Le stelle scintillavano come diamanti nell'universo e nell'aria c'era un profumo di malva e gelsomino.
Nel villaggio dei Liòsàlfar si celebrava la notte di Lughnasad. I fuochi sacri erano accesi nelle piazze della luna. Gli altari fumigavano incensi alla rosa e le donne danzavano con le coroncine di fiori sulla testa.
I Liòsàlfar erano gli antichi elfi della luce, splendidi esseri luminosi di bellezza e beatitudine. Vivevano alle pendici della grande montagna di Ulthuan tra boschi di querce e betulle argento.
'' Vestiti luna
di luce eterna,
le tue ancelle danzano
intorno al cerchio.
Scendi dal tuo carro
come un corvo bianco
portatrice di felicità
e benedizioni
per tutti.''
Cantava Isha, la signora del fiume, spandendo petali di rose tra la folla in festa.
'' Ti vedemmo arrivare
dopo il rosso tramonto,
eri Grande e Divina
sul cocchio d'acqua e avorio.
Stendi ancora il tuo velo
dove l'amore nasce
affichè le sue ali battano
nel profondo del cuore.''
La sacerdotessa della fonte uscì dalla caverna di quarzo rosa. Aveva perle bianche tra i capelli biondi e un diadema di luce. Avanzando tra le fate allargò le braccia di seta, legò il nastro dell'eternità al frassino della vita.
''Eravamo giovani
come giovane era il mondo,
coperto di foreste
e dolcissimi fiumi.
Il mare amò la terra
su cui si posò la vita
eravamo giovani e felici
sulle dita dell'infinito.''
Una sfera di luce si stacco dalla luna, si posò sull'altare sopra un ramo di vischio. Apparve la fenice della gioia che volò intorno al villaggio lasciando cadere piume dorate sulle teste dei Liòsòlfar.
''I tuoi doni oh Madre
sono alimento dell'anima,
le tue piume di saggezza
nutrono l'eterna giovinezza.
Tu la guida e la dolcezza,
tu la luce che squarcia le tenebre
fin quando il vento avrà forza
di soffiare sul tuo viso.''
Cantò ancora Isha dagli occhi di smeraldo.
La festa continuò per nove giorni e nove notti. Fu versato idromele sulle radici delle sacre querce tra brindisi di Ambrosia e torte di mele.
La natura si risvegliò nella primavera, le terre di Valinor erano coperte di fiori gialli e farfalle. L'edera incorniciava muri e casette mentre le verdi felci ondeggiavano al sole.
Suulime, la sorella di Isha, andò al torrente a raccogliere i semi di tiglio e Kuile la accompagnò.
Suulime:'' Credi che incontrerò il mio innamorato alla festa dell'aurora?'' Le chiese sospirando.
Kuile: '' Perchè no! Verranno gli elfi di tutta la montagna e porteranno doni e specialità dei loro villaggi,''le rispose.
Suulime: '' Tu non pensi mai all'amore?''
Kuile: '' Sono troppo vecchia per pensare ancora di innamorarmi!'' Rispose ironica.
Suulime: ''Spero solo che non vengano anche gli odiosi Dokkàlfar, sono così prepotenti e insopportabili.
Kuile: '' A no eh! Che si stiano a casa loro e si festeggino l'aurora tra le loro ragnatele.''Le rispose risentita.
Isha amava suonare l'arpa quando non lavorava al telaio.
Si siedeva sul bordo del fiume e pizzicava le corde dello strumento con tale delicatezza che i pesci si radunavano intorno a lei per ascoltarla.
Quel giorno finì di lavorare un po' prima del solito.
''Mamma,'' chiamò,'' vado a farmi una passeggiata lungo il fiume. Porto con me la mia arpa.'' Disse Isha.
''Va bene cara,'' rispose Martya la madre di Isha.'' Ma non allontanarti troppo lo sai che ci sono molti dirupi. Stai attenta!''
Isha uscì di casa, una bellissima casetta bianche col tetto di legno di noce e le finestre verdi.
Si diresse verso il fiume lasciando dietro di se un meraviglioso profumo di fresie.
''Mmmmmm senti che meraviglia,''disse estasiato Neldor alzando il naso in aria. ''Isha sarà passata da queste parti, lo sento.''
Neldor era l'elfo che sorvegliava le zone limite del villaggio insieme a Tuima l'elfo dei cespugli.
''Sei proprio perso per Isha eh!'' gli chiese dandogli una gomitata sul braccio.
Neldor: '' E' così bella, dolce e sicura di se!'' gli rispose sospirando.
Tuima: '' Si dice che quella ragazza porti rogne proprio per la sua bellezza!
Molti se la contendono e per questo a volte scoppiano liti e dissapori.''
Neldor: '' Io aspetterò, se mi vorrà sarò qui ad aspettarla.''
''Hahaha,''rise Tuima,'' beh allora mettiti comodo perchè potresti aspettarla in eterno!'' Gli rispose ironico.
''Cagati addosso,'' gli disse Neldor in tono di scherzo.
Isha si fermò in una parte della rientranza del fiume e sedutasi su una grossa pietra si mise a suonare la sua arpa.
I pesci del fiume la riconobbero e si precipitarono verso di lei che aveva i piedi nell'acqua.
All'improvviso vide qualcosa che galleggiava in mezzo al fiume. Sembrava un tronco trasportato dalla corrente. Andò più vicino e le sembrò un animale svenuto. Avvicinandosi meglio vide che era un uomo privo di sensi in superficie. Si tuffò in acqua e nuotò verso lo sconosciuto.
Lo prese per le spalle e lo trascinò fino a riva.
Lo sconosciuto era immobile sui ciottoli, era gelato per l'acqua di montagna e sembrava dormisse. Il suo viso era bello come quello della luna, i suoi lineamenti dolci e virili. Isha gli premette le mani sul petto più volte e gli fece la respirazione a bocca a bocca e nel mentre lui aprì gli occhi e si riprese.
Tossi un po' sputando l'acqua. Poi resto immobile con gli occhi aperti a guardarla.
''Sono a Telume?'' Tu sei la Dea del paradiso?'' Disse lo sconosciuto incantato dal viso di Isha.
''No sei a Liòsàlfar ed io sono Isha,'' gli rispose.
Lo sconosciuto resto zitto per qualche minuto,'' Io mi chiamo Mahtar.'' disse infine.
Isha: ''Ciao Mahtar, benvenuto!''
Mahtar era uno degli elfi guerrieri di Dokkàlfar. Stava inseguendo una volpe quando era caduto nel fiume battendo la testa su una pietra.
Isha: ''Ti sei fatto male, fa vedere!'' Gli chiese vedendo del sangue sui capelli scuri di Mahtar.
''No, non preoccuparti, è solo un graffio.''Le rispose.
Da quel giorno Mahtar e Isha si vedevano spesso sulla riva del fiume. Parlavano di tante cose e si conobbero meglio. A Mahtar piaceva ascoltarla suonare e Isha era contenta di farlo per lui.
''Da dove vieni,'' gli chiese lei.
Mahtar:'' Da un posto profondo e scuro.''
Isha: ''Sei un Dokkàlfar?'' Gli chiese per niente spaventata.
''Si,'' le rispose abbassando lo sguardo a terra.
Isha: ''So che siete cattivi, arroganti e pericolosi. Ma tu non mi sembri così. Sento che sei buono.''
Mahtar: ''Non so nemmeno io cosa sono!'' Le rispose malinconico.
Passarono due lune. I Berserkr, lupi guerrieri della foresta
saccheggiarono molti villaggi degli uomini che abitavano le pianure.
La loro ferocia era letale, tanto che molti potenti Re, per tenerli buoni, li avevano arruolati nei loro eserciti per mandarli nelle guerre di conquista in terre lontane.
I Dokkàlfar furono attaccati dagli orchi del sottosuolo e molti furono fatti prigionieri tra cui anche Mahtar.
Isha era intenta a lavorare al suo telaio quando gli alberi si mossero agitati dal vento. Centinaia di petali bianchi volarono nell'aria introducendosi nella sua stanza, formarono una figura con bianche ali, era Torothal la dea della pioggia.
''Si sta scatenando un temporale
la terra è minacciata dall'oscuro male,
i ceppi tengono fermi i polsi in catene
Mahtar giace triste
in caverne malsane.''
Così parlò la visione.
''Cosa devo fare Madre della pioggia,'' le chiese Isha tremante.
''Approfitta della tempesta che copre odori e rumori
vai sul grande fiume dove si benedicono gli amori,
la luna scenderà con una sfera d'argento
ti darà la forza della bellezza e dell' incanto.''
Isha si precipitò fuori di casa, la tempesta si stava scatenando su Ulthuan.
Tutti i Liòsàlfar erano nelle loro abitazioni davanti al camino acceso.
Prese il sentiero del bosco correndo senza fermarsi.
Arrivò al grande fiume dopo la caverna di Loec.
Si sedette sfinita su una roccia coperta di muschio e urlò con tutto il fiato:
''Lileath!''
Dopo qualche minuto una sfera d'argento scese da dietro le montagne. Una bellissima elfa con veli bianche svolazzanti e lunghi capelli scuri le venne incontro levitando sul fiume.
''Io sono la luna
colei che dona i sogni
e l'amore.
Io sono la maga e la strega,
sono la porta del destino
in me si annulla il tempo
col gesto di una mano.''
Isha la guardò incantata. Era una visione angelica con quelle ali grandi e candide.
''So perchè sei qui.''
Disse Lileath,
''Il tuo amore è in pericolo!
Gli orchi malvagi del sottosuolo
hanno catturato Mahtar.
Tu non disperare
prendi questa pozione.''
Una piccola ampolla violetta si staccò dalla mano di Lileath volando nell'aria fino a Isha.
''Quando sarai vicina alla regione degli orchi
la berrai e non dovrai temere niente e nessuno.
Porta con te la tua arpa
avrà poteri potenti
e tu lo salverai.''
Hai piedi di Isha apparve la sua arpa. Lei la raccolse e se la strinse contro il seno.
''Ma io non so dove si trovino gli orchi!'' Disse disperata Isha.
''Non preoccuparti,
quest'aquila ti guiderà
nel posto giusto
e quando sarai li
lei diventerà Anaris
la tua spada invincibile.
Va ora.''
Lileath si dissolse nella nebbia della pioggia.
Una splendida aquila verde uscì dalle acque del fiume. Volò intorno a Isha per qualche giro, poi andò in direzione ovest.
Isha la seguì correndo alla velocità del vento. La sua corsa era diventata una scia di luce che percorreva colline, valli e boschi rapidamente.
A notte fonda arrivarono in una regione profonda nelle viscere della terra. Si accedeva attraverso una serie di gole, cunicoli e caverne. Era in mezzo a fetide paludi con alberi senza vita e un silenzio mortale.
Isha vide da lontano dei fuochi e delle creature mostruose che erano in preda ad una furia infernale.
Aprì la piccola ampolla e bevve il contenuto fluorescente.
All'istante si sentì leggera come una piuma. Si sentì trasportare nell'aria e in pochi secondi era li nel mezzo dell'accampamento degli orchi.
Tutta la sua figura era di una bellezza accecante. Dal suo corpo partivano fiumi inesauribili di fascino e dolcezza.
Avanzò lentamente tra lo stupore delle mostruose creature.
Impugnò la sua arpa e cominciò a cantare.
''Segui il mio respiro
è dolce più delle rose
dolce più del miele
che nacque dai miei baci.
Nel laccio dell'amore
le tue carni bruciano di desiderio
scende il sonno sui tuoi occhi
pesanti come catene.''
Camminava lentamente in mezzo agli orchi che non avevano la forza di muoversi. I loro occhi cominciarono a chiudersi e caddero in un sonno profondo.
''Io ti darò la luna
divino argento della notte
dalle porte di Loec
viene il suono dell'oblio.
Io incatenerò i tuoi sensi
come rocce in fondo all'oceano
e tu non portai più vedere
la luce delle stelle.''
Quando tutti gli orchi caddero nel sonno profondo. L'aquila portò Isha nei pressi della caverna del ghiaccio. Era li che dormiva Mahtar incatenato ai ceppi.
Isha si precipitò verso di lui, l'aquila diventò Anaris la spada del potere.
Lei spaccò le catene con la spada e lo liberò.
Mahtar:'' Isha amore mio, come sei arrivata qui?'' le chiese.
Isha:'' No Mahtar non devi guardarmi o rimarrai incantato anche tu. Prendi la spada e libera tutti gli altri. Tra non molto gli orchi si sveglieranno e saranno molto feroci per via dell'incantesimo. Non riconosceranno i loro compagni e si uccideranno l'un l'altro.'''
Mahtar prese Anaris e liberò gli altri Dokkàlfar. Isha si eclissò per non farsi vedere dagli altri elfi oscuri.
La spada si moltiplicò per ognuno di loro e quando gli orchi si svegliarono
combatterono contro i Dokkàlfar.
La battaglia fu terribile, gli orchi furono sterminati dal primo all'ultimo.
La spada tornò ad essere un'aquila e condusse i Dokkàlfar nelle loro terre di provenienza. Isha e Mahtar tornarono da soli al fiume della caverna di Loec.
La tempesta si era calmata, era ritornato il sereno. La natura profumava di pioggia e le fate dei cespugli di lavanda si lavavano i lunghi capelli nell'acqua raccolta nel cavo delle foglie.
L'effetto della pozione era finalmente finito e Isha era tornata quella di sempre, la bellissima elfa di Ulthuan.
Mahtar: '' Siamo così diversi io e te. Tu appartieni ai Liòsàlfar io ai Dokkàlfar. Tra le nostre razze non corre proprio buon sangue. Dopo la millenaria guerra del potere siamo riusciti a stipulare la pace ma c'è sempre dell'antipatia tra le due razze.'' Disse malinconico.
Isha: '' Io non provo nessuna antipatia per te, anzi ti sento così buono e sensibile.'' Disse guardandolo negli occhi.
''Ed io vorrei che potessimo restare insieme per sempre senza più paura di guerre e dolore.''Le rispose Mahtar.
'' Come l'acqua ed il cielo,
come il vento sulle montagne,
come il sole ed i suoi raggi
nessuno potrà dividere
il vostro amore.''
Sentirono queste parole provenire dalla luna.
Lileath apparve su una roccia piana. Aveva un sacchettino di semi in mano.
''Questi sono i semi della felicità
tornate a Ulthuan
e seminateli tutt'intorno al villaggio.
I germogli cresceranno
diventeranno alberi
e proteggeranno le montagne i fiumi e tutto il villaggio
per sempre.
La gioia e l'amore saranno i custodi
della razza dei Liòsàlfar
e niente e nessuno potrà mai nuocervi.''
Mahtar e Isha tornarono al villaggio. Andarono al cospetto di Asuryan
il re dei Liòsàlfar e gli diedero il dono di Lileath. Asuryan li accolse con benevolenza, aprì il sacchetto di seta bianca e soffio sui semi della felicità.
Una nuvola di semi luminosi si sparse nei quattro punti cardinali della regione di Ulthuan. Asuryan stesso diventò la sacra fenice portando i semi ancora più lontano per estendere la felicità sul mondo intero.
Le sue ali si aprirono in un volo eterno solcando i cieli della purezza fino alle terre degli Dei.
Una pioggia di ambrosia annunciò la festa dell'aurora.
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