull'erba brulicante di vita: il rumore dei diamanti e le risa dei bambini.
Non era quello un semplice pezzetto di mondo, era il palchetto migliore su questo spettacolo che è la vita. E lei era una strana spettatrice: capace di sentirsi straniera a casa sua, ma a casa nei luoghi stranieri. Era portata per quella vita.
Andò verso la scuola, come un burattino, entrò:
-" Tutto bene Anna? "- chiese qualcuno.
Lei non rispose.
La risata fragorosa del preside si diffuse in tutto l'androne.
Scrittura creativa scritta il 07/07/2016 - 12:34
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Commenti
Uno scorrevole quanto arguto racconto motabilmente nella tematica suggerita.
Il mio elogio e il mio lieto meriggio Antonio.
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Il mio elogio e il mio lieto meriggio Antonio.
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Rocco Michele LETTINI 07/07/2016 - 15:38
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