Inizio


Autori ed Opere


Ultime pubblicazioni

CALA LA NOTTE (l'add...
Nottivago...
Ciao Oggiscrivo...
I fiori di Oggiscriv...
dolce...
Afflato di luna (Sim...
A Oggiscrivo...
Ogni notte a mezzano...
Partigiano...
Ad occhi chiusi (sim...
INEVITABILE (simili)...
RESISTENZA...
Blue note...
A mia figlia (Simili...
BACIO DONO DELL'...
Santa Lucia dei mont...
Maria Ana...
per os...
Nel grano...
Petali di rosa...
Voglio uscire dalla ...
Filastrocca dello st...
LE NOTTI GLI A...
Tutto passa...
Maya...
Le margherite...
Amore e indifferenza...
La Poesia si libra l...
Il lungo racconto...
Gabbiani...
Oggi Scrivo ancora...
Anima sfuggente...
Inciampo...
Il dipinto...
Accade che l’alba ab...
Il tuo dolore...
DIFFICILE NON SO...
Nelle tue braccia...
Commossamente Grazie...
Io che un tempo ne a...
Il Prisma...
Muki haiku mancante ...
La Riviera Ligure...
Ululato...
La dimora dell'anima...
Chiari d'uovo...
Pio bio...
Domattina...
ESSERE POETA...
IMPERFETTO...
In là piovorno...
Una poesia per Paler...
Se perdo di sostanza...
Chiedo...
Occhi chiari...
Stanotte...
Probabilmente...
LA FANTASIA DI ANA...
Sono Solo Attimi...
Una foto. ...
Nati d'aprile...
RINASCITA...
Con me...
Cimeli...
All'imbrunire della ...
Il suono di un singh...
Cha-cha-cha...
Diavoleto...
Il Garofano...
Abbraccio è avere l...
FAME D' AMORE...
l\'ignoranza...
Il calcio da aprile ...
Passaggio terreno...
Color viola....
Il mio sentire...
30 aprile (Concorso ...
Nonna BaCoN...
Stropiccio e strizzo...
Si fa bruma...
Agosto...
La donna del poeta...
Il coraggio di amare...
Verso l'ignoto...
Sul far nemboso...
Mora...
Non chiudiamo O.S....
LA NOTTE...
Cattive virtù...
Al webmaster Mauro...
La goccia si posa...
Risorto è chi trova ...
Villamar...
Il nuovo giorno...
Quasi a gocciare...
Il dolore non si est...
Il Treno...
AU.F.O...
Vicoli ombrosi...
API...

Legenda
= Poesia
= Racconto
= Aforisma
= Scrittura Creativa


Siti Amici


martiniadriano.xoom.it lecasedeipoeti.blogspot.com

La leggenda del sesto dito

Ci sono storie che si perdono nella notte dei tempi e che ogni tanto, ma solo ogni tanto, tornano a mostrare la loro spietata, inequivocabile verità per dare un senso a tutte quelle cose che un senso non ce l'hanno.
Certe storie sono meno storie di altre, alcune sono dicerie, altre autentiche leggende con una morale che in pochi capiscono.
Durante il plenilunio la luna è interamente visibile dalla terra perché il sole la illumina come un falò di San Giuseppe e la sua aurea influenza le maree, le gravidanze e alcuni temperamenti diciamo così, insoliti.
Gli uomini e le donne ballavano intorno alla grande focarazza tenendosi per mano, spensierati e innocenti nonostante il periodo difficile e incerto.
Il comune aveva ceduto a una ditta appaltatrice di città la proprietà dei terreni coltivati in cambio di una bella residenza estiva per famiglie benestanti.
Gli uomini e le donne lo avevano saputo e si erano opposti, organizzando ronde notturne perché qualcuno aveva detto loro che i bulldozer sarebbero arrivati all'improvviso quando uno meno se lo aspetta.
Quella sera, gli uomini e le donne ballavano, arrostivano pannocchie e davano un'occhiata a tutti i sentieri d'accesso con una larghezza tale da farci passare un dannato bulldozer, che il diavolo se lo porti!
I bambini giocavano a raccogliere legnetti e pigne e poi scappavano a buttarli nel grande fuoco e ogni tanto una voce fuori campo urlava di non correre e di stare attenti.
Zio Nicola, seduto sulla sua sedia, sorrideva pensoso mentre le sue dita volteggiavano magicamente sui tasti dell'organetto; zio Nicola aveva undici dita, cinque in una mano e sei nell'altra.
Il sesto dito non era altro che un'escrescenza che spuntava a ridosso del mignolo e che somigliava più a un pulcino nato prematuramente senza penne né becco, che a un vero e proprio dito umano. Un aborto di natura, uno svarione che il padreterno aveva compensato con un incredibile talento musicale.
Zio Nicola suonava, gli uomini riconoscenti gli davano grosse pacche sulle spalle, le donne gli versavano il vino e i bambini si avvicinavano incuriositi.
La luna illuminava la campagna a giorno e presto, nella nottata, sarebbe diventata piena e rotonda come il pancione di Sara, la figlia di uno dei tanti bravi pastori che vivevano e lavoravano onestamente. Sara era anche la vicina di casa di zio Nicola, sposata e rimasta subito incinta perché i figli sono una benedizione quando si ha un letto dove farli dormire e una terra dove farli crescere. Il marito di Sara, un giovane promettente, era partito per la leva obbligatoria e contava di tornare in tempo per vedere nascere suo figlio.
Sara si avvicinò per salutare zio Nicola e per porgergli in regalo uno splendido maglione di lana che aveva fatto con le sue stesse mani.
Zio Nicola, senza interrompere la musica, sorrise, i suoi occhi si inumidirono e i riverberi delle fiamme e della notte apparvero nelle sue pupille come uno spettacolo di luci riflesse su uno specchio d'acqua.
La festa continuò fino a mezzanotte e quando il grande falò si spense con uno sbuffo soffocato la brava gente della campagna si ritirò nelle proprie case. Anche zio Nicola tornò a casa e dal pianerottolo salutò Sara che ricambiò con affetto.
L'anziano uomo aveva i piedi gonfi e la testa leggera per il vino e la musica, e su un lato del viso gli si era formata una macchia rossa simile a una voglia per la vicinanza al fuoco. Si tolse le scarpe e si sedette vicino al caminetto spento in cerca di un carbone dormiente che potesse prendere vigore con l'aiuto del suo fedele soffietto di rame.
In pochi minuti il tepore di una fiammella rossastra gli scaldava le gambe irradiandosi per tutto il corpo fino alla fronte. Le tempie pulsavano e nelle orecchie sentiva una melodia a metà strada tra le note del suo strumento e quelle più antiche di una cetra. Il suono si allungava e si distendeva a ogni battito del suo cuore sino a tracciare uno spartito vasto e infinito nel quale la sua mente si perdeva per dare spazio ai sogni.
Dalla finestra, il primo raggio di luna piena rischiarò la stanza posandosi sul corpo di zio Nicola che sussultò come un bebè in fasce.
Sul suo viso si formò subito una strana espressione.
Un fischio improvviso, seguito da un richiamo prolungato giunse da una delle strade principali che costeggiano la campagna: due uomini davano l'allarme urlando e correndo in direzione delle case con l'intenzione di svegliare quanta più gente possibile.
L'attacco, come previsto, era arrivato di notte appena finita la festa di San Giuseppe, approfittando della stanchezza e dell'ubriachezza della maggior parte dei contadini.
Il frastuono di quattro ruote motrici echeggiò sui campi coltivati, seguito dal cigolio metallico del filo spinato intorno alle recinzioni che veniva piegato dalla potenza dei mezzi.
I primi ad accorrere si lanciarono contro i mostri di metallo facendo scudo con il proprio corpo per proteggere il raccolto, ma altri uomini, uomini spietati e ben pagati li presero a calci e pugni finché il sangue non impregnò la terra.
Un altro bulldozer raggiunse le case passando sulle ceneri della focarazza, puntando in direzione dei fienili e delle rimesse dove erano stipati gli attrezzi da lavoro. Sara si affacciò alla porta, ma venne subito spintonata e cadde a terra battendo la schiena contro la parete della sua casa.
Dolorante e incredula, vide una ventina di uomini armati di bastoni e spranghe distruggere tutto quello che gli si parava davanti con una furia senza precedenti.
Alcuni provarono a difendersi e furono malmenati, qualcun altro appostatosi in difesa dei fienili non fu così fortunato: i bulldozer passarono sopra ogni cosa come fa un fiume in piena che invade la pianura.
Disperazione e morte si diffusero nell'aria come un veleno denso e silenzioso, una febbre virale che inquinò la terra e contagiò gli animali.
I cani abbaiavano, i gufi, le civette e gli altri abitanti del cielo notturno svolazzavano inquieti senza una meta e i lupi delle montagne ululavano alla luna il loro presagio...
Qualcuno, o qualcosa, si mosse nell'ombra, rapido come una faina e spietato come il tempo.
Sara tentò di capire cosa stava succedendo, ma vide solo una forma indistinta semi illuminata dalla luna che si faceva largo tra la folla armata in modo goffo e animalesco.
Urla terrificanti, seguite dal tonfo di tanti corpi umidi che cadono pesantemente sull'erba si alternavano al fracasso dei bulldozer che continuavano ad imperversare sui terreni coltivati.
Poi di colpo ci fu un lungo silenzio interrotto da altre urla e dal rumore di passi che si muovevano veloci lungo il sentiero dal quale erano venuti.
Una folata di vento smosse le nuvole e la luna scomparve dietro una coltre di vapore e mistero che avvolse l'intera vallata.
Sara provò ad alzarsi ma le sue gambe cedettero. Il suo pancione era duro e contratto e in bocca sentiva sapore di ferro e ruggine.
Strinse i denti e tentò nuovamente di mettersi in piedi, ma non ci fu nulla da fare. La schiena le faceva malissimo e la testa girava all'impazzata.
Si accovacciò nel tentativo di ripararsi dal freddo e nel buio iniziò a singhiozzare.
Pianse e pensò a quello che era accaduto.
Pianse e pensò a suo figlio.
Una figura emerse dall'oscurità con passo tremolante e un'andatura a dir poco incerta. A un primo sguardo sembrava un fantasma o un cadavere appena uscito dalla fossa.
Sara si tirò subito su e gridò con tutto il fiato che aveva nei polmoni: "chi è là?!"
La risposta non si fece attendere, ma fu simile a un sibilo di corrente che passa da una stanza all'altra in estate: "sono zio Nicola."
L'uomo aveva la voce roca e i vestiti completamente strappati. Sara, in preda a una gioia irrefrenabile, gli corse in contro e lo abbracciò delicatamente facendo attenzione a non fargli male.
Zio Nicola era visibilmente scosso e i suoi occhi brillavano di una luce profonda che a tratti ricordava quella di una candela.
La ragazza si accorse che l'uomo non stava bene e si offerse di accompagnarlo a casa, ma quando entrò rimase sconvolta dal caos che c'era. Sembrava quasi che ci fosse stato un uragano e che i mobili e il resto degli oggetti fossero stati coinvolti nella distribuzione.
In un primo momento si meravigliò perché sapeva che zio Nicola era una persona a modo e affezionata alle sue cose, ma poi pensò che qualcuno di quei balordi doveva aver fatto irruzione e sfasciato tutto.
Non era mai entrata a casa sua e al buio faticò un pochino a trovare il letto.
Aiutò zio Nicola a sdraiarsi e prima di uscire si sedette sull'unica cosa rimasta intatta oltre al letto: la sedia con il sedile in paglia vicino al caminetto.
La ragazza chiuse gli occhi e per un istante ebbe la sensazione di volare sopra i tetti delle case, ammirando la campagna dall'alto e soffermandosi a guardare gli alberi in fiore e le antiche sequoie. Vide la luna e vide la notte. E nella notte due occhi brillarono di una luce arcana e sinistra, avvicinandosi ai suoi.
Vicini, sempre più vicini.
Un viso di lupo, peloso e famelico, sbucò dalle tenebre ringhiando e ululando come se fosse il cane del demonio. In quel viso e in quegli occhi Sara riconobbe il volto di zio Nicola e allora comprese il terribile segreto che si celava dietro quell'uomo.
Si svegliò di soprassalto, si alzò in piedi e svelta se ne tornò a casa sua.
Ciò che accadde il giorno dopo è materia di cronaca e noi con la cronaca non ci facciamo niente. La cronaca ha sempre un padrone, mentre le storie, le leggende che narrano i vecchi seduti attorno a un fuoco, sono di tutti e tutti possono servirsene.
Come la terra, che è di tutti coloro che la lavorano e non è proprietà di nessuno.
Ma una cosa possiamo dirla su ciò che avvenne il giorno dopo, sui ritrovamenti dei corpi maciullati dai bulldozer o sui corpi contusi a colpi di spranghe o, se volete restare nella leggenda, qualcosa a proposito dei corpi dilaniati dalle fauci di una creatura sconosciuta e rabbiosa come la fame, come l'ingiustizia, come la lotta della povera gente contro un nemico senza volto né dignità; possiamo dire che non sempre i cattivi vincono sui buoni.
Zio Nicola si svegliò in tarda mattinata con un grande appetito e quando si affacciò alla finestra e vide tutta quella gente in divisa fare domande sui fatti della notte precedente, prese il suo organetto e iniziò a suonare dimenticando quel po' che credeva di sapere.


L'uomo lupo vive
In branco come i lupi
Ma il suo branco è l'umanità.




Share |


Opera scritta il 04/04/2023 - 13:23
Da Marco Mitidieri
Letta n.796 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti

Nessun commento è presente



Inserisci il tuo commento

Per inserire un commento e per VOTARE devi collegarti alla tua area privata.



Area Privata
Nome :

Password :


Hai perso la password?