L\'alveo dimenticato
Ora è solo un fiume dei ricordi, per quei tratti, dove appariva o si dileguava a seconda le stagioni, ma quando un fiume scompare… rimane pur sempre il suo alveo.
Mi faceva un grande effetto, con l’avanzare dell’estate, vedere il letto del torrente mentre si prosciugava. Era come scoprire tutto un altro mondo. Non erano immagini statiche, come quelle di una fotografia, bensì la rappresentazione di un microcosmo in costante evoluzione. Da prima osservavo un rigagnolo, sempre più esiguo, che svaniva tra i ciottoli. Poi, dove c’era una cascatella, facevano bella mostra le rocce lisce e scavate, e in fondo restavano gli specchi d’acqua separati, talvolta profondi, che ospitano ancora la vita. Tutta quella vita brulicante, isolata, sembra quasi avere coscienza di se stessa e del proprio destino.
Era istintivo calarsi nell’alveo e seguirne la direzione, quella che si dirige verso il mare.
Il letto del mio fiume era un bel posto… per giocare agli indiani, con i due o tre amici d’infanzia. Per avere l’idea dei luoghi, bisogna considerare che i suddetti amici erano figli di altri contadini che abitavano in linea d’aria ad almeno qualche chilometro.
Ad ogni modo, allora le distanze si misuravano con il tempo che impiegava il sole… a consumare i nostri giorni.
Al culmine di ogni estate c’era la consuetudine di portare il gregge a fondovalle, dove il fiumiciattolo era alimentato da sorgenti attive. In un luogo ben preciso c’era una grossa forra sempre piena, sovrastata da una grande roccia sulla quale si poteva salire abbastanza agevolmente. Poi, per un mezzo di un viottolo adattato negli anni, e con un po’ d'impegno, ci si poteva portare anche il gregge.
Lo scopo della gita annuale prevedeva che le pecore fossero spinte dal costone roccioso, una per una, direttamente nella forra… dove avrebbero appreso velocemente l’arte del nuoto.
Quando riemergevano, enormemente appesantite dal mantello inzuppato, erano accolte dalle esperte donne che rimediavano a strizzarle con dei bastoni tradizionali. Diciamo pure che lo scopo era di lavare la lana, al meglio, prima della tosatura. L’idea, abbastanza ragionevole anche se un po’ bizzarra, era di costringere le pecorelle… a fare il bagno.
Io ero “lo spingitore”, in altre parole colui che buttava gli animali belanti… nella fossa.
Vi assicuro che non era un lavoro facile, anzi era quantomeno faticoso. In questo caso posso perlomeno testimoniare, con una discreta cognizione di causa, l’enorme cocciutaggine di una pecora che non si vuole lavare… ah ah ah
Hops
Rimane che, a distanza di quarant’anni, volevo ritornare al torrente per rivedere il luogo del “lancio delle pecore”, ma i vecchi amici mi avevano avvertito: “Lascia stare” mi dicevano. “Non lo troverai il luogo e, tranne le volpi e i cinghiali, ormai più nessuno passa da quelle parti”. Avevano Ragione. Ci ho provato, eccome, ma è stato inutile.
Una volta c’erano sentieri ben definiti, ed era tutto pulito, grazie alla costante e operosa presenza dell’uomo. Oggi solo barriere di rovi e spine e ogni sorta d'intricata vegetazione.
E’ persino apprezzabile il ritorno, in alcuni tratti, di una sorta di foresta primordiale. E’ scomparsa un’epoca, con un po’ di me stesso, e tutto ciò - compresa la mia malinconia – appartiene ormai all'ineluttabile ordine naturale delle cose…
E penso alle nuvole che arrivano dal mare, e regalano la pioggia per la terra e i fiumi… che al mare ritornano.
E penso ai fiumi che stanno scomparendo oggi, e non per colpa del sole.
E so che alla fine sono caduto in un discorso strano, ma poco importa.
Non sai mai a cosa vai incontro quando esplori l’alveo di un fiume… e la verità è che a me piaceva tantissimo tuffarmi con le pecore.
Altrimenti, dove credete che abbia imparato a nuotare?
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ho letto il tuo ringraziamento a lato e senza sapere di chi fosse, mi ha incuriosita...nn leggo i racconti per mancanza di tempo, ma gli "autobiografici" nn posso nn leggerli.
questi siamo noi,
il ns vissuto fa di noi l'essere imperfetto che oggi siamo...
la genuinità di un tempo, forse, è solo apparenza...chissà, il ns ricordo sceglie incosapevolmente quel che più lo gratifica....la semplicità
eppure, le contraddizioni le abbiamo vissute anche noi
e il nn ritrovare quell'atmosfera piuttosto che il luogo, è pura illusione...
è tutto qui, nel ns cuore, nella ns mente...anche quel che nn è stato debitamente catalogato è "quel che oggi siamo"...il fiume e lo scorrere del tempo, i rovi, il sentiero perduto...ed eccoci, tutti con le ns fragilità a raccontare di noi.
splendido, Francesco
Complimenti!
Nicol
5 stelle
Lieto meriggio.
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