Nel 1945 eravamo dei cadaveri
N.B.: Ho scritto questa poesia per non dimenticare ciò che è
successo nei campi
di concentramento durante la seconda
guerra mondiale.
Ho cercato di immedesimarmi il più
possibile in cosa hanno potuto provare
quelle persone che erano private del cibo,
della libertà e della dignità ma ci sono
riuscita in parte, solo chi ha vissuto
quel periodo triste e cupo della vita
umana è in grado di descriverlo veramente.
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Non abbiamo più un’ombra
ma ne abbiamo due;
alla nostra destra la depressione
alla nostra sinistra l’angoscia più profonda.
Ci seguono passo passo.
Siamo dei cadaveri
ma camminiamo ancora.
Solo la pelle ricopre le nostre magre ossa.
Lavoriamo strenuamente
ma non per noi stessi
e senza uno scopo.
Abbiamo paura delle loro urla,
dei loro fucili,
delle loro minacce,
delle loro torture….
Il nostro cibo è insufficiente,
è una rarità,
non c’è forza in noi neanche per elemosinarlo.
La nostra colpa?
E’ che ognuno di noi è nato
senza far parte
di una razza eletta e perfetta.
La nostra strada?
Abbiamo continuato a percorrerla
ma per alcuni è finita prima
al di là del recinto col filo spinato.
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Carissimi saluti.