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Sigonella

Nel dicembre del 2005 da circa quattro mesi mi ero arruolato nell'Esercito in ferma annuale in previsione di concorrere in ferma prefissata in quanto ambivo di transitare in ferma permanente. Per un trimestre, molti di noi della fanteria della Crisafulli-Zuccarello di Messina fummo designati a partecipare all'Operazione Domino per affiancare le forze dell'ordine nella prevenzione e nel contrasto della criminalità. Per di più, a causa della strage di Nassiriya del 2003, giacché i livelli di allerta risultavano elevati, ci dislocarono in diversi siti considerati a rischio di attentati terroristici, tra cui la base aerea di Sigonella, un'enorme struttura militare situata tra Catania e Siracusa, abbastanza lontana dai centri abitati. Ed è lì che venni mandato.
Gli avieri ci alloggiarono nella stazione aeronavale del 41° Stormo, adeguandoci a delle stanzacce dai muri scrostati, con gli armadietti sgangherati e con delle brande dai materassi macchiati e costellati di muffa. A peggiorare le cose i bagni impraticabili, tra gabinetti dagli sciacquoni difettosi e l'acqua delle docce e dei lavandini che scorreva a intermittenza. In compenso a mensa si mangiava bene e le porzioni erano più che sufficienti.
La base ospitava, inoltre, la Naval Air Station, (NAS) la componente aerea della U.S. Navy sulla quale ci si sconfinava tranquillamente, ma con l'impossibilità di comprare nei negozi a "stelle e strisce" visto che i gestori e gli spaccisti dei locali non erano autorizzati a vendere ai militi e ai civili italiani. Il perché di tale divieto? In sintesi, i prezzi dei prodotti, (sigarette, elettrodomestici, profumi, vestiti, etc.) erano esenti di dazi, pertanto si voleva evitare che certi furbacchioni li rivendessero all'esterno al doppio se non al triplo. Le eccezioni non mancavano, l'importante era avere "amicizie americane."
Il 41° Stormo di Sigonella, a differenza della NAS, si limitava a un solo spaccio discretamente fornito che proponeva bevande sia calde, sia fredde, brioche, sacchetti di patatine, gelati confezionati e caramelle. La caratteristica degna di nota era che non di rado il locale si affollava pure di soldati statunitensi. Mi domandai come mai gli yankee, nonostante avessero ogni ben di Dio nei loro bar, preferissero frequentare, soprattutto a colazione quella sorta di emporio. Spinto dalla curiosità, lo chiesi ad un assiduo avventore di nome Joe, un graduato robusto dai capelli biondi proveniente da Fort Lauderdale, Florida.
«Voi corneto e capucinno buono!» mi rispose.
In riferimento ai turni, essi si susseguivano in tre mattine, tre pomeriggi e tre notti, nei quali i superiori ci dividevano in quattro squadre da tre unità. Espletate le nove turnazioni, di otto ore, ci concedevano tre giorni liberi. Chi abitava nel catanese, nel messinese, e nel siracusano di norma tornava a casa. Io optai per restare a Sigonella dal momento che mi veniva scomodo scendere con l'autobus alla stazione ferroviaria di Catania Centrale e prendere due treni per Barcellona Pozzo Di Gotto, la mia città.
Dato che non avevo ancora conseguito la patente B, non potevo guidare il VM 90, un mezzo a metà fra l'autocarro e il fuoristrada, ragion per cui mi affidarono l'incarico di capo macchina con la responsabilità di segnalare tramite radio eventuali movimenti sospetti lungo i percorsi e di controllare la condotta di guida del conducente. Occasionalmente il capo muta o i comandanti spuntavano a sorpresa per verificare se adempivamo correttamente il nostro lavoro. Guai se ci trovavano sbracati, non rasati, con gli anfibi sporchi, il fucile Ar 70/90 con la cinghia non sfilata e il giubbotto antiproiettile slacciato. Guai serissimi, invece se ci pescavano imboscati a oziare o a sonnecchiare.
Essendo inverno, pur indossando un pesante maglione sotto la divisa, io e i miei colleghi patimmo un gelo terribile, in particolar modo di notte da appiedati nel sorvegliare per almeno un paio d'ore i depositi di carburante della NAS davanti a una recinzione sormontata dal filo spinato.
In quel periodo non accadde nulla di eclatante e allo smonto non c'era un granché da fare. Come anticipato poc'anzi, i servizi di linea non erano il massimo, quindi allontanarsi da quel luogo sperduto per ritirarsi entro le 23:00 non conveniva, a meno che non si possedeva un'automobile o di un motociclo. Sfortunatamente nessuno di noi militari di truppa in trasferta disponeva di un veicolo.
Se non bivaccavamo allo spaccio dell'Aeronautica a scolarci delle birre e a sgranocchiare qualcosa, ci sdraiavamo al calduccio nei letti delle camerate. I materassi ci furono sostituiti, grazie ai ripetuti solleciti agli avieri addetti al magazzino. I bagni, purtroppo rimasero con i medesimi malfunzionamenti.
Oltre a schiacciare dei pisolini, passavamo il tempo a cazzeggiare con i cellulari, a scherzare, a discutere di vari argomenti e alla lettura di libri, fumetti e riviste. A tal proposito ho un aneddoto dai risvolti piccanti che vorrei raccontare.
In una giornata noiosa e piovosa, me ne stavo disteso a leggere un avvincente giallo ambientato in Messico, quando all'improvviso un commilitone mi lanciò addosso un giornaletto porno che mi colpì dritto in faccia.
«Te lo presto! Ehi, mi raccomando, non me lo restituire imbrattato!» ironizzò ridacchiando e muovendo la mano su e giù mimando l'atto della pugnetta. Accantonai all'istante il romanzo di Paco Ignacio Taibo II e inumidendo il dito indice iniziai a sfogliare quell"opera" decisamente... più eccitante.
Le settimane trascorrevano lente, finché verso marzo un maggiore ci comunicò due belle notizie: la fine della missione e la concessione di una licenza dalla durata di quindici giorni, valevole anche per le mute che vigilavano gli altri presidi.
Ci caricarono sull'ACM 80/90, un autocarro adibito per il trasporto dei materiali e del personale per rientrare in tarda serata a Messina nella nostra cara caserma. Dapprima ci fu la consegna dell’equipaggiamento in armeria, per poi inoltrarci nelle camerate per sistemare i propri effetti negli armadietti e nei borsoni. Intorno alla mezzanotte, straripanti di allegria ci coricammo nelle brande a castello.
La mattina dopo, nel piazzale, durante l’alzabandiera cantammo a squarciagola l’Inno di Mameli, successivamente seguirono i complimenti del Comandante di Reggimento, che ritenne globalmente riuscita l'Operazione Domino e chiudendo un occhio sulle cappellate di alcuni fanti. Al termine di un discorso prolisso sciorinato da un tenente colonnello, marciammo in direzione di un cortile per inquadarci ed attendere l'assegnazione delle licenze in formato cartaceo da parte di un giovane tenente di origine napoletana.
Progressivamente le licenze le intascarono tutti, tranne me al punto che fissai quell'ufficiale con un'espressione preoccupata.
«Scilipoti!» mi disse. «A rapporto dal capitano!»
Immediatamente l'apprensione crebbe a dismisura, fino a tramutarsi in incazzatura.
«Vuoi vedere che mi ha messo di guardia alla porta carraia! Che sfiga di merda!» brontolai a voce bassissima appena il tenente si girò di spalle per parlare con un furiere. Inspirai ed espirai profondamente per calmarmi, aggrappandomi altresì alla speranza, ipotizzando che in realtà la convocazione riguardasse un aggiornamento sul mio trasferimento alla Compagnia Controcarri.
Bussai a una porta della palazzina della Compagnia Fucilieri, e nell'udire la parola "Avanti!", piombai nell'ufficio del Comandante di Compagnia col cuore in gola. Il capitano se ne stava seduto alla scrivania ad usare il computer e a fumarsi il sigaro.
«Comandi!» esclamai, assumendo la posizione d'attenti.
«Stai su riposo!» mi ordinò, ed io obbedii, unendo entrambe le mani dietro la schiena all'altezza dei reni.
«Abbiamo app...» si interruppe un attimo per soffiare via della cenere del sigaro che si era depositata sul tappetino del mouse, poi continuò. «Abbiamo apprezzato il tuo operato impeccabile e professionale. Tanto di cappello, anzi di basco.»
Così esplicite, così vere, quelle frasi mi spiazzarono completamente.
«Tra l'altro sei l’unico a non aver collezionato né punizioni, né giorni di malattia e non hai nemmeno piagnucolato per la destinazione. Figurati che, prima dell'Operazione Domino, parecchia gente mi rompeva le palle per essere piazzata vicino a casa» aggiunse sbuffando.
«Ecco, io... ho soltanto...» biascicai.
«Hai soltanto svolto il tuo dovere ed è per questo che ci tenevo a darti personalmente la licenza.»
Il capitano, da un faldone prese l'agognato foglio di carta, timbrato e firmato anche dal Comandante di Battaglione, e me lo porse.
«Bene, puoi andare!» concluse il mio superiore, riprendendo a scrivere con la tastiera del PC.
Lo ringraziai, dopodiché eseguii un dietro-front ed uscii da quella stanza accompagnato da una pienezza interiore assolutamente indescrivibile, adottando la seguente locuzione latina: unicuique suum. (a ciascuno il suo)



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Opera scritta il 19/03/2020 - 18:40
Da Giuseppe Scilipoti
Letta n.923 volte.
Voto:
su 9 votanti


Commenti


Buongiorno Mary, ti ringrazio per aver dedicato una decina di minuti per la lettura di questo racconto. 'Sigonella' è dei miei preferiti in riguardo il genere autobiografico poiché tratta uno dei periodi migliori della mia vita, peraltro si allienea a una delle mie ultime pubblicazioni, ovverosia "Militare per sempre"
Una licenza sofferta, eh? Dai, alla fine dei giochi come si suol dire, andai in licenza come tutti gli altri. Quando tornai a casa e lo raccontai ai miei genitori e alle mie sorelle, esse erano orgogliose di me. E lo ero anch'io, naturalmente.

Giuseppe Scilipoti 06/10/2023 - 09:33

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Un racconto lungo che racconta la tua esperienza di un ricordo importante.
Scritto bene, sembra di vederti con il Capitano con tanto di foglio timbro e firma, che bello

Mary L 05/10/2023 - 21:56

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Ciao carissima Anna, questo racconto mi ha dato molte soddisfazioni in giro per il web, sia su FB, sia su vari siti letterati (Oggi Scrivo compreso) e sia in qualche blog in cui me l'hanno ospitato.
Con umiltà, sono fiero di quello dell'esperienza prestata nell'E.I. nonché di ciò che ho trascritto narrativamente. Emh... mi rendo conto che il testo è un po' lungo.
Ti ringrazio per la pazienza e per avermi riportato la tua testimonianza con l'aggiunta delle tue impressioni. In generale, gli americani di Sigonella mi sembravano integrati e pieni di vita.
Da segnalare che. olti di loro avevano un patriottismo eccessivo. Sti americani!
Anna, prima di "congedarmi" un saluto militare rivolto a te e grazie ancora per avermi letto.

Giuseppe Scilipoti 03/03/2022 - 22:41

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Credo..scusa..
Loro erano spaesati e pagati profumatamente. A rileggerti!!!

Anna Cenni 03/03/2022 - 13:26

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Insomma loro se la passavano benissimo mentre i militari italiani erano sempre tristi. E ci credono. Un abbraccio

Anna Cenni 03/03/2022 - 13:24

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Molto bello e ben scritto anche se lungo non mi annoio mai a leggerti poi mi hai fatto ricordare che quando studiavo a Padova io e mie amiche avevamo conosciuto militari americani di stanza a sottomarina di Chioggia.. aerea. Non so se esista più e vi stavano accanto pure militari italiani. A volte entrai in quella base militare accompagnate da loro ed era come un paese dei balocchi. Ma sul sapere cosa dovessero fare giornalmente quello era off limite. Conobbi anche alcune mogli e figli.

Anna Cenni 03/03/2022 - 13:22

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Nella scelta dell'immagine di copertina ho inserito una mia foto. Avevo 21 anni.
Verdi anni, verdi come le molte chiazze della mia mimetica. Cosa non darei per tornare indietro...

Giuseppe Scilipoti 17/12/2020 - 16:40

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Grazie Glauco, ricordi indelebili anche per te in base al tuo racconto "L'arrivo" ed altri che sicuramente leggerò e commenterò.
Ad un certo punto ti rendi conto che riguardo tale esperienza, componimento dopo componimento... sarebbe una buona idea scrivere un libro.
Comunque, io non partii per la naja ma
bensì in qualità di Volontario. Najone non ero, anzi... mi sarebbe piaciuto restare nell'Esercito. Feci due anni.
Purtroppo l'ex di allora mi costrinse a congedarmi. GRANDE MINCHIATA!

Giuseppe Scilipoti 17/12/2020 - 13:56

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Ricordi indelebili anche perchè il militare ti stacca comunque dalla vita che facevi. Io l'ho fatto nel 1989 di leva a Piacenza e lo ricordo con piacere.

Glauco Ballantini 17/12/2020 - 10:01

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* Che poi lo devo ammettere, volevo scrivere.

Giuseppe Scilipoti 17/12/2020 - 07:38

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Grazie Moreno, sono molto legato a questo periodo della mia vita. Sigonella lo potrei definire come un rito di iniziazione per crescere non solo come soldato (dopo la licenza mi fecero caporale) ma anche come uomo.
Devo poi lo devo ammettere, gli yankee hanno un loro perchè, restavo affascinato dal loro operato o comunque di come gestivano in maniera particolarmente efficiente la loro NAS. Senza nulla togliere all'italica Aeronautica visto che la struttura è formata da due componenti.

Giuseppe Scilipoti 17/12/2020 - 07:36

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Bravo Giuseppe! Un bel racconto di vita vissuta, con un po' di malinconia e l'orgoglio per il meritato riconoscimento. Scritto bene, fluido e interessante nel suo evolversi.

Moreno Maurutto 16/12/2020 - 18:46

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Grazie Santa, Giulia Giacomo e Maria Luisa, mi metto sull'"attenti" con i vostri commenti che come sempre li gradisco molto. Ho riproposto il racconto (la precedente versione è stata rimossa) non perchè aveva zero commenti ma per via di una riedizione, aggiungendo qualcosa ho cercato di dare una parvenza di romanzo autobiografico. In verità, da anni progetto di scrivere un libro sui miei due anni nell'esercito, tuttavia, opto sempre con lo scrivere racconti brevi o prodigandomi con altro.

Giuseppe Scilipoti 22/03/2020 - 15:22

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Racconto molto lungo, ma scrivi talmente bene che coinvolgi chi legge che in un attimo si arriva alla fine del racconto, bravo, complimenti!

Maria Luisa Bandiera 20/03/2020 - 20:00

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Bello, mi ha ricordato gli anni del servizio militare in sardegna. Certo che Sigonella è famosa nel mondo...ricordo che Craxi si oppose al predominio della base americana...una cosa del genere. Il tuo racconta fila bene e fa entrare nelle vicende il lettore. Credo che la parte più importante del racconto sia la chiusa. Ho sempre sostenuto che l'autostima è fondamentale per la formazione di una persona...ho scritto e pubblicato anche un racconto qui su O.S., Una botta d'autostima mi pare sia il titolo.
Giuseppe, che dire...ti leggevo un anno fa, a me sembri migliorato assai...ciao

Giacomo C. Collins 20/03/2020 - 18:12

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Scritto bene come sai fare, così leggere tutti i tre capitoli è stato piacevole e interessante visto il contenuto!

Grazia Giuliani 20/03/2020 - 17:45

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Conosco la tua esperienza militare ed il fatto che tu la riproponga con tanta attenzione significa che è un ricordo a te molto caro. Una gratificazione lavorativa che si è trasformata in autostima, quello di cui avevi bisogno e che ti ha permesso di andare avanti creando quella bella persona che sei oggi, non che prima non lo fossi, ma oggi, sicuramente, hai una sicurezza maggiore in te stesso. Bravo Giuseppe.

santa scardino 19/03/2020 - 20:39

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