Ancora sillabe di vana magnificenza
galleggianti su significati morenti,
perdute sulle via, senza alcuna destinazione.
Ancora i fuochi di queste nostre battaglie
svanite in siderei lapilli e ferri
pregni di grumosa linfa rubea,
consunti dalla fredda ruggine.
Pur se strisciando sul ventre,
incontrando gli spigoli aguzzi
e levigati delle sporgenze del suolo,
mi sto muovendo;
stavolta lontano da te.
Non so dove andare,
non so come andare.
Annaspo in una caotica plasticità
che a ben pensarci, mi è sempre
parsa come il petto di una madre.
Sembra che qui gli arbusti e
le selci siano intatte, mai
corrotte dal peso della civiltà,
e che le radici di cinabro
abbiano conosciuto solo il sospiro
di questi venti e mai il suono
dei nostri passi discontinui.
Il sentiero che hai scelto
segue il percorso parallelo
e opposto al mio,
eppure una manciata di minuti prima
eri qui, al mio fianco a spergiurare
in un tono gelido come la tua terra
che saresti rimasto.
Non importa, comunque.
Eravamo condannati a
vagare con lo sconforto delle
tempeste sciolto in viso,
in solitudine.
E questo sto facendo: vago.
Senza direzione, cerco;
sono ormai andato.
I pendii spogli dei colli
qui attorno mi ricordano
che troppe primavere devono giungere
per colmare quel vuoto indomito.
Mi abituerò come ho sempre fatto.
Senza di noi, come deve essere.
galleggianti su significati morenti,
perdute sulle via, senza alcuna destinazione.
Ancora i fuochi di queste nostre battaglie
svanite in siderei lapilli e ferri
pregni di grumosa linfa rubea,
consunti dalla fredda ruggine.
Pur se strisciando sul ventre,
incontrando gli spigoli aguzzi
e levigati delle sporgenze del suolo,
mi sto muovendo;
stavolta lontano da te.
Non so dove andare,
non so come andare.
Annaspo in una caotica plasticità
che a ben pensarci, mi è sempre
parsa come il petto di una madre.
Sembra che qui gli arbusti e
le selci siano intatte, mai
corrotte dal peso della civiltà,
e che le radici di cinabro
abbiano conosciuto solo il sospiro
di questi venti e mai il suono
dei nostri passi discontinui.
Il sentiero che hai scelto
segue il percorso parallelo
e opposto al mio,
eppure una manciata di minuti prima
eri qui, al mio fianco a spergiurare
in un tono gelido come la tua terra
che saresti rimasto.
Non importa, comunque.
Eravamo condannati a
vagare con lo sconforto delle
tempeste sciolto in viso,
in solitudine.
E questo sto facendo: vago.
Senza direzione, cerco;
sono ormai andato.
I pendii spogli dei colli
qui attorno mi ricordano
che troppe primavere devono giungere
per colmare quel vuoto indomito.
Mi abituerò come ho sempre fatto.
Senza di noi, come deve essere.
Poesia scritta il 21/09/2016 - 06:47
Da Matih Bobek
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Voto: | su 3 votanti |
Commenti
Pensiero malinconico ma anche riflessivo
Ciao Matih scrivi vedrai che ti aiuterà a colmare il vuoto che senti attorno, oltrtutto quando scrivi lo fai con la dolcezza del tuo cuore.
A te un grande abbraccio.
Maria Cimino 21/09/2016 - 16:43
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Questi versi mi suscitano ammirazione e un senso di bellezza anche in quel tuo vagabondare disperso nei pensieri dell'assenza che non riesci a colmare.
E' molto bella.
5*
E' molto bella.
5*
salvo bonafè 21/09/2016 - 15:20
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Molto bella Matih, un malinconico e consapevole addio il tuo, come se pensasi che questo è il vosto inevitabile destino
Grazie per continuare a pubblicare
Nadia
5 stelle
Grazie per continuare a pubblicare
Nadia
5 stelle
Nadia Sonzini 21/09/2016 - 13:54
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