Prendo la macchina.
So dove andare.
Mia madre mi aspetta.
Arrivo, scendo e faccio 30 metri a piedi.
Non credevo di vederla sulla panchina. Mi sorride.
Forse perché indosso un bel cappello.
Bello per me. E per mia madre.
Lei rimane seduta, con la sua stampella
per amica.
Parliamo del niente. A me basta che quel niente
sia detto bene.
E mia madre lo dice bene. E anche io.
C’è molto di più in questo niente, che in milioni
di parole assurdamente considerate importanti.
Non da me.
E neanche da mia madre.
E’ abbronzata, mia madre. Ma non ha visto il mare.
Ho chiesto se voleva vederlo. Non le interessa.
O forse si.
Ma non me lo dice. Preferisce il suo minuscolo mondo.
E a volte c’è più anima in quel minuscolo mondo,
che in tutto il grande mondo.
Mia madre zoppica. Ha zoppicato per tutta
la sua vita.
Le ossa erano a posto. Era la realtà che viveva
a non funzionare .
E quanti zoppicano e non lo sanno?
Non hanno stampelle e credono di non averne
bisogno.
E forse hanno ragione.
La stampella è segno di debolezza, fragilità, deficit.
Non tutti sono disposti ad esporsi.
Ma si nota. Si percepisce. Ma si voltano le spalle.
Domani è un altro giorno.
Mia mamma zoppicherà ancora un po’.
Quanto basta.
Gli altri, invece, continueranno a zoppicare.
Insisteranno a non chiedere stampelle.
Forse hanno ragione loro.
Se ancora non abbiamo capito cos’ è l’essere
umano,
non servono stampelle.
Continueremo a fare i duri. A camminare
nella nebbia
Ma per noi è luce, perché non conosciamo la vera
luce.
Mia madre mi saluta. Gli piace proprio il mio cappello.
Usa la stampella. L’accompagno a casa.
Smetterai di zoppicare, gli dico.
Noi no. Forse……
So dove andare.
Mia madre mi aspetta.
Arrivo, scendo e faccio 30 metri a piedi.
Non credevo di vederla sulla panchina. Mi sorride.
Forse perché indosso un bel cappello.
Bello per me. E per mia madre.
Lei rimane seduta, con la sua stampella
per amica.
Parliamo del niente. A me basta che quel niente
sia detto bene.
E mia madre lo dice bene. E anche io.
C’è molto di più in questo niente, che in milioni
di parole assurdamente considerate importanti.
Non da me.
E neanche da mia madre.
E’ abbronzata, mia madre. Ma non ha visto il mare.
Ho chiesto se voleva vederlo. Non le interessa.
O forse si.
Ma non me lo dice. Preferisce il suo minuscolo mondo.
E a volte c’è più anima in quel minuscolo mondo,
che in tutto il grande mondo.
Mia madre zoppica. Ha zoppicato per tutta
la sua vita.
Le ossa erano a posto. Era la realtà che viveva
a non funzionare .
E quanti zoppicano e non lo sanno?
Non hanno stampelle e credono di non averne
bisogno.
E forse hanno ragione.
La stampella è segno di debolezza, fragilità, deficit.
Non tutti sono disposti ad esporsi.
Ma si nota. Si percepisce. Ma si voltano le spalle.
Domani è un altro giorno.
Mia mamma zoppicherà ancora un po’.
Quanto basta.
Gli altri, invece, continueranno a zoppicare.
Insisteranno a non chiedere stampelle.
Forse hanno ragione loro.
Se ancora non abbiamo capito cos’ è l’essere
umano,
non servono stampelle.
Continueremo a fare i duri. A camminare
nella nebbia
Ma per noi è luce, perché non conosciamo la vera
luce.
Mia madre mi saluta. Gli piace proprio il mio cappello.
Usa la stampella. L’accompagno a casa.
Smetterai di zoppicare, gli dico.
Noi no. Forse……
Poesia scritta il 07/07/2015 - 13:05
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Commenti
Tra prosa e poesia. Un interessante ritratto di persona con risvolti morali che fanno meditare.
Giuseppe Novellino 11/07/2015 - 11:12
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