Dalla finestra
entra violenta la luna stasera
d’una cornice di quadro d’autore
t’avvolge
ti guardo trasfigurato
in ombra il volto
calmo dentro un’aureola di mistero
posi come uno sciamano
e un sortilegio mi avvinghia
mi fa cadere le funi
squaglia il respiro
sulle corde di un’arpa cammino.
Non parlo, non parli
è sera d’amore mai questa,
che io sento un sipario strapparsi
e vedo che l’anima posso toccarti.
La lingua si inchioda al palato
si serrano le labbra
come un’ostrica,
stillano gocce dalle mie mani,
davanti a te,
come una schiava di fronte
all’imperatore
io corro il binario di passione.
Ricordi?
Come un corallo
mi staccasti da un mare
di iniquità
di facezie
di malesseri che fluivano
in rigagnoli per il mio capo
da una lussureggiante vanità.
Ricordi?
Quando mi facevo
un gomignolo di lana
nell’incavo del collo
per nutrirmi di calore
o quando la pioggia
ci sorprendeva, le mani giunte
e lavava
i nostri capelli
sporchi di vita,
rendeva di vetro le strade
e ci univa in
quei riflessi allungati.
La luna tentò invano
di tempestarci i fluidi corporei
ma si spense quando
proiettò come un faro
il nostro addio.
Stai lì, sto qui
questa penombra si fa solida
e mi modella,
mi fissa nella felicità
di esserti vicina
come quella statua
grande di Cleopatra
e mentre progetto
di stringerti
in una dedizione totale
assorta,
sento tra i capelli
un vento stellare
e che sotto le unghie
un po’ di polvere cosmica
rimane.
entra violenta la luna stasera
d’una cornice di quadro d’autore
t’avvolge
ti guardo trasfigurato
in ombra il volto
calmo dentro un’aureola di mistero
posi come uno sciamano
e un sortilegio mi avvinghia
mi fa cadere le funi
squaglia il respiro
sulle corde di un’arpa cammino.
Non parlo, non parli
è sera d’amore mai questa,
che io sento un sipario strapparsi
e vedo che l’anima posso toccarti.
La lingua si inchioda al palato
si serrano le labbra
come un’ostrica,
stillano gocce dalle mie mani,
davanti a te,
come una schiava di fronte
all’imperatore
io corro il binario di passione.
Ricordi?
Come un corallo
mi staccasti da un mare
di iniquità
di facezie
di malesseri che fluivano
in rigagnoli per il mio capo
da una lussureggiante vanità.
Ricordi?
Quando mi facevo
un gomignolo di lana
nell’incavo del collo
per nutrirmi di calore
o quando la pioggia
ci sorprendeva, le mani giunte
e lavava
i nostri capelli
sporchi di vita,
rendeva di vetro le strade
e ci univa in
quei riflessi allungati.
La luna tentò invano
di tempestarci i fluidi corporei
ma si spense quando
proiettò come un faro
il nostro addio.
Stai lì, sto qui
questa penombra si fa solida
e mi modella,
mi fissa nella felicità
di esserti vicina
come quella statua
grande di Cleopatra
e mentre progetto
di stringerti
in una dedizione totale
assorta,
sento tra i capelli
un vento stellare
e che sotto le unghie
un po’ di polvere cosmica
rimane.
Poesia scritta il 06/05/2017 - 23:32
Letta n.1008 volte.
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Commenti
Addio ad un amore ...e con versi profondi trapela la profondità del sentimento che era....Bellissima!!
LAURA BENINATO 07/05/2017 - 12:07
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Poesia d'amore allo stato puro. Lettura piacevole e costellata da bellissime metafore. Complimenti e cari saluti.
Paolo Ciraolo 07/05/2017 - 09:05
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