Forse te ne accorgi anche tu:
non so affidarti un corpo di parole,
perché so che vestito
delle mie percezioni
assumeresti le stesse forme
che io e io solo ho scelto per te.
Potrei scorrere sui contorni
della sagoma che io
e sempre io ho dipinto di te,
che in fondo corrisponde
a ciò che ho voluto vedere
e non a chi sei veramente.
Non so nemmeno farti realtà,
realtà d'aria, realtà sonora,
perché allora saresti
ad un passo appena
dall'essere tangibile,
una scultura di nubi,
vagabonde nella radure
dei miei istinti seviziati.
Questo ore sono buie,
dei tuoi occhi scintillanti
ne percepisco che un algido
fulgore, come una saetta
nel mezzo del petto,
e niente più
che rischiari l'orizzonte
iniettato di seppia.
Mi traghetti
nel porto in rovina
della tua vita in tempesta,
e lo vedo, e lo so,
ma sono folle
o forse solo disperato
ad abbracciarti da maledetto.
Mi conduci
nelle linee sfocate
dei tuoi mutamenti,
ai quali ho agganciato
le curve dei miei umori,
come fossero un corpo appeso
alla trave precaria di un soffitto,
e devo essere pazzo
o magari solo incosciente
per farti conducente delle mie decisioni.
O forse è che solo
mi pesa il cuore
a stare in piedi da solo:
le gambe dolgono,
e sono come un vaso
in cui sono confluite
le pulsazioni ,tutte,
che ho collezionato negli anni.
Raccoglimi allora,
raccoglile queste eccedenze,
raccoglilo questo straccio
di muscolo,
condividiamolo,
consumiamolo in due
il cuore mio
e il cuore tuo.
non so affidarti un corpo di parole,
perché so che vestito
delle mie percezioni
assumeresti le stesse forme
che io e io solo ho scelto per te.
Potrei scorrere sui contorni
della sagoma che io
e sempre io ho dipinto di te,
che in fondo corrisponde
a ciò che ho voluto vedere
e non a chi sei veramente.
Non so nemmeno farti realtà,
realtà d'aria, realtà sonora,
perché allora saresti
ad un passo appena
dall'essere tangibile,
una scultura di nubi,
vagabonde nella radure
dei miei istinti seviziati.
Questo ore sono buie,
dei tuoi occhi scintillanti
ne percepisco che un algido
fulgore, come una saetta
nel mezzo del petto,
e niente più
che rischiari l'orizzonte
iniettato di seppia.
Mi traghetti
nel porto in rovina
della tua vita in tempesta,
e lo vedo, e lo so,
ma sono folle
o forse solo disperato
ad abbracciarti da maledetto.
Mi conduci
nelle linee sfocate
dei tuoi mutamenti,
ai quali ho agganciato
le curve dei miei umori,
come fossero un corpo appeso
alla trave precaria di un soffitto,
e devo essere pazzo
o magari solo incosciente
per farti conducente delle mie decisioni.
O forse è che solo
mi pesa il cuore
a stare in piedi da solo:
le gambe dolgono,
e sono come un vaso
in cui sono confluite
le pulsazioni ,tutte,
che ho collezionato negli anni.
Raccoglimi allora,
raccoglile queste eccedenze,
raccoglilo questo straccio
di muscolo,
condividiamolo,
consumiamolo in due
il cuore mio
e il cuore tuo.
Opera scritta il 10/01/2017 - 22:47
Da Matih Bobek
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